dal Corriere della Sera pag. 17 del 13 giugnoZevi: "Caro Francesco, di urbanistica non capisci nulla"
ROMA - "La morte mi fa arrabbiare". Per questo Bruno Zevi, storico dell'architettura, gia' deputato e presidente del Partito Radicale, e' piu' battagliero e litigioso del solito: "La morte preclude il dialogo, il dibattito, la polemica ..." Ricorda la notte in cui attraverso' in lacrime Ponte Garibaldi, annientato dall'aver visto morire l'unico altro partito che aveva amato, quello d'Azione: E la morte di Ugo La Malfa, "il quale mi telefonava e parlava per un'ora fino a dimenticarsi con chi stava al telefono" e quella di Nenni, "che non ne imbrocco' una ma aveva una carica straordinaria": Tanto e' arrabbiato, il vecchio professore per aver visto finire cosi' il "suo" Pr, sfrattato da Montecitorio dopo decenni di battaglie, che torna a menare ceffoni a una delle guance da tempro preferite, quelle di Francesco Rutelli, che fu suo capogruppo alla Camera: "Non capisce proprio cos'e' l'urbanistica. Pensa si tratti di mettere una piazzetta di qua o di la' ... Eppure ha studiato per tre anni architettura! Niente".
D. Ce l'ha proprio, col suo ex-amico.
R. "La rottura tra me e Rutelli ha avuto come alibi largo Bottai. L'alibi perche' io dichiarassi "sei un imbecille". Perche' aver l'idea di dedicare una piazza a uno che applico' le leggi razziali, espellendo i bambini ebrei dalle scuole, tre giorni prima che venissero pubblicate sulla Gazzetta ufficiale e per di piu' rovino' Roma creando l'Eur, e' da imbecilli. Ma anche senza questo alibi..."
D. La rottura c'era gia' stata.
R. "Si. Gli ho scritto anche ieri mattina, dopo avergli sentito fare quei discorsi sul sottopasso di Castel Sant'Angelo. Per carita'. Il fatto e' che non e' intelligente. Ottimo organizzatore. Pero'..."
D. Lei e' contrario a tutti i lavori o...
R. "Io non sono contrario proprio a niente. Meglio: sono contrario a tutti i lavori che non sono programmati e pianificati in un'immagine globale del futuro della citta'. Sono contrario ai lavori studiati per mettere una pezza ai problemi dell'Anno Santo".
D. E di Di Pietro cosa pensa?
R. "Bravissimo. Perfettissimo. A dirla tutta: nun me ne frega niente. Sa chi va elogiato, piuttosto? Il Vicariato di Roma, che ha fatto un concorso internazionale di architettura per una "Chiesa del Duemila" invitando sei architetti: un tedesco, uno spagnolo, un giapponese e tre americani. Tutti e tre ebrei. E nella commissione ha messo me. Un altro ebreo".
D. Tornando al partito radicale e a Pannella...
R. "Io ho rotto con Pannella quando si e' messo con Berlusconi. Mai fatto parte del Club Pannella, io. Mai votato. Una volta che arrivo' Berlusconi, parlo di cinque o sei anni fa, mi alzai e me ne andai. Mai piaciuto, quello li'".
D. Perche'?
R. "Perche' perche'... Ci sono persone che mi danno sui nervi. Bossi non mi da' sui nervi. Berlusconi si. Come non mi piace Fini. Non mi piacciono i fascisti. Neanche quelli pulitini. Piuttosto preferisco quelli sporchi. Io sono un anticomunista gastrico da quando i comunisti in Spagna ammazzavano gli anarchici come Berneri. Ma a destra non ci andro' mai. Come non doveva andarci lui. E cosi' non doveva puntare sullo slogan "liberale, liberista, libertario"".
D. Lei non e' liberale?
R. "Si. Ma non sono mai stato liberista. E neanche il partito radicale. E' il Club Pannella che e' liberista, difatti non ci sono mai entrato. Anche se resto sempre un amico personale di Marco. E se soffro nel vedere che cosa ha combinato la cecita', l'imbecillita', la coerente idiozia di quelli di sinistra".
D. Da quanto tempo siete amici?
R. "Amici? Momento. C'e' un rapporto di affetto e di assoluta insopportabilita'. A me lui non mi e' mai stato simpatico. Questione di pelle".
D. Avevo capito...
R. "Ma scusi: e' un liberale! Io sono sempre stato un liberalsocialista. Lui stava con Carandini, io con Rosselli. Tutta un'altra faccenda".
D. Con gli anni pero' gli si e' affezionato.
R. "No. Mi sono affezionato al suo continuo scavalcare gli ostacoli facendo finta di ignorarli. Ma ci ho litigato sempre. Anche in quei mesi in cui sono stato presidente del partito. Ricordo una volta all'Ergife, feci un discorso di totale rottura e lui s'alzo e che disse?".
D. Che disse?
R. "Disse, con grande intelligenza: "Cari compagni, Zevi non e' radicale e non lo sara' mai. Il suo posto non e' di presidente del partito ma di presidente onorario". Lo sono ancora. Presidente di un partito completamente pazzo. Un partito che sfida il buonsenso. Sono orgoglioso di aver appartenuto a due soli partiti, il partito d'Azione e quello radicale, morti perche' erano gli unici a voler vivere e non sopravvivere".
D. Lo da' proprio per morto, il Pr?
R. "Beh... Lo diamo per vivo? Pannella ne ha fatto strame".
Vuol dire che l'ha creato e distrutto?
"Ma certo. E lo ha usato ultimamente nel modo peggiore. I Club Pannella si sono presi la sede radicale, si sono presi si quattrini... Ma non m'interessa. Gli ho detto: fate pure, basta che non mi tiriate in mezzo. Fatto e' che ci siamo persi un partito che rappresentava l'ambizione del postfascismo".
D. Ho capito: si stente l'amante tradito.
R. "No. Io non l'ho amato affatto, il Pr. E non sono deluso. Sono fiero di aver fatto parte di un partito che con le battaglie sul divorzio e sull'aborto, accidenti ha cambiato faccia all'Italia. Gente straordinaria. Anticonformista. Coraggiosa. Come Marco".
D. Che cosa non sopporta di lui?
R. "Il suo straripante bisogno di recitare. E la sua incapacita' assoluta di controllare la logorrea. Tu gli dici: "parla meno". E lui che fa? ti risponde parlando per due ore".