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Partito Radicale Centro Radicale - 21 settembre 1995
LIBERTA' AL TIBET

Adesso bisogna agire per dare la libertà al Tibet

di Olivier DUPUIS

Il Lama Samdong Rimpoche, presidente tibetano in esilio, è in visita in Italia ospite del Partito Radicale, nella cui sede, oggi terrà una conferenza stampa. Con l'occasione, pubblichiamo l'intervento del segretario del Partito Radicale transnazionale.

L'Opinione, giovedi' 21 settembre 1995

Tibet. Paese millenario perso sull'altipiano himalayano. Cancellato dalle nostre memorie, dalle nostre conoscenze, dalle nostre coscienze da quarant'anni di bipolarismo politico e militare.

Tibet. Paese singolare. Paese del buddhismo, dei monaci, dei monasteri, dei mulini di preghiera, degli Yack, del thé al burro, dell'uomo delle nevi. Paese del Dalai Lama. Già. Paese indipendente. Già. Nel silenzio complice delle Nazioni Unite, delle democrazie occidentali, del mondo libero, il Tibet fu, un giorno del non lontano 1950, invaso dalle forze armate dell'allora neo Repubblica Popolare Cinese. Poi fu occupato, ristrutturato, ammodernizzato. Distrutto. Come furono distrutti centinaia e centinaia di monasteri con la cosiddetta rivoluzione culturale cinese. A decine di migliaia, donne furono sterilizzate o obbligate ad abortire. A milioni, Tibetani furono arrestati, incarcerati, torturati, deportati. Un milione di loro fu ammazzato. Foreste, monumenti, case furono rasate al suolo.

Ma non bastava ancora. Bisogna andare oltre nell'esplorazione dell'arsenale delle armi di distruzione di un popolo, della sua storia, della sua cultura, della sua lingua, della sua religione, del suo modo di vivere. E i cinesi inventarono una nuova soluzione finale: la "pulizia etnica" per diluizione. E cominciò la pianificazione e poi l'attuazione di un gigantesco trasferimento di popolazione: milioni di cinesi furono con la forza, le intimidazioni o con forti incentivi finanziari "traslocati" nel Tibet. Da alcune migliaia a sette milioni, da infima minoranza a maggioranza oggi. Obiettivo: 40 milioni nel 2020. Allora il Tibet sarà definitivamente scomparso.

Il tempo stringe. Occorre fermare fin quando c'è ancora tempo questo genocidio silenzioso. Occorre salvare il Tibet, i Tibetani, il tesoro di storia, di cultura, di mitezza, di convivenza civile che hanno saputo dare all'umanità. Occorre fermare nella sua impresa di morte e di distruzione l'ultimo impero totalitario. Occorre, anche a partire dal Tibet, dalla sua libertà e dalla sua liberazione, creare le premesse per la libertà e la liberazione dal totalitarismo comunista degli oltre un miliardo e duecento milioni di cinesi.

E, mentre sempre più spesso nel mondo si ricorre alla violenza per far valere le ragioni di un popolo o di criminali che pretendono incarnarne le ragioni, occorre fare tesoro ed erigere ad esempio per l'intera umanità la resistenza nonviolenza esemplare del popolo tibetano e della sua leadership, a cominciare dal Dalai Lama.

Occorre agire. Dalle piazze, dai marciapiedi delle ambasciate cinesi del mondo intero con manifestazioni, Satyagraha, digiuni nonviolenti di massa. Dalle Nazioni Unite con la messa all'ordine del giorno di una rapida decolonizzazione del Tibet. Dai Parlamenti con la presentazione di mozioni che, sul modello delle risoluzioni del Parlamento europeo e del Congresso americano, condannino l'invasione e l'occupazione del Tibet. Dai Comuni con la decisione di far sventolare la bandiera tibetana il 10 marzo 1996, giorno dell'anniversario dell'insurrezione nonviolenta di Lhasa del 1959, perché divenga, ovunque nel mondo, giorno di azione e di speranza concreta di liberazione dei Tibetani e quindi dei cinesi e di tutti noi. Occorre quindi lavorare ed organizzarci, senza perdere un minuto. Da subito. In diretto collegamento con le massime autorità del governo e del parlamento tibetano in esilio, il Partito Radicale, transnazionale e transpartito, ci sta lavorando. Senza nuove energie umane e finanziarie, tutto sarà mo

lto difficile, se non impossibile.

Chi ci sta, batta un colpo.

 
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