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Partito Radicale Hands - 30 ottobre 1995
A Tunisi conferenza internazionale per l'abolizione della pena di morte

L'ISLAM NON VIOLENTO

Al meeting promosso dall'associazione »Nessuno tocchi Caino duro attacco all'integralismo in nome del Corano

di Emanuele Giordana - La Nuova Sardegna, 27 ottobre 1995

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TUNISI - Nel dicembre dell'anno scorso venne presentata all'Onu una mozione che proponeva al congresso mondiale delle nazioni una moratoria di cinque anni sulle esecuzioni capitali. La mozione, nata dalla tenacia di una piccola ma diffusa associazione internazionale fondata in Italia, proponeva dunque anche agli Stati che conservano la pena di morte un periodo di cinque anni per pensarci su. L'obiettivo finale ed ambizioso della piccola associazione »Nessuno tocchi Caino è che l'umanità arrivi alle soglie del Duemila con una ennesima vittoria della ragione sull'irrazionalità e la barbarie: e cioè con un mondo senza pena di morte. Ma questa piccola lega abolizionista è conscia dei passi necessari e la moratoria costituiva un tassello importante di tutto il processo. La cosa però non riuscì.

L'opposizione dei paesi che conservano la pena capitale ebbe ragione degli abolizionisti (tra cui l'Italia, promotrice dell'iniziativa) e la mozione non passò. Ma la tenacia è una virtù (ovviamente) dura a morire e »Nessuno tocchi Caino ha deciso di riprovarci nella sessione del '96, tra poco più di un anno.

Una delle tappe di questa maratona (la mozione prima, l'abolizione totale poi) deve però passare attraverso alcune altre fasi intermedie preparatorie, e una di queste si è svolta a Tunisi nei giorni scorsi. Si è trattato della prima conferenza panaraba per l'abolizione della pena capitale, ospitata dall'unico paese che si astenne sulla moratoria (mentre tutti i paesi arabi votarono contro) e il cui presidente, Ben Ali, si è impegnato a non eseguire più condanne a morte.

Alla conferenza erano presenti professori universitari, giuristi, professori, avvocati e studiosi di molti paesi islamici venuti a dibattere, per la prima volta in maniera così amplificata, il problema della morte di Stato. E non solo di Stato, visto che un avvocato algerino, invitato come relatore a Tunisi, era stato ucciso dagli integralisti pochi giorni prima di fare le valige per la conferenza.

E' stato il Corano il protagonista della due giorni tunisina, testo di riferimento della giurisprudenza negli Stati laici arabi. A Tunisi un giurista egiziano coraggioso ha reso pubblica una posizione già nota a molti, ma che ha avuto nella conferenza un importante megafono e una vasta eco. Said Al Ashmawi, condannato a morte dal gruppo fondamentalista dei Fratelli musulmani proprio per via delle sue interpretazioni poco ortodosse, ha sostenuto apertamente che il libro sacro dell'Islam non prevede in realtà la pena capitale. Contraddicendo così non solo l'interpretazione degli integralisti, ma anche quella più moderata della maggior parte dei giuristi arabo-musulmani.

Ashmawi ha spiegato che la tradizione vuole che alcuni reati siano puniti con la pena di morte: l'apostasia, l'adulterio, l'omicidio e il brigantaggio ad esempio. Ma, Corano alla mano, il giurista ha contestato tutte le interpretazioni che a suo avviso sono tali più per scelta politica di comodo che per fedeltà al testo.

