"Chiesi a mio nonno: 'E' solo un sogno?'
Mio nonno disse: 'Si''"
Qualunque riflessione sembra oggi superata dagli eventi. Non abbiamo approfittato dei lunghi mesi di stallo del conflitto negli anni passati, come quei mediocri impiegati che aspettano che la loro scrivania trabocchi di carte per mettersi al lavoro. E ora la situazione ci e' sfuggita di mano. Ma non e', poi, per noi, problema cosi' grave. I morti non sono comunque "nostri".
Il ragionamento da salotto pare diventato inutile proprio nel momento in cui almeno quello ricominciava. Nel momento in cui pigri tinelli inondati per cinque anni dalle immagini di una carneficina ogni giorno piu' grave hanno cominciato a porsi il problema. E anche se ormai "Il tempo che e' venuto/cosi' abbiamo affrettato", questo desiderio diffuso, ancorche' tardivo, di capire cosa sia successo puo' essere la timida premessa di un domani un po' meno peggiore, anche se forse e' oggi solo un debole Sisifo che si oppone alla definitiva rovina della civilta'.
Intendiamoci, non voglio nascondermi dietro i sottili distinguo di chi nega che sia una guerra vera, celandola dietro il farsesco appellativo di "civile". Ciononostante vorrei proporre onestamente alcune considerazioni proprio perche' nessuno avendo l'intenzione, suppongo, di fare di Belgrado un ammasso di rovine fumanti, ne' di trasformare Pale in un deserto, e sebbene oggi pensare non basti, si dovra' pur cercare di avere in testa un embrione di soluzione per "vincere la pace".
Oggi ci si schiera in difesa dei Bosniaci che paiono pero' identificabili tout-court con i musulmano-Bosniaci. E questa e' una prima sconfitta e non escluderei che sia una delle cose che han fatto sobbalzare sulla sua scrivania all'Eliseo il per alcuni versi esecrabile ex Sindaco di Parigi. La guerra di Bosnia, come tutta la complessa conflittualita' balcanica pare anzitutto la sconfitta, prima ancora che dell'ONU, dell'UE o della diplomazia internazionale in genere, dell'idea di Diritto che la storia ha potuto consegnarci come la meno peggiore, quella territoriale, o "droit du sol". "A chi pagano le tasse; se ci fosse una guerra, in che esercito servirebbero?", chiede l'europea cosmopolita nel film "Un'estate indimenticabile?". Questa idea che non e' di "nazionalita'", ma di "cittadinanza", che non e' di "patria", ma di "stato" e che appartiene, lasciatemelo dire, ad un diritto piu' progredito, esce sconfitta in questo conflitto prima ancora che la guerra sia finita. E la sua sconfitta mostra tutto l'orrore
dell'affermazione del "droit du sang", come divisione etnica. Questa ci riporta alla divisione di diritto fra "arimanni" e "faramanni", che di fatto sancisce l'esistenza di uno "stato nello stato", o, che e' peggio, di una o piu' "nazioni nello stato", esistenza che, non riconoscendo una legge valida "erga omnes", nella definizione dei rapporti di forza fra le differenti "nazioni" puo' portare, anzi normalmente porta, all'imposizione ad una o piu' delle parti in causa di uno status di "minus habens". Il fatto che esista una spaccatura verticale, seppur blanda, in seno alla stessa UE tra fautori del "droit du sang" e fautori del "droit du sol" rende di fatto impotente la comunita' internazionale nel pretendere, come dovrebbe, prima ancora che la non belligeranza, la promulgazione di Costituzioni che dicano magari "il Nicslovistan e' una Repubblica fondata sulla pesca", "il Logudoro e' una Monarchia teocratica", ma non "la Buldatchovia e' lo stato dei Buldatchi". Il giorno che gli Stati si contenderanno quest
o o quel territorio solo perche' e' ricco di ottima canapa indiana e non per una minoranza di armeni di rito copto, saremo, per dirla con Baffetto, diventati un pianeta normale. E allora si sigleranno armistizi normali, rese normali, stati maggiori normali faranno guerre normali, l'Oto Melara fara' affari normali, eserciti normali scenderanno con normale orgogliosa sicurezza valli normali ed i morti saranno morti normali.
