La sentenza della Corte - emessa il 30 aprile 1996, procedimento c-13/94 - è tutt'altro che scontata giacché si sarebbe potuto sostenere - come hanno fatto il Regno Unito e la stessa Commissione in corso di causa - che la normativa comunitaria vieta di discriminare le persone in ragione del loro sesso ma non impedisce il licenziamento di una persona a causa della sua condizione di transessuale o in ragione di un'operazione di mutamento di sesso.
La Corte ha invece ritenuto che "il diritto di non essere discriminato in ragione del proprio sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana" e quindi "tenuto conto dello scopo e della natura dei diritti che mira a proteggere, la direttiva europea puo' applicarsi anche alle discriminazioni che hanno origine, come nella fattispecie, nel mutamento di sesso. Infatti, siffatte discriminazioni si basano essenzialmente se non esclusivamente, sul sesso dell'interessato. Cosi', una persona, se licenziata in quanto ha l'intenzione di subire o ha subito un cambiamento di sesso, riceve un trattamento sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata apaprtenere prima di detta operazione. Il tollerare una discriminazione del genere equivarrebbe a porre in non cale, nei confronti di siffatta persona, il rispetto della dignità e della libertà al quale essa ha diritto e che la Corte deve tutelare." E quindi, in considerazione dello scopo della direttiva europea "la stessa osta al lic
enziamento di un transessuale per motivi connessi al suo mutamento di sesso."