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Conferenza Partito radicale
Gull Paolo - 19 settembre 1995
L'angelo sterminatore
L'intervento NATO in Bosnia ha sicuramente impresso un nuovo corso alla guerra nei Balcani.

Sostenuto soprattutto dagli Stati Uniti, ha ricevuto vasti consensi, alcuni del tutto acritici, cosi' come aspre sono state le numerose obiezioni mosse sovente per una sorta di cieca presa di posizione ideologica.

L'equazione troppo facile essendo "USA=Impero del Male", agevolmente si scivola in una condanna dei raid nel "cielo slavo del sud" senza appello, o lavandosene le mani, dopo aver nettato la propria coscienza proferendo l'ingiuria di rito all'indirizzo della Casa Bianca, o, paradossalmente, prendendo delle improbabili quanto apolitiche (o improbabili proprio perche' apolitiche) pseudoparti pro-serbi, timidamente accennando al destino dei profughi della Krajina.

Viceversa il plauso "al buio" dell'azione Nato si basa su un presupposto piu' immediatamente comprensibile (specie a chi non e' avvezzo a decrittare il cifrario di certa sinistra) e cioe' il plauso per la fine dell'assedio della capitale e per una sorta di nemesi che si abbatterebbe sugli aggressori facendo loro pagare il fio delle proprie, peraltro vaste, colpe.

In questa riflessione mi e' venuto in aiuto il quotidiano diretto da Veltroni con i due pezzi che ho voluto proporre ai lettori della Conferenza perche' sintetizzano ad un livello piu' alto e ragionevole della chiacchera da pub alcuni dei principali argomenti a sostegno delle due tesi.

Senza nulla togliere al valore delle parole di Izetbegovic, a me sembra che queste due posizioni andrebbero superate entrambe. Mi spiace, specialmente, veder sposata la teoria delle "nemesi sui Serbi" anche in queste colonne, non perche' i Serbi non abbiano colpe, ma perche' rischia di essere una posizione di principio fine a se stessa. Come invece mi irrita profondamente che l'intervento Nato sia stato cosi' ferocemente condannato da una parte della sinistra italiana solo perche' "americano", senza nessuna altra motivazione reale, facendo una testimonianza di bandiera che non rende un buon servizio a nessuno, salvo forse qualche voto a RC. Ma penso addirittura che non sia neanche un calcolo elettorale, solo un riflesso condizionato, cosi', come un cane addestrato da sempre a mordere.

Non voglio screditare la posizione dei militanti del PR in modo facilone e gratuito: a loro va il merito di averci visto piu' lungo di tutti e di aver saputo prendere posizioni coraggiose. Tuttavia se vogliamo realmente progredire vorrei dire nella civilta', dobbiamo saper andare tutti oltre le posizioni di principio.

L'opportunita' dei raid Nato e' qui fuori discussione. E quanto dico da' per scontato che le posizioni di soddisfazione dei Bosniaci siano legittime e sacrosante, ed anche, mi si passi l'espressione, "giuste". Ma non dimentichiamo che noi siamo degli osservatori esterni, che non siamo balcanici e che quindi abbiamo una distanza che dobbiamo saper mettere a frutto per quello che vale. Noi siamo i cittadini di un paese europeo, di una democrazia occidentale ed abbiamo il nostro punto di vista. Dobbiamo essere in grado di metterlo al servizio degli altri, per un mondo migliore.

Se dalla mia distanza io guardo, cosa vedo?

Vedo due diverse violazioni del diritto internazionale, con due storie diverse e esiti diversi, accomunate dal famigerato "denominatore yankee", la Bosnia e il Kuwait. Quando si critica l'intervento Nato si cita sovente il Kuwait. Quando si plaude all'intervento Nato si cita, anche, il Kuwait. Ma per gli abitanti di Sarajevo, non penso sia stato questo il primo pensiero, non penso. Hanno plaudito all'intervento americano perche' poneva fine alla loro agonia e basta. Come e' giusto.

Noi invece ricordiamo il Kuwait. Ma per lo piu' a sproposito.

Qualcuno riporto' in conf. il fatto il testo 502 di questa conf PR, in cui Cicciomessere spiegava le ragioni del voto favorevole all'intervento contro Saddam. Ineccepibili. Chi aveva denunciato a piu' riprese le malefatte occidentali nei confronti dei paesi del Golfo Persico penso potesse tranquillamente sentirsi a posto con la coscienza nell'avallare col proprio voto un intervento simile. Un po' come un medico che sapesse di aver fatto tutto quello che la scienza puo' per salvare la vita di un uomo.

