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Conferenza Partito radicale
Gull Paolo - 24 agosto 1995
In partibus infidelium.
Caro Olivier,

Ho letto con interesse, anche se in ritardo, il tuo promemoria 6906 in conf PR (touché) e, nella stessa, il bell'articolo sul Monde, DES ANGES ET DES HOMMES di Alain Finkielkraut.

Questo anticroatismo di fondo mi pesa molto e, ti assicuro, lo sento come una ferita. Come quell'antisemitismo di ritorno che si accompagnava-si accompagna a tutte le manifestazioni filopalestinesi. Quando ero bambino, nella facile distinzione tra buoni e cattivi che si ha a quell'età, non potevo che sentirmi "ebreo" anch'io, in quanto mi era stato insegnato che sei milioni erano stati uccisi dai nazisti, i kattivi per eccellenza. Scoprire che esisteva un "problema palestinese", capendo contemporaneamente che il sionismo era stata una risposta realistica ad una tragedia che fortunatamente non riesco neanche ad immaginare, è stato scoprire che il torto e la ragione, come diceva Manzoni, non si possono dividere col coltello.

Mutatis mutandis, nella ex-Iugoslavia succede un po' la stessa cosa. Al di là dei proclami, le due riflessioni, la tua più "politica", quella di Finkielkraut più "filosofica" mettono di nuovo un punto fermo. Esiste un problema. Mentre mi bagnavo nello stesso mare sporcato dal sangue bosniaco (visto che mi vengono rinfacciate le mie frasi, ironizzo su quelle degli altri), leggendo come d'abitudine l'Unità, che pure ha o ha maturato, *vorrai concedermelo* (o forse finge?), un atteggiamento abbastanza serio sull'argomento, pensavo, seduto ad un sordido caffè, come fosse effettivamente abbastanza oltraggioso scagliarsi come iene sui croati alla prima scorreggia di artiglieria dopo anni di vile se non complice semisilenzio sulle incommensurabilmente più gravi atrocità serbe.

Ognuno ha, ognuno avrà le sue ragioni. Le uniche di cui mi sia stata data contezza sono però quelle della Signora Agnelli Susanna, con i suoi interessi economici in Serbia. Ma Agnelli non fa l'Italia, e soprattutto non può fare opinione in questo modo cosi' ossessivo. Quindi gli altri, tutti gli altri, avranno le loro "private ragioni".

Eccomi qui a chiedermi quali.

Prima della controffensiva croata, quindi in tempi non troppo sospetti, assolutamente non cagato da nessuno e poi gentilmente schiaffeggiato in pubblico, ho provato a fare l'"atto di dolore" del cd. "serboprogressista" medio ("Le mie prime tre narici"). Il fatto che nessuno abbia provato neanche lontanamente a pensare che eventualmente la cosa si sarebbe potuta discutere mi ha fatto sentire un'etnia minacciata.

Dal momento che mi rifiuto di credere che il vostro disprezzo per quelli che politicamente si collocano in un certo modo sia tale da volerli solo condannare all'estinzione nell'indifferenza, non trovo parole per esprimere questo senso di smarrimento quando le nostre posizioni, faticosamente maturate in anni di contraddizioni che intender non le può chi non le prova vengono sbertucciate in questo modo. Sono stato costretto a pensare che ci siano alcuni che usano e/o useranno questo dibattito come moneta di scambio in politica interna. Questo sospetto, che è il solo vero motivo di fondo per cui alla proposta di iscrivermi al PR ho risposto no, è fatto più forte dalle affermazioni di Donvito che odia per ragioni a me ignote Primicerio, da Lorenzi che stigmatizzava certe affermazioni del sindaco (ding!) Rutelli alla manifestazione cd. "serboprogressista" di luglio e poi da chi nutre un odio ferocissimo, oltre ogni ragione pensabile, per i "Beati costruttori di pace". A volte penso che le accuse di settarismo che

mi faccio da solo e che faccio volentieri ai miei compagni dovrei farle anche ad altri. Ma dal momento che mi hai dimostrato che avete eccellenti ragioni da spendere, perché tanto disprezzo? Anche quelli che "non stanno con voi" sono disposti talvolta ad ascoltare. Basta parlare. Come si dice a Roma, "testa che non parla si chiama cucuzza".

Continua, tuttavia, ad esserci un tarlo che mi rode e che non riesco a scacciare. Anzi, l'articolo di Finkielkraut, proprio perché ben scritto e ben argomentato, lo rinnova.

