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Partito Radicale Roma - 22 luglio 1996
Una lingua per tutti

L'inglese sta conquistando l'Asia, e non solo a causa dell'eredità coloniale e dell'invasione dei mass media americani. E' diventato lo strumento per comunicare all'interno del continente e con il resto del mondo.

WILLIAM MCGURN

Far Eastern Economic Rewiew, Hong Kong

ARRANCANDO SUI DUECENTO gradini che portano alla cima del Monte di marmo, a Danang, quattro turisti americani vengono circondati da un gruppo di adolescenti vietnamite. tutte si affannano a dichiarare che saranno costrette a lasciare la scuola e a cercarsi un lavoro se i quattro non compreranno qualcuna delle statuine di marmo scolpite a mano dai loro padri.

Più della parlantina, quello che stupisce è il linguaggio: un inglese fluente, punteggiato qui e là dal verso di una canzone di Michael Jackson o da una domanda sul presidente Clinton. Una combinazione vincente tra Los Angeles ("Il turista ha sempre ragione") e la Wharton Business School ("Compri due e paghi uno e mezzo!"). Mentre sta per pagare, uno degli americani chiede a una delle ragazze come ha fatto a imparare così bene l'inglese. " Troppa televisione". è la risposta. Ai tempi in cui Danang era la base americana Più grande del Vietnam, I'inglese fluente parlato dai locali non avrebbe stupito nessuno. Ma i soldati statunitensi sono scomparsi ormai da una generazione e adesso non c'è alcuna presenza militare tale da spingere le piccole venditrici di Danang a parlare inglese. A spingerle oggi è la logica dell'economia. Ia stessa che induce decine di milioni di loro connazionali a tentare di padroneggiare questa lingua.

L'inglese è la seconda lingua più parlata in Asia. E' la lingua delle riunioni della Cooperazione economica dell'Asia-

Pacifico (Apec) e dell'Associazione dei paesi del Sudest asiatico (Asean), delle dogane e delle carte d'ingresso, dei controllori del traffico aereo e degli accordi marittimi, dei contratti internazionali e delle riviste tecniche. E' la lingua del futuro. delle opportunità, dei soldi.

"Nelle Filippine, chi parla solo tagalog non può che essere un conducente di autobus", sostiene Maximilo Soliven, editore e presidente del consiglio di amministrazione di Philippine Star. uno tra i principali quotidiani in lingua inglese. ' Invece dietro chi parla inglese si può nascondere un capo".

Mentre gli asiatici approfittano delle opportunità offerte dal boom delle economie della regione, l'uso dell'inglese si sta diffondendo allo stesso, frenetico ritmo. Da una indagine con-

dotta di recente dalla Dow Jones Asia Dialogues (una joint venture tra la Far Eastern Economic Review, The Asian Wall Street Journal e Asia Business News) è emerso che il 93 per cento degli intervistati - tutti importanti dirigenti locali - ritiene che l'inglese conserverà in Asia il ruolo di lingua degli affari.

"L'inglese non e più una lingua coloniale", spiega Gordon Wu. amministratore delegato della Hopewell Holdings che ha sede a Hong Kong. "E' la lingua che qui in Asia usiamo per comunicare tra noi e con il mondo intero".

In Asia, e nel resto del mondo, I'inglese deve la sua diffusione soprattutto a

due fattori: l'eredità dell'impero britannico e la schiacciante prevalenza dei mass media americani. Due fattori che esercitano una profonda influenza e sono a loro volta alimentati da un terzo fattore decisivo: il commercio. Negli ultimi trent'anni, il boom asiatico è stato costruito su economie orientate all'esportazione e proiettate all'esterno. Il che si è, naturalmente, tradotto in una ulteriore spinta a imparare l'inglese.

E considerato che l'Asia incide per una fetta sempre più consistente sul commercio internazionale - di cui una buona parte è ormai tra gli stessi paesi asiatici - l'inglese si è imposto come elemento unificante tra popolazioni totalmente diverse. E grazie all'inglese, infatti, che l'operaio di una fabbrica tailandese comunica col dirigente giapponese, l'esportatore di Taiwan con il cliente della Corea del Sud, il cinese di Hong Kong con la cameriera filippina e l'indiano di Singapore con il malese di Singapore.

Una conoscenza basilare

"Quando si tratta di commercio marittimo non si può fare a meno dell'inglese e d'altra parte questo tipo di conoscenza è basilare per chi voglia lavorare nel settore degli scambi commerciali", spiega Mark Simon, vicepresidente della Madrigal-Wan Hai Lines, una società a capitale misto filippino-taiwanese.