Da quel voto sono pero' passati quattro anni e mezzo, e, come molta acqua sotto i ponti, anche molto sangue, innocente e non.

Dopo quel voto, a neanche sei mesi dall'invasione di Saddam, in poche settimane le forze alleate ebbero ragione dell'esercito irakeno. Contemporaneamente la situazione in Yugoslavia raggiungeva la rottura con l'inizio del conflitto in Slavonia. Una modesta presenza ONU e' stata testimone impotente dello sviluppo e della fine di quel conflitto, come dell'inizio e della cancrenizzazione di quello in Bosnia.

Da quel voto sono passati quattro anni e mezzo. Quattro anni e mezzo di testimonianze di colore contraddittorio, piu' o meno schierate contro l'aggressore serbo, alcune (penso agli Scouts) esplicitamente solo di testimonianza di pace e solidarieta'. Tutte pero' a loro modo utili, tutte a denunciare gli orrori della guerra. Non tutti, certo, a riconoscerne con chiarezza i responsabili, nessuno pero' a minimizzarne le atrocita'.

Dopo quattro anni e mezzo di conflitto, dopo quattro anni e mezzo di sofferenze delle popolazioni civili, finalmente il bubbone e' maturo. Il medico pietoso ha fatto la piaga purulenta, ma grazie alle tecnologie sofisticate la cura, ancorche' drastica, si annuncia veloce, nel plauso generale.

Tranne alcune voci critiche che possono essere liquidate come di "nipotini di Molotov" solo da chi la voce degli altri non e' disposto ad ascoltarla. Perche' e' vero che sono nulla di fronte alla fine della sofferenza da parte di chi ingiustamente aveva patito, ma e' anche vero che noi, distanti come siamo, se questa distanza la sappiamo mettere a frutto, la possiamo mettere al servizio degli altri. Questi quattro anni e mezzo confermano solo una cosa: che nel Golfo gli Americani avevano delle ragioni urgenti da far valere, degli interessi economici precisi, nei Balcani no. Questa e' la verita'. Che piaccia o non piaccia.

Questo lo pensavano in molti gia' allora, di fronte all'interventismo nel Golfo: la controprova, quella cosa che la Storia concede di rado, era la', sotto gli occhi di tutti. Si chiamava Iugoslavia. Senza petrolio, senza materie prime. Solo miseria, disperazione e sofferenza.

Certo, capisco e condivido che non si potesse far passare l'annessione di un altro Stato sotto silenzio. Sarebbe stato un precedente catastrofico. Su questo non ho dubbi.

Ma se e' vero che i mezzi in realta' sono fini, questo fine del rispetto del diritto va quantomeno perseguito nella coscienza del fatto che questi benedetti mezzi (nello specifico gli USA) ragionano secondo una logica loro propria, che non coincide necessariamente con la mia, non so con la vostra.

Questa specie di angelo inviato da Dio a punire determinati kattivi non e' un agente neutro del fato, ma una potenza internazionale, che persegue i suoi propri interessi.

A meno che non si voglia parlare di una sorta di "astuzia della Ragione", nello spirito hegeliano, ma sarebbe fuori luogo. Il mio professore di Filosofia al Liceo, aveva una sua teoria su Hegel che ci ammanniva in ripetute salse, sostenendo che la visione dialettica tesi-antitesi porta dritto all'accettazione dei campi di sterminio. Il che poteva essere anche vero in astratto, se non fosse che grazie a Dio l'uomo e' capace di eticita', quindi di scelte di campo, mentre il mio professore, cattolico heideggeriano, era incapace di cogliere il senso tragico della Storia...

Non e' detto che l'intervento Nato sia un passo avanti nell'affermazione del diritto. Anzi, a me sembra che proprio questi maledetti quattro anni e mezzo che molte anzi tempo all'Orco generose travolser alme d'eroi siano un tragico argomento _ex silentio_ che mostra come in realta' la mobilitazione militare ci sia solo quando ci sono cospicui interessi in gioco, che non e' *esattamente* la stessa cosa. E che quindi "dagli amici mi guardi Iddio".

Questo non per non voler dare pane al pane e vino al vino. Solo perche' se la politica estera italiana e' cosi scarsa, non e' soltanto colpa della Agnelli, ma perche', nella rincorsa dei fatti compiuti, manca una visione coraggiosa della realta'. E questa non e' forse colpa solo di chi ci governa.

Paolo Gull

 
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