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Conferenza Partito radicale
Ottoni Sandro - 26 luglio 1995
Abolizione dell'embargo ed iniziativa radicale.

Oggi pomeriggio il senato americano dovrebbe votare la proposta di abolizione unilaterale dell'embargo sulla Bosnia.

Certamente per i repubblicani americani, a considerevole distanza e strumentalmente alle prossime presidenziali, non è difficile appellarsi alle ragioni del diritto degli inermi. Ma credo che le cose siano un attimo più complesse e che la questione dell'embargo vada affrontata con maggiore consapevolezza.

Non sono contrario, in via di principio, all'abolizione dell'embargo, che ritengo una misura ingiusta e penalizzante particolarmente verso la Bosnia che, circondata com'è, non ha le stesse possibilità di aggiramento di cui godono gli altri stati ex-jugoslavi.

Sono però contrario a ritenere che questa offra una soluzione di qualsiasi tipo.

Se consideriamo solo la situazione interna e' difficile eccepire al diritto a difendersi delle popolazioni inermi, ma non si tratta solo evidentemente del diritto alla difesa. Vi sono infatti centinaia di migliaia di profughi pronti a riprendersi con la forza quello che con la forza e' stato loro sottratto. Dobbiamo perciò essere consapevoli che il riarmo di questi profughi porterà ad un inasprimento terribile della guerra.

- Va detto intanto che la caduta del embargo non consentira' all'esercito bosniaco di colmare lo svantaggio. Infatti tale abolizione, dati gli equilibri, non potrà non essere che paritetica, vuol dire tutti potranno riarmarsi liberamente. Che questo venga o meno affermato esplicitamente, che sia un singolo stato e non la collettività internazionale a decidersi, non è importante: e' comunque quello che accadrebbe. Se americani o malesi venderanno armi pesanti ai bosniaci ugualmente faranno russi o altri per i serbi. Quello che oggi già avviene sottobanco sarà solo più agevolato, con però un incremento del vantaggio a favore della Bosnia. Un vantaggio che comunque difficilmente potrà portare gli eserciti ad un livello di parità: solo alla straordinaria dotazione dell'esercito jugoslavo, sia aggiungeranno nuovi mezzi offensivi e soprattutto i ricambi di cui ora difettano, ai mezzi leggeri dell'esercito bosniaco si aggiungeranno i mezzi pesanti che ora non possono avere.

- Ma ciò che è più grave è che, in tali nuove condizioni non potrà più esservi solamente una guerra interna.

E'già evidente ora il rischio altissimo di un intervento diretto dei paesi islamici. La Malesia annuncia la violazione unilaterale dell'embargo, la Turchia fa intendere di essere disponibile ad inviare truppe, il premier bosniaco minaccia la creazione delle brigate internazionali aperte ai paesi amici... Se uno solo dei paesi islamici interverrà apertamente in Bosnia immediatamente un analoga reazione si produrrà da parte degli alleati della Serbia, a cominciare dalla Russia ma probabilmente anche Grecia o Romania legate ad un disegno di confederazione con Milosevic. Infatti oltre alla specifica situazione della Bosnia, della Serbia e della Croazia, altri interessi sono in gioco in tutta l'area balcanica:

- il mai sopito espansionismo russo verso il Mediterraneo,

- la guerra latente tra Grecia e Turchia,

- la questione albanese,

- gli interessi bulgaro-greco-serbi verso la Macedonia,

- gli interessi islamici alla creazione di un avamposto in Europa.

In questa polveriera la fine dell'embargo, la dipartita delle N.U., l'arrivo di truppe, e non solo di armi, potrebbe del tutto realisticamente ad innescare un coinvolgimento diretto nel conflitto di portata europea e non solo. Cosa faranno l'Unione europea e la Nato se la Russia o la Turchia interverranno in guerra ?? E da che parte si schiereranno?

Se l'assenza di una qualsiasi politica europea o internazionale ha portato alla situazione attuale non possiamo non chiederci che cosa accadrebbe nel contesto evocato, laddove ci si limitasse a togliere l'embargo sulle armi. Nessuno e'in grado oggi di assicurarne una qualsiasi gestione.

Invocare l'abolizione dell'embargo mi sembra soprattutto una risposta emotiva ad una situazione certamente insopportabile. Ma non credo che solo su questo si possa costruire iniziativa politica.

Dobbiamo allora ribadire e tenerci al punto fermo costante dell'iniziativa del nostro partito negli ultimi anni: il rafforzamento, la creazione, l'istituzione di diritto internazionale. Se questo non esiste o fallisce, se i governi e le diplomazie ci condanno all'impotenza e alla tele-visione dei massacri, non possiamo comunque reagire con risposte improvvisate, dettate dall'emotività più che dalla consapevolezza. Dobbiamo invece rimanere saldi in quella differenza che ci ha portati, unico partito al mondo, ad avere organizzazione e strutture politiche in grado di predisporre disegni ed obbiettivi di lunga portata piuttosto che -piazzate-

verdo-pacifiste buone a soddisfare angosce momentanee da overdose di Tv.

Da mesi e non da ora stiamo tentando di forzare la mano all'Unione europea da un lato, al governo bosniaco dall'altro, affinché i primi si assumano la responsabilità diretta della Bosnia attraverso la sua adesione effettiva alla Unione, i secondi superino le riserve e le diffidenze che pure possiamo ben immaginare.

In altre parole stiamo tentando di obbligare l'Unione europea ad una politica sulla Bosnia-Erzegovina: se questo disegno andrà in porto, e molti sono i segnali a suo favore, e solo allora a mio avviso, anche l'abolizione dell'embargo acquisterà un suo senso ed una sua cornice.

Nell'immediato, più che di una sede a Sarajevo, c'è bisogno di un partito forte di iscritti e di finanziamenti, soprattutto a partire da quanto stiamo cercando di fare sulla Bosnia.

Se alcuni compagni vedono comunque nello slogan della "sede a Sarajevo" l'occasione e la motivazione per uscire con i tavoli, mi pare iniziativa che vada incoraggiata e ripresa, purchè emerga nello stesso conteso la peculiarità della nostra proposta.

Piccolo slogan:

"Dai una chanche alla Bosnia, dai una politica all'Unione europea! Iscriviti al partito radicale per l'ingresso della Bosnia nella Unione, subito!"

 
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