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Kircheva Darinka - 23 gennaio 1996
Intervista a dissidente cubano iscritto al PR

Nel numero del 19 gennaio 1996 del quotidiano KONTINENT (uno dei quattro piu' grossi quotidiani bulgari) e' stata pubblicata l'intervista di Diana KAPITANSKA a Luis MIRANDA, dissidente cubano, residente in Bulgaria, iscritto al PR dal '93.

CASTRO PROBABILMENTE NON CADRA' PRESTO, NONOSTANTE CUBA SIA UNA "PENTOLA A PRESSIONE"

Opinione del dissidente cubano Luis MIRANDA che ha scelto la cittadinanza bulgara

In trafiletto: Il sig.Luis Miranda, 52 anni, e' politologo, dottore in scienze economiche, docente, uno degli oppositori a Fidel Castro. Gia' funzionario del CC del PCC. Ha fatto gli studi nella Scuola di commercio estero e nella Universita' de La Avana. Ha lavorato nel dipartimento di analisi dei mercati mondiali presso il Ministero di Commercio Estero di Cuba, e' stato insegnante nella Scuola Superiore del Partito e nella Scuola Superiore del Ministero degli Interni. Per tre anni e' stato monitore per i problemi economici nel CC del PCC, redattore economico nella rivista teorica del CC "Cuba Socialista". Nel 1986 e' stato espulso dal partito per le critiche al regime di Castro e accusato di diversione ideologica nelle aule. Fino alla fine del 1989 ha lavorato da sociologo nelle zone montagnose. Dal 1990 si e' stabilito con la sua famiglia a Varna, gia' e' cittadino bulgaro. Ha una ditta di consulenza.

Domanda - Sig.Miranda, il 1 gennaio si sono compiuti 37 anni dal giorno in cui Fidel Castro e i suoi guerriglieri barbuti, entrati nella storia come "barbudos", hanno preso il potere nell'isola. Rimarra' a lungo Fidel al timone del potere statale?

Risposta - Non lo credo, ma nel futuro immediato non c'e' da aspettarsi un qualche cambio. Attualmente i cubani cercano di sfruttare le possibilita' offerte dalle riforme, iniziate dal regime negli ultimi 18-19 mesi. A Fidel gli e' sempre piu' difficile mantenere il controllo, ma per diverse misure e' riuscito a evitare che le masse scendano in piazza. I cambiamenti dovrebbero effettuarsi all'interno del paese, e non provenire da fuori in seguito a negoziati. Il mondo e' ancora suggestionato da una potente mitologia, quella della sovrana Cuba, che non corrisponde alla verita'. Il fenomeno di Cuba non e' cubano. E' una fizione di rivoluzione socialista, un gomitolo intricato di interessi internazionali. Di fronte a questo dato di fatto, i cubani saranno gli ultimi a pronunciarsi sul loro destino. Ma se loro stessi non cambiano, nulla cambiera'. L'opposizione a Fidel e' molto frammentata, i dissidenti sono sconosciuti dalle masse, la gente comune e' troppo impegnata nella battaglia quotidiana per la sopravvive

nza.

D. - Chi e' in fondo il comandante Castro?

R. - L'elemento costante del suo regime e' sempre stato quello di governare il suo popolo contro gli Stati Uniti. Questo andava bene sia all'Europa, sia all'Unione Sovietica, ma non ai cubani. Sul piano politico in termini di idee sociali si fa una truffa mediante il linguaggio dell'ipocrisia: un discorso per l'estero, un'altro per il popolo; un discorso da democratico e una feroce politica dittatoriale, un'illusione di societa' comunista e in realta' una societa' basata sul capitalismo di Stato di tipo militare. Fidel non e' mai riuscito a convincere i veri comunisti di avere una ideologia bolchevique, perche' non lo e' mai stata e non lo sara' mai.

Chi e' Fidel? Socialdemocratico? Liberale? O anarchista, nazionalista? No, il comandante Fidel e il suo cerchio ristretto non hanno nessuna ideologia. Raul, suo fratello, e' quello che si e' ravvicinato di piu' ai comunisti e alle strutture sovietiche. Il cerchio ristretto di persone fidate di Castro e' formato nello spirito del pensiero nazionalistico-populista e tecnocratico degli ultimi 30 anni in America Latina e del riformismo liberale ammericano. C'e' anche una certa "sovietizzazione", ma in linee generali e' questa l'elite politica di Cuba. Il resto e' periferia - operai, gente semi-analfabeta, manipolata dalla televisione che e' diventata un'arma del regime. Se la chiesa cattolica in Cuba non fosse cosi' debole, Fidel poteva essere perfino cardinale, invece di guerrigliero. Nelle sue parole c'e' piu gesuitismo che marxismo-leninismo.