L'antipatia per la Croazia è antipatia per una specie di "peccato originale" che la Croazia si porterebbe dentro. "Peccato" che forse risale addirittura allo stato di Ante Pavelic. E' anche vero che i simboli sono simboli e l'idea che sia stata recuperata la bandiera con gli scacchi aggiunge brivido a brivido. Certamente questo non basta. Anche la Slovacchia, come stato indipendente, ha un sinistro precedente nel regime di Monsignor Tiso, il cui simbolo era la croce di Lorena che trova oggi posto sulla bandiera slovacca. La Sovacchia ha anche un protagonista politico abbastanza discutibile nella persona di Meciar. Ma la sua separazione dalla Repubblica Ceca (che ha avuto il buon gusto di non battezzarsi Boemia-Moravia, a costo di obbligare noialtri a penose contorsioni sintattiche e lessicali per indicarla) non è avvenuta con la forza. Non c'è stata la guerra, gli slovacchi non sono stati chiamati a manifestare il loro amore per la Patria. Nulla è cambiato, e la frontiera di Breclav è davvero invisibile, com

e dovrebbero essere tutte le frontiere del mondo che vorrei.

La separazione della Cecoslovacchia ha goduto di circostanze eccezionalmente favorevoli, che però devono far riflettere.

Quando morì Tito, ero troppo giovane per capire, me nel '90 grande abbastanza per rendermi conto, a Sebenico, il mercoledì prima delle elezioni di primavera che videro trionfare Tudjman, che stava per succedere un casino. Quando tu ricordi che "E' stato proprio il riconoscimento internazionale della Croazia, due mesi DOPO la caduta di Vukovar e... lo sterminio di buona parte dei suoi abitanti (10.000 persone), che ha contribuito a bloccare l'avanzata serba nella Krajina, in Slavonia orientale e occidentale e nella regione di Dubrovnik" dici una cosa che mi fa riflettere molto: forse il riconoscimento non è stato proprio "frettoloso", però...

Però la Croazia era la parte più ricca della federazione, in qualunque realtà in cui valgano le leggi della gravitazione universale, una simile secessione equivale ad una grave instabilità e, ove la capitale non sia nella suddetta parte più ricca, alla guerra.

E poi c'è l'aspetto, più specificamente attinente alle considerazioni finali di Finkielkraut, del valore indubbiamente "etnico" di cui tutta questa faccenda si ammanta. Se quelli suesposti sono "peccati originali" vecchi, questo è veramente ancora attuale. Al cambiamento di politica di Tudjman possiamo e dobbiamo credere. La divisione della Bosnia in due unità, da lui auspicata, è comunque una sconfitta dell'idea multietnica di quello stato. E poi resta il fatto che le sue affermazioni finali sono lungi dall'essere condivisibili: "Pour ce citoyen de la mondovision, la violence naît de l'appartenance, la guerre découle de l'opposition prénumérique entre l'ici et l'ailleurs. Bref, le Mal, c'est l'esprit qui, au lieu de s'éclater, s'écrase et se fait chair; le Mal, c'est l'incarnation".

No: la storia del mondo insegna che il Male è il nazionalismo e che il Male del Male è il nazionalismo su base etnica. Anche perché il senso di appartenenza ad una comunità qualsiasi, compresa una comunità religiosa, è una scelta, che può essere oggetto di un ripensamento anche controvoglia: cuius regio et eius religio. Ma l'appartenenza etnica, come la classe di leva o lo scaglione della naja, è un abito del quale non ci si può svestire, se non col sacrificio di sé, che francamente mi pare un po' troppo.

Se la Croazia saprà giocare bene le carte che faticosamente ha raccolto in mano fra l'ostilità generale, mostrando di saper realmente tutelare le sue minoranze (che parola orribile: lo sai cosa cela, vero?), forse tutta questa sporca faccenda raggiungerà veramente un punto di svolta. Se poi riusciremo a mandare ancora avanti la raccolta di firme per la Bosnia nell'UE, avremo fatto, tutti, un passo importante. Le scene a cui ho assistito, dalla grandezza misericordiosa dell'Abate di Montecassino alla pochezza morale del mio, ahimé, eurodeputato Montesano, mi dicono che la strada è ancora lunga, ma che ciò che serve è un dialogo franco ed anche aspro, non quegli oscuri anatemi che ho udito e letto.

Con cordiale stima

Paolo Gull

 
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