Per l'adulterio è prevista la flagellazione, spiega, non la lapidazione a morte. Per l'omicidio è prevista la possibilità del perdono e del pagamento di un risarcimento in denaro (come è accaduto per la filippina recentemente graziata negli Emirati Arabi). Per il brigantaggio è previsto che, per chi si pente prima di essere acciuffato, vi sia il perdono. E quanto all'apostasia, il Corano non prevede - secondo Ashmawi - nessun castigo. In buona sostanza, ha spiegato, sono tali e tante le possibilità di salvare la vita umana che l'applicazione della pena di morte, quand'anche prevista, diventa impossibile. Non solo, ma una sua eventuale applicazione potrebbe esistere solo in un mondo di perfezione sociale, economica e politica, dice il Corano. Il che non è. E' ovvio che se questa interpretazione diventasse quella corrente, il passo successivo sarebbe l'abolizione della pena di morte in tutti i paesi arabi. In realtà sappiamo che le cose stanno diversamente, ma l'intervento di Ashmawi ha comunque dimostrat

o che esiste un Islam liberale e una lettura del Corano come libro di vita e non come arma di morte e di castigo.

La voce di Ashmawi non è stata l'unica. Mohammed Talbi, professore di storia all'Università di Tunisi, ha sottolineato che »il fatto che un uomo uccida dipende dalla sua libertà di scelta ma non significa di per sé che la divinità sia concorde e ciò, ha spiegato, al di là delle difese d'ufficio che le religioni hanno fatto della pena capitale, non ultima la cristiana delle origini.

Gli esponenti dell'Istituto arabo per i diritti umani, che con »Nessuno tocchi Caino patrocinava l'evento, hanno ricordato l'importanza di »progressive regolamentazioni che »conquistino alla certezza del diritto - ha detto il suo presidente Taieb Baccouche - la terra di nessuno della pena di morte o quella dei reati extragiudiziali . Una terra di nessuno, avverte Salvatore Privitera, dell'università teologica di Palermo, dove non c'è nemmeno il diritto di rivendicare il proprio diritto a vivere. Il diritto, come affermano quelli di »Nessuno tocchi Caino , di non mettere la propria vita a disposizione di nessuno.

TUTTI GLI STATI CHE UCCIDONO PER LEGGE

In poco meno della metà dei Paesi del mondo la pena di morte non esiste più. De jure, cioè con una legge dello stato, o de facto, ossia con l'assenza di condanne ed esecuzioni pur in presenza di una legislazione che li prevede, quasi tutte le nazioni del pianeta hanno messo una croce blu sull'istituto più oscuro e medievale dell'ordinamento giudiziario.

Secondo i dati diffusi dalle organizzazioni non governative »Nessuno tocchi Caino e Amnesty International, 56 paesi hanno abolito definitivamente la pena capitale per qualsiasi tipo di reato mentre 15 la conservano in casi di crimini eccezionali (termine tra l'altro che si presta alle più svariate interpretazioni e che dipende dalla reale volontà di ciascun governo) come quelli commessi, ad esempio, in tempo di guerra.

Ventisette Paesi vengono considerati abolizionisti di fatto poiché, pur in presenza di una legge che la prevede, negli ultimi anni nessuna condanna a morte è stata eseguita.

San Marino ad esempio, che la pena l'ha abolita già nel 1865, lo era già prima de facto poiché non utilizzava più la condanna a morte dal... 1400. Novantasei Paesi, tra cui spiccano gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l'Iraq e la »civilissima Singapore risultano invece mantenitori della pena capitale a tutti gli effetti: hanno cioè eseguito o comunque comminato la pena di morte negli ultimi dieci anni. L'ultimo Paese abolizionista è stato il Sudafrica (1995), investito da una ventata garantista per quanto riguarda i diritti umani. L'Italia, che conservava la pena di morte per i reati previsti dal codice militare, è totalmente abolizionista dal '94.

Proprio Singapore, in nome della »non ingerenza negli affari interni di uno stato, capeggiò la rivolta contro la prima mozione sulla moratoria presentata (su proposta italiana) all'Onu nel '94. Una sua mozione, che passò alla maggioranza, scombussolò l'assemblea dell'Onu e permise ai non abolizionisti, tra cui molti Paesi arabi, che la mozione abolizionista venisse bocciata per otto voti. Ma adesso la battaglia è di nuoco cominciata.

M.S.

 
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