D. - In che consisteva la dipendenza del regime cubano dai fattori politici esterni? Gli studi piu' recenti evidenziano il ruolo esclusivo di Cuba nel periodo della guerra fredda...

R. - E' vero, poiche' l'ex URSS aveva trovato nella rivoluzione cubana del 1959 il supporto geopolitico di cui Mosca aveva bisogno nella zona Caribica. Per di piu' contando con la collaborazione del leader della rivoluzione. Cosi' l'URSS ha ottenuto l'equilibrio delle forze strategiche contro quelle degli Stati Uniti. Agli inizi degli anni '60, nel periodo dei conflitti internazionali e delle trattative conseguenti alla crisi Caribica nell'ottobre del 1962, gli strategi americani e i loro colleghi sovietici ed europei hanno dato una nuova rotta al "fidelismo". Hanno appropriato la pedina cubana al gioco "all'orlo della guerra" e alla formula dei conflitti locali. Le funzioni di Cuba di Fidel erano per l'URSS quelle di bandiera della liberazione totale dell'America Latina - con o senza guerriglie, con o senza terrorismo; per gli Stati Uniti - quelle di mantenere la posizione strategico-militare nel Guantanamo. Invece l'URSS prese posizioni a Cienfuegos, Santiago de Las Vegas. Cuba doveva essere una base di f

ormazione di ultra-nazionalisti ed elementi di estrema sinistra, a cui gli Stati Uniti confronterebbero i centri a West Point, Nicaragua di Somoza, Cile di Pinochet, Argentina o Brasile. Fu a quell'epoca che Fidel Castro ci ha divisi per la prima volta. Adesso con lo slogan "Pro o contro il blocco americano" ci contrappone di nuovo tra socialdemocratici e liberali, europeisti e americanisti.

Probabilmente negli anni '70, quando si "mise d'accordo" con l'equipe di Brezhniev, Castro voleva utilizzare i soldi dei russi e i fornimenti sovietici (mentre combatteva in Angola) per modernizzare l'economia cubana ed occupare la leadership nel movimento dei non-allineati. Ed infine staccarsi sia dai russi, sia dagli europei, per diventare il Dio della rivoluzione mondiale. Fu solo durante la "perestroika" che si venne a sapere che i golpes e contro-golpes effettuati dai movimenti politici latino-americani in Nicaragua, Salvador e Guatemala, erano finanziati sia dagli Stati Uniti, sia dall'URSS. E nonostante Cuba avesse di fatto subordinato la sua politica a quella di Mosca, i russi ci avevano concesso una grande autonomia. Questa e' stata utilizzata per i progetti militaristici di Castro che hanno fatto stagnare l'economia cubana. Neppure dopo la disintegrazione dell'URSS la Russia ha rinunciato ai trattati essenziali che stabiliscono i suoi rapporti militari con Cuba.

D. - Cuba, senza dubbio, ha una grande importanza per l'Unione Europea, ed in particolare per paesi come la Spagna, l'Inghilterra e la Francia. Gli interessi dei tre sono sia politici, sia economici. Sul piano strategico, secondo Lei, come servono Cuba e Fidel all'Europa?

R. - I paesi dell'Unione Europea non hanno in America Latina un'altro Stato con un sistema politico simile a quello di Cuba, che puo' essere utilizzata come strumento di pressione sugli Stati Uniti nel loro confronto commerciale e nella spartizione dei mercati. La Spagna, per esempio, gia' da parecchi anni cerca di incidere sugli avvenimenti in Cuba. La diplomazia spagnola vuole far da ponte tra l'Europa, gli Stati Uniti e l'America Latina e vede nell'isola uno dei supporti di questo ponte. Neppure adesso Fidel va sottovalutato: lui puo' far scendere in piazza migliaia di persone in America Latina - nel Peru', in Colombia e Bolivia.