In quanto governo federale, il governo di Belgrado ha commesso un errore gravissimo non reprimendo con operazioni di Ordine Pubblico i moti di Knin (per S.Ottoni: Zvonimir Varosanec ha trascorsi in questo senso come giornalista di RTZ). Immaginate un'enclave calabrese a Plan Felinaz (AO), che si sollevasse e si proclamasse indipendente. Suppongo che persino il ministro Maroni avrebbe mandato tutti i reparti di Celere italiani a fermarli, mettendo in galera decine di persone. Non sempre la Storia da' ragione ai Ministri degli Interni, tuttavia il diritto scritto si'. Ed un Ministro degli Interni, come anche un Capo del Governo, prima di tutto applica la legge.
Dopodiche' gli eventi sono precipitati. Nella generale sconfitta di un'idea territoriale del diritto voler riconoscere le ex repubbliche SFRJ come nuove possibili entita' statali e' una nobilissima iniziativa, ma rischia di essere ancora una volta tragicamente battuta. Non nascondiamoci dietro ad un dito: la Croazia si', la Bosnia pure, e perche' non riconoscere Pale? Voglio essere chiaro, tutte queste iniziative secessioniste mi stanno sul cazzo e se volete vi spiego anche i motivi "che non si potrebbero dire", ma se non siamo riusciti a, o non abbiamo voluto frenare, la generale disgregazione delle unita' territoriali come entita' statali (non nazionali) internazionalmente riconosciute, come possiamo pretendere di evitare che il primo che si alza la mattina si dichiari indipendente e se ne vada?
Per quanto assurdo, il conflitto in questione ha una sua logica profonda che non abbiamo voluto ne' saputo combattere a fondo.
Ora stiamo prendendo la parte dei Bosniaci che finiscono per essere solo i musulmano-Bosniaci. Questa posizione puo' diventare un ulteriore mattone alla divisione nazionale, vista in questa prospettiva. Ciononostante diviene un atto dovuto perche' fortunatamente abbiamo, noi uomini comuni, la capacita' di compiere quell'atto assolutamente gratuito, forse istintivo, ma piu' probabilmente di origine giudeo-cristiana, che per quanto io sia ateo penso abbia contribuito a forgiare la parte migliore dell'anima umana, atto gratuito che consiste nello schierarsi, come con gli Indiani, dalla parte dei perdenti. Dalla parte di chi le conseguenze del conflitto le sta pagando. Contro chi colpisce volutamente le popolazioni civili, in violazione delle norme internazionali, chi insomma gioca scorretto. Contro chi non ha saputo negoziare una crisi interna col buonsenso di nonna Teresina, ma ha saputo solo giocare a "chi mena prima mena due volte", contro un presidente, Milosevic, che fin dall'inizio non ha voluto essere il
presidente di tutti gli Iugoslavi che vivevano in Serbia, come anche Tudjman non ha voluto essere il presidente di tutti gli Iugoslavi che vivevano in Croazia. A parole Izebegovic voleva una Bosnia multietnica e questo obiettivamente ci piace. Diciamolo. I fatti non gli hanno dato l'occasione di poter essere un macellaio come i suoi colleghi. Mi spiace, vuol dire che la Bosnia ha perso ancor prima di giocare. Non sappiamo, ne' potremo sapere, se il governo di Sarajevo avrebbe commesso discriminazioni etniche nei confronti dei serbo-Bosniaci, semplicemente perche' la storia non si fa coi se e coi ma. Verum unum factum. I musulmano-Bosniaci sono in balia di milizie di dubbia composizione? Cominciamo a toglierle da li', poi discutiamo. Milosevic sostiene Mladic? Combattiamo Milosevic. Poi ci pensiamo. Fermiamo anzitutto il massacro. Poi ci pensiamo. Se Milosevic avesse avuto nonna Teresina come consigliere politico si sarebbe sentito dire "Slobodan, cosi' ti metti dalla parte del torto". Nonna Teresina era una
donna sensata. Se c'e' un verde pascolo dei giusti, speriamo di poterci un giorno ricongiungere con lei. Certo, stiamo facendo di tutto per conquistarci il girone degli ignavi.
Paolo Gull
"Pie donne strette dentro scialli neri
vennero a reclamare scelte chiare.
Stavano i vecchi accovacciati ai muri,
Attenti i bimbi, attenti i cani..."