"E' probabile che l'importanza dell'inglese aumenti con l'aumentare del volume di scambi, considerato che gli operatori economici avranno contatti sempre più frequenti con persone che vivono in altri paesi", prosegue Simon. "Non c'è cosa più deprimente che andare a una fiera commerciale e vedere qualcuno che ha un prodotto valido da proporre e che non è in grado di andare oltre le formule di saluto rituali".

Ma i vantaggi dell'uso dell'inglese non riguardano solo i dirigenti. Nelle Filippine, ad esempio, malgrado la recente

campagna di ridimensionamento voluta dal governo Aquino, i lavoratori che parlano inglese e cercano lavoro all'estero sono indubbiamente avvantaggiati rispetto ai lavoratori di paesi non anglofoni. Ciò spiega, per esempio, perché circa 150mila filippini lavorano a bordo di mercantili internazionali.

"Siamo cosi tanti che se mi capita di sostare in un qualsiasi aeroporto del mondo sono sicuro d'imbattermi in qualche membro del mio equipaggio che torna da un viaggio o sta per imbarcarsi", dichiara Roger Dio, presidente della Pacific Asia Overseas Shipping. "Il nostro è un vantaggio immenso rispetto ai concorrenti cinesi e indonesiani".

Questo uso dell'inglese ha molti paralleli con il latino. In Europa, anche quando i nativi di lingua latina erano ormai un lontano ricordo, la classe colta continuava a parlare e leggere il -latino. Si pensi che ancora nel 1689 il primo vero trattato che la Cina firmò con un altro paese era scritto in latino.

Il paragone con il latino e particolarmente calzante in Asia, perché se l'inglese avrà un futuro al di fuori dell'America e della Gran Bretagna esso non consisterà nel sostituirsi alle lingue locali ma nell'integrarle. Secondo The Cambridge Enciclopedia of the English language, vale a dire la massima autorità in materia solo 377 milioni di persone parlano inglese come prima lingua e la parte del leone (~40 milioni) la fa naturalmente il Nordamerica. Ciò significa che in termini di popolazione mondiale siamo di fronte a una percentuale di appena il 6 per cento.

Le cifre cambiano invece considerevolmente quando si considerano quelli che parlano inglese come seconda lingua. Secondo la fonte gia citata, le persone che con ogni probabilità hanno a che fare con l'inglese nella vita di ogni giorno sono un miliardo e 800 milioni - cioè un terzo della popolazione mondiale. Il British Council, un organismo finanziato nota questa lingua la rende economicamente impraticabile come lingua unificante, soprattutto nel Sudest asiatico. E ciò perché, in netto contrasto con il passato, gli asiatici che oggi imparano l'inglese lo fanno non per comunicare con americani e inglesi ma per parlare tra loro.

'Il cinese o il filippino di Hong Kong che studia inglese non si pone il problema di optare per l'inglese di Oxford piuttosto che per l'americano", spiega Roger Bowers, vicedirettore generale del British Council. "Quello della lingua è un libero mercato in cui l'inglese tout court ha attualmente la quotazione massima".

Una realtà, questa, particolarmente evidente nei settori della scienza e della tecnica. Lo scorso anno, nel discorso inaugurale per il lancio delle duemila iniziative messe a punto dal British Council, il Principe di Galles sottolineava come l'inglese incidesse per i tre quarti della corrispondenza scritta e i quattro quinti di tutte le informazioni elettroniche. Il British Council sottolineava anche che i due terzi degli scienziati del mondo leggono in inglese.

E non si tratta, come potrebbe sembrare, di una crociata imperialista, perché ciò che distingue l'inglese dai possibili rivali e il fatto di aver già attraversato i confini nazionali. E se è impossibile pensare al francese senza ricordare i tentativi con cui Parigi cerca di esercitare un controllo consapevole sul suo uso, l'idea che gli Stati Uniti o la Gran Bretagna tentino di fare altrettanto con l'inglese sarebbe del tutto assurda. Tanto è vero che l'inglese parlato dagli asiatici è in realta una lingua.

Le degenerazioni della madrelingua

"Oggi sono sempre meno le persone che pensano all'inglese in termini di Gran Bretagna o di America", conferma Wang Gunwu, ex vicerettore dell'Università di Certo, I'Asia ha un vivaio sempre più ricco di dialetti che secondo alcuni potrebbero, alla fine, minