Riportiamo la trascrizione del colloquio radiofonico di Paolo Pietrosanti con Carla Rocchi, Sottosegretaria alla Pubblica Istruzione del Governo italiano. E' andato in onda nei giorni scorsi da Radio Radicale. Carla Rocchi è Senatrice Verde, ed è firmataria dell'Appello internazionale che chiede al Segretario Generale ONU di ricevere il Dalai Lama, nonché sostenitrice della candidatura di Wei a Premio Nobel per la Pace 1997.
Paolo Pietrosanti: -Buonasera da Radio Radicale, qui è Paolo Pietrosanti. Continuiamo questa serie di trasmissioni che accompagnano la campagna sulle varie iniziative che il Partito Radicale transnazionale sta conducendo in decine di paesi, in particolare quelle che consistono nella raccolta di firme e adesioni in calce all'appello affinché il segretario generale delle nazioni Unite Boutros Ghali riceva il Dalai Lama, e affinché tante e prestigiose siano le personalità che sostengano la candidatura di Wei Jing Sheng, il più prestigioso dissidente cinese a premio Nobel per la pace 1997. E abbiamo davvero l'onore e il piacere di essere collegati con Carla Rocchi, Carla Rocchi è una senatrice ed è, per quanto riguarda l'Italia, il primo membro di governo che abbia aderito a queste iniziative, che abbia aggiunto il suo nome, quindi il suo prestigio a questi appelli, in calce ai quali stanno giungendo adesioni dalle forze politiche, ripetiamo, in decine di paesi, ma un po' appartenenti a tutto lo spettro parlame
ntare. Ecco, ho voluto dir questo, senatrice, perché Carla Rocchi è sottosegretaria alla pubblica istruzione, quindi il primo membro di governo, speriamo che a lei se ne aggiungano anche altri.
Carla Rocchi: - E io ne sono sicura, perché questo tipo di iniziativa, questa battaglia ha un tale valore oggettivo, una tale valenza propria che non vedo come ci si potrà o ci si potrebbe esentare. E' un qualcosa che secondo me deve impegnare le coscenze di tutti quelli che ritengono di riconoscersi in una cosa di questo genere che vale in sé in assoluto e quindi sono certa che la mia firma sarà solo una delle tantissime che verranno su questa battaglia.
P.P: - Senatrice, la questione tibetana sta diventando abbastanza popolare almeno in occidente. Quanto questo può aiutare anche sul piano politico la questione della causa tibetana?
C.R.: - Secondo me molto. Perché la questione tibetana è davvero esplosa negli ultimi anni. Io ricordo che quando con la carissima amica e collega Anna Maria Procacci, anche lei un'amica di questa causa, soltanto quattro anni fa ci facevamo promotrici di iniziative per il Tibet ed eravamo entrambe socie dell'Associazione Italia- Tibet, i colleghi parlamentari ci venivano dietro quando chiedevamo loro un'adesione, quando chiedevamo una firma, ma forse agli inizi più per simpatia personale, per la credibilità che potevamo avere qui in Senato, dove eravamo insieme, non per una conoscenza profonda del problema. Oggi invece tutto questo è venuto alla luce per varie ragioni. Anche perché, come sempre accade sulle questioni c'è un momento in cui l'incubazione, la preparazione finisce, e la cosa sboccia, esplode in sé. E si capiscono le tante buone ragioni di questa popolazione, si capisce quale sia stata la morsa strettissima che l'ha tenuta in assedio fisico, politico, spirituale; l'ha tenuta in deprivazione dei
diritti civili e in qualche maniera ha voluto fare di questa idea e di questa nazione un qualcosa che doveva scomparire. E come sempre succede quando le cose vengono premute così forte, viene fuori una reazione uguale e contraria, come nella dinamica. E quindi adesso il mondo guarda alla questione tibetana come ad una delle grandi questioni politiche e sociali e morali dell'umanità. La parte più avveduta del mondo non è disposta ad assistere in maniera impotente a quella che è una delle tragedie del nostro tempo. Si sanno più notizie e si prendono più iniziative.
P.P.: - Senta, senatrice, lei è anche antropologa.
C.R.: - Sì, è il mio mestiere.
P.P.: - Quindi, ed è una parentesi rispetto a questa conversazione, ma come vede questa popolarità che ha anche il buddismo tibetano che si sta molto molto allargando..
C.R.: - Lo vedo molto bene. Perché se io dovessi decidere di mutare la mia coscenza laica, e farle avere un coté di riferimento quella è l'unica direzione in cui mi sentirei di andare, per le profondissime ragioni del buddismo tibetano, per la modernità di questa idea, però per il suo profondo radicamento nella tradizione, il rispetto per la vita, il rispetto per i viventi, l'idea modernissima di vedere l'uomo non come dominatore ma come parte di un'universo onnicomprensivo; e tutto questo risponde profondissimamente a delle esigenze che sono oggi molto diffuse anche se qualche volta inconsapevoli. Il momento della sopraffazione, il momento dell'uomo al vertice di una piramide surrettizia, a cui tutto il resto del mondo si deve adeguare; quest'uomo che può dominare; quest'uomo che può usare per sé e per la sua stirpe un lessico aggressivo; tutto questo ormai non è più nei tempi. E quindi da questo deriva la ricerca molto tesa e molto piena di speranza delle possibilità più attente verso una risposta spiritua
le che dia conto di un'immagine di pace, di un'immagine di armonia, di un'immagine nonviolenta e non aggressiva.
P.P.: - E la popolarità crescente del buddismo, o quantomeno la diffusione crescente di questo tipo di buddismo, anche molto nonviolento, incarnato, rappresentato dal Dalai Lama, secondo lei viene in occidente soltanto da questi fattori o vi è un problema in occidente?
C.R.: - C'è un problema di vuoto. Nel senso che, oggi è difficile per le coscenze trovare il punto di riferimento ulteriore rispetto a quello laico. C'è chi se ne contenta. Io, per esempio, sono profondamente laica, quindi risolvo in questo laicismo gli interrogativi della mia coscenza. Ma non è detto che ciò valga per tutti, e le risposte religiose tradizionali, della nostra tradizione religiosa si rivelano inadeguate. Lo sono, lo sono perché sentono il peso di una contestualizzazione di duemila anni fa, che oggi impatta contro delle verità assolute che sono sotto gli occhi di chi sa vedere. Mi spiego con un esempio. Oggi l'umanità si trova difronte ad un ambiente devastato e aggredito che diventa una minaccia per l'uomo, in qualche modo. E tuttavia la piramide gerarchica dei valori continua a vedere l'uomo in cima e tutto il resto accalcato sotto di lui e dopo di lui. Addirittura nella valutazione degli umani, anche se non sotto il profilo religioso, tuttavia esiste una valutazione diseguale delle persone.
Parlo del razzismo, parlo di tutto quello che attiene a questo campo. Uno schema, anche religioso che non metta in discussione tutto questo alla radice, non è più accettabile , non è più soddisfacente, cioè non soddisfa i bisogni collettivi e individuali, mentre invece il budddismo tibetano di cui parlavamo prima, e cioè quello pacifista, quello che noi conosciamo, è una risposta naturale, automatica, culturale e naturale, comunque automatica, a bisogni che sono prevalenti in questo periodo. Oggi noi non abbiamo più da affermare soltanto il diritto degli uomini ad essere uguali. Questo è un concetto che è passato, anche se la prassi non è passata. Oggi esiste da affermare il concetto del vivere in un contenitore unico che è il nostro mondo e del vivere nel rispetto di ciascuno di noi e di ciascun nostro prossimo , ma non solo, di tutto quello che avendo vita ci circonda. Io banalizzo, naturalmente contenuti che sono molto più profondi e molto più vasti e però il grande successo del buddismo, secondo me non
è una moda, non è una situazione effimera, è la risposta di questa proposta qui ad esigenze che ormai sono sempre più vaste e sempre più allargate. Io prevedo ed auspico una grandissima diffusione di questo modo di intendere se stessi nel mondo.
P.P.: - Senatrice, secondo lei le risposte e la politica dell'occidente rispetto a quanto sta accadendo in Tibet, e diciamo un po' in tutto il pianeta Cina, è adeguata? perché noi ci troviamo difronte ad episodi piuttosto gravi di connivenza.
C.R.: - Totalmente inadeguata. Il Tibet è aggredito come nazione, è aggredito fisicamente, e quando riesce ad avere un attimo di tregua, riesce ad averlo soltanto perché la situazione internazionale si muove in un contesto dichiaratamente e conclamatamente insostenibile. Voglio dire: che nei confronti del Tibet ci si muove e si reagisce soltanto quando l'emergenza diventa così drammatica da non consentire una non risposta. Però nella quotidianità di quelle persone la sopraffazione è la costante. E non solo per quanto riguarda la persona fisica, i diritti della persona fisica, ma anche per il disprezzo con cui quel territorio viene usato e abusato. E' uno dei posti più belli del mondo, incontaminati, in armonia con quelli che sono i valori religiosi di quell'area. Si è fatto sfregio e spregio, pattumiere, si sono accumulate discariche in quel territorio. Una ferita dopo l'altra a quella gente , a quella filosofia, a quella religione, a quella libertà a quella fierezza che è del popolo tibetano. La comunità
internazionale, come al solito, si muove sempre alla misura degli interessi prevalenti. E quindi nel momento in cui non ci si scontra con il gigante cinese si tollera che avvenga in Tibet tutto quello che è possibile fino a che la misura non è colma, allora si fa qualche colpetto di tosse, non più di tanto.
P.P.: Una delle ragioni, o proprio la ragione vera per cui si è costituito questo Partito Radicale transnazionale è quella per cui nel mondo di oggi di fronte alla globalizzazione dell'economia, così come dell'informazione, di tante attività umane l'attività della politica, cioè del governo delle cose umane, e non solo umane, è rimasta invece indietro. Non è affatto globale, o lo è soltanto con dei simulacri giuridici di governo o di istituzioni. Noi riteniamo che il problema sia questo, cioè quello della creazione, del rafforzamento, intanto, ma con una sterzata netta, delle istituzioni internazionali, in termini di capacità di cogenza. Che ne pensa. che cosa si può fare?
C.R.: - Io penso che l'idea sia naturalmente un'idea forte. Non sarei così ottimista sugli esiti. Perché se realmente noi arrivassimo, si potesse arrivare ad un governo internazionale delle urgenze delle priorità concrete e spirituali, culturali, noi avremmo raggiunto quella che è un'utopia e cioé la consapevolezza da parte dei governi internazionali, e quindi di una sorta di intesa internazionale delle priorità dell'agire politico. Questo è lontano , lo dico con molto rammarico, ma è lontano anni luce dall'essere vero. Che uno debba perseguirlo è, naturalmente, non solo legittimo, ma obbligatorio. Però io non credo onestamente, e mi dispiace, che vedremo l'alba di un giorno in cui un problema come quello del Tibet sarà assunto per il convincimento che si tratti di una causa giusta. Viene assunto quando la pressione internazionale diventa troppo forte per mancare la risposta. In altre parole, se il progetto uomo, se il progetto cultura è qualcosa che si dovrà inverare al mondo, probabilmente quella del gover
no internazionale delle cose politiche è un'ottima strada. Però da questo a vederlo molto vicino, lo dico con rammarico, io che sono un'ottimista sfrenata, non lo vedo così dietro l'angolo. questo non toglie che debba essere perseguito, naturalmente.
P.P: - Senta, mi posso permettere di chiederle un consiglio a questa cosa che è il Partito Radicale transnazionale?
C.R.: - Un consiglio?
P.P.: - Sì.
C.R.: - Diciamo di azione complessiva?
P.P.: - Sì, a partire dal Tibet, ma in generale, nel complesso, quindi con queste iniziative sul Tibet, sulla Cina, sul Tribunale internazionale permanente, dopo quello sulla ex- Jugoslavia che abbiamo contribuito a creare. Ecco, lei giustamente dice, realisticamente, i tempi sono lontani. In questo quadro che cosa dovremmo fare?
C.R. - Ma secondo me si possono dividere due realtà in questo che lei mi chiede. Da una parte le azioni specifiche che hanno portato frutti, per esempio questo del tribunale internazionale
è una cosa che porta frutti concreti, proprio perché è specifica e perché esce dall'utopia, che però peraltro deve governare tutto l'insieme, altrimenti non si giustifica l'azione specifica. Comunque qui si esce dall'utopia del mondo governato collettivamente in nome di principi e si affrontano uno per uno i problemi, che pure tra loro sono legati. Secondo me il limite di questa azione, se io mi posso permettere una critica sta nel fatto di ritenere che i consessi che vengono dai diversi paesi, da parti politiche dei diversi paesi valgano indipendentemente dal peso politico di chi aderisce. Mi spiego ancora meglio. Se ad un progetto di questo tipo aderiscono persone, magari di ottima volontà, di buona volontà, ma di ininfluenza all'interno dei loro rispettivi contenitori, si rafforza la comunicazione, ma non si rafforza il peso dell'incidere politico. Il vero salto di qualità sarebbe quello di avere su questo progetto delle realtà personali e politiche e di governo di peso maggiore. Questo è l'uovo di Colomb
o, se questo fosse saremmo in fondo al cammino. Quindi evidentemente intorno a quest'idea, per adesso, ancora sono piuttosto discontinui i pesi di chi aderisce. Ecco, questa è una valutazione più che un consiglio. Che cosa fare per far avere maggior peso a tutto questo francamente io non lo so. Se lo sapessi contribuirei in qualche modo a renderlo realizzato.
P.P.: - Questa me la strappa proprio dalla lingua questa frase, senatrice. Lei è un membro di governo. Quindi è comunque una personalità che, appunto anche per il suo ruolo,
oltre che per le sue qualità personali individuali, potrebbe dare e sicuramente può dare un grosso contributo...
C.R.: - Ma guardi ...io la interrompo ringraziandola di queste sue espressioni carine. Io le posso dire una cosa: io sulle battaglie specifiche di questo tipo ci sono sempre, ci sono sempre stata e ci continuo ad essere. Non sono sulla battaglia complessiva, perché ne vedo i limiti che ho appena detto. Naturalmente, io non critico mai, non è proprio nel mio costume, però io penso che l'esistenza di ciascuno di noi debba modularsi anche nel puntare all'ottenimento di piccoli risultati. La somma dei piccoli risultati farà il grande risultato. Ecco io sono su qualunque battaglia specifica, quella contro la pena di morte, quella contro la morte per fame, ...ecco io su cose di questo tipo ci sono in assoluto. Quello a cui mi riterrei inadeguata è la progettazione complessiva, o per lo meno il contribuire all'attuazione di un progetto che nelle sue fasi iniziali, o intermedie, preveda contatti, colloqui, convegni, incontri, di cui a me sfugge la possibilità di vedere il risultato immediato. Allora diciamo un'altra
cosa, che forse è un mio limite, questo. Però io spendo la mia vita per vedere il risultato sotto i miei occhi in tempi della cronaca e non in tempi storici, e quindi faccio delle scelte per cui nell'arco di una giornata magari mi dedico ad un problema che può sembrare minore però io so che tra due anni quel problema sarà risolto. Ecco diciamo che forse io patisco questo. Non ho la statura di impegnarmi in una cosa che ragionevolmente non vedrò realizzata. O forse mi piace avere una cosa più piccola ma pensare che la potrò vedere fatta con i tempi della cronaca.
P.P.: - Però su alcune cose, che evocavamo prima, il Tribunale sulla ex-Jugoslavia è diventato un fatto e potrebbe essere tra non molto un fatto anche la prima Corte mondiale con forza cogente che potrebbe essere la corte penale internazionale permanente, sancita, creata, dalle Nazioni Unite.
Senta... un'ultima cosa. Come vede la preponderanza, in qualche modo gliel'ho chiesto già prima, ma la preponderanza oggi della Cina sullo scenario planetario, tanto che riesce a bloccare un sacco di cose, tanto che riesce a condizionare un sacco di governi, anche governi di paesi molto forti e molto potenti anche economicamente, come la Germania o la Francia.
C.R.: - La vedo con preoccupazione. Perché la Cina ha questa forza perché oggi rappresenta il bacino potenziale di consumatori più grosso del mondo. E quindi la sua forza deriva da una possibilità di consumo che non è mai un grande parametro. Oggi nessuno vuole litigare con la Cina perché in Cina si fanno i grandi affari, perché in Cina si introducono gli scambi commerciali più ampi, e perché la Cina rappresenta comunque un enorme tubo digerente di prodotti occidentali e quindi l'economia occidentale tutto vuole fare al mondo tranne che bisticciare con la Cina. Questa è la mia preoccupazione. Perché ancora una volta noi vediamo che sullo scenario dei rapporti internazionali pesano queste ragioni, le ragioni del denaro, le ragioni dell'intrapresa economica fine a se stessa e i valori che sono sempre conclamati, ma quasi mai poi perseguiti, in questa partita hanno da fare poco o niente. Quindi la preoccupazione è grossa perché l'interlocutore è un interlocutore da oltre un miliardo di consumatori. Una cosa ch
e nessuna potenza economica al mondo sogna di volere o potere trascurare. Per questo è un'interlocutore forte e al dilà della cortesia formale è durissimo, qualche volta arrogante, e quindi un osso duro da rosicare.
P.P.: - E i governi dei paesi democratici, che possono fare? Magari insieme, magari come Unione Europea.
C.R.: - Io non so francamente cosa l'Unione Europea penserà di poter fare come grande iniziativa nei confronti della Cina. Non so nemmeno se esista una linea europea perseguibile a breve nei confronti della Cina.
P.P.: - Forse il problema è questo.
C.R.: - Ecco, perché è questo il punto. Perché, al solito: il proclama esiste, la dichiarazione formale può esistere, un documento, una risoluzione può esser fatta, poi quando le imprese nazionali fanno presente al loro governo che la bilancia dei pagamenti si aggiusta o si sfascia anche in dipendenza del volume d'affari che si conclude con la Cina, questo significa usare un argomento che mette in ginocchio i governi nazionali. Li mette in ginocchio.Perché a una cosa noi dobbiamo fare attenzione: che il dato economico quando va in rotta di collisione con il dato etico magari in maniera sotterranea, oggi da l'idea di prevalere. Non è che io veda grandissimi segnali nell'altra direzione. Ecco questo è un momento di pessimismo che però mi sembra non eccessivo. Ma è così.
P.P.: - Sì ma anche utile. Sempre nella pianificazione dell'azione politica, il realismo è un buon consigliere.
Senatrice, la ringraziamo davvero molto,
C.R.:- Io ringrazio voi moltissimo.
P.P: - Tanti auguri anche per il suo impegno governativo.
C.R.:- Grazie a voi per le grandi cose che fate. Davvero grazie.