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Donvito Vincenzo - 27 febbraio 1996
8 marzo e Tibet
la ditta Mecacci-Perduca ha peccato di fiorentinismo, nell'accezione francese del termine, perchè per compiere una buona azione, non s'è meritata di guardare gli strumenti.

L'8 marzo non è più la festa della donna, così come il 14 febbraio per gli innamorati, o il Natale per chi crede in Gesù bambino. Ma è piuttosto la festa sulla donna, intendendo "sulla" in termini speculativi. E non mi pare di essere paranoico o forzatamente anticonformista. E' la realtà che mi appare.

Quindi se invece della mimosa che fa guadagnare qualche fiorario e molti disgraziati ai semafori delle strade, viene proposto l'acquisto della Tibet's flag, non mi sembra che molto cambi. La donna rimane sempre festeggiata in quel giorno, ma beffeggiata negli altri, sia che abbia una bandiera nobile che uno squallido fiorellino.

Anzi. In più c'è l'aggravante della legittimazione di un'abitudine alla pandizzazione della donna e del suo ruolo.

altro che festa della donna. Ci vuol ben altro per far entrare nella zucca di chi è incrostato da oltre duemila anni di cultura cattolica apostolica romana, che la donna è un cittadino nella pienezza dei suoi diritti e doveri.

Io l'8 marzo non faccio auguri a nessuno, e tanto meno regalerò una bandiera tibetana ad una donna. Preferisco regalargliela negli altri 364 giorni.

Parigi non vale una messa, e a maggior ragione Bruxelles e Llasa non valgono una festa cretina.

 
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