D. - Vuole Clinton manifestare maggior fermezza nei rapporti con il regime di Fidel Castro?

R. - Finche' non passano le elezioni del '96, gli Stati Uniti non manifesteranno formalmente il loro atteggiamento verso il regime. Non sarebbe esagerato affermare che l'amministrazione americana preferisce "mettersi d'accordo" con Castro, piuttosto che aumentare i finanziamenti per la lotta al terrorismo.

D. - Allora risulta che la caduta di Fidel dal potere non e' piu' tra le priorita' nella politica estera degli Stati Uniti rispetto all'America Latina?

R. - Almeno per il momento pare che gli Stati Uniti non abbiano bisogno di fare questa mossa. I primi ad opporsi alla caduta del regime saranno i finanzieri della Riserva Federale. Per loro non sarebbe ragionevole che miliardi di dollari del capitale cubano-americano degli emigranti residenti in Florida, New Jersey e New York siano detournes verso Cuba, giacche' ovviamente gli industriali perseguiranno i loro interessi nell'isola. D'altra parte la CIA e gli servizi speciali saranno contro tale rapido smantellamento della macchina di spionaggio e militare di Fidel. Non va dimenticato che quelle stesse forze lavorano dalla fine dell'anno scorso in stretta collaborazione con Fidel sul controllo del traffico di droga e dell'emigrazione clandestina.

D. - Trova indispensabile e giusto l'embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba?

R. - L'embargo americano e' diventato una questione del tipo "E' a favore o contro la leadership americana?" e cio' implica una certa ambiguita' nella risposta. L'opposizione stessa ha posizioni divergenti. "Cambio Cubano", con a capo il dissidente Eloy Gutierrez, lotta per la sospensione dell'embargo. Carlos Alberto Montaner della "Piattaforma democratica" propone che Fidel promuova riforme piu' sostanziali nel paese e che l'opposizione cubana ed il governo discutano l'embargo insieme agli americani. La piu' rilevante e' la posizione della fondazione cubano-americana, diretta da Jorge Mas Canosa, che vuole la globalizzazione dell'embargo su Cuba. Castro e i suoi alleati affrontano le cose in questo modo: prima, sospensione dell'embargo, poi - riforma politica. Ma cio' equivale a dire agli Stati Uniti - riconoscete la presenza strategica dell'UE e della Russia sull'isola e ci sara' la democrazia anche in Cuba. Altri oppositori, tra cui pure io, consideriamo che l'embargo e' l'unica cosa che abbiamo per difen

derci e contrapporci al regime in un paese dove e' quasi impossibile protestare contro il castrismo. Pero' se vogliamo essere pragmatici, per Cuba gli Stati Uniti sono l'unico spazio naturale - storico, economico, geografico - pur se tale affermazione possa sembrare estrema.

D. - Prevede cambiamenti in Cuba nel futuro immediato?

R. - Nei prossimi mesi sicuramente no, i tempi non sono ancora favorevoli all'opposizione. Perche' cio' accada, occorre che si definiscano chiaramente i rapporti Europa - Stati Uniti - Russia.

Un impatto positivo per l'opposizione cubana potrebbe averlo l'integrazione della Francia nella struttura militare della NATO ed i suoi programmi di test nucleari. Non ci sono sintomi che gli Stati Uniti vogliano lanciarsi in una nuova avventura contro Cuba. Puo' darsi che la maggior parte delle forze politiche ed economiche negli Stati Uniti lascino avanzare la riforma di Fidel nell'ambito economico. La stessa riforma e' un'addattamento alle esigenze del Fondo Monetario Internazionale. Anche se Castro cadesse, non sara' necessario protrarre la terapia dello shok come e' accaduto nei paesi dell'Est. La riforma e' una garanzia che sara' evitato il pericolo di un caos fuori controllo in un paese dove si sono accumulati tanto odio e tanta violenza.

D. - C'e' qualcosa che Fidel Castro teme oggi?

R. - Forse lo preoccupa di piu' il fatto che Cuba si trova in una situazione che noi chiamiamo "pentola a pressione". Cioe' che l'isola possa scoppiare prima che si concluda la riforma ideata da Castro. Non dubito che tranne la riforma economica stia gia' a preparare una riforma di tipo politico-strutturale. Il piano di Castro prevede che, perfino quando la dittatura avra' esaurito le sue potenzialita', nel sistema continuino a dominare gli stessi interessi che lui aveva servito.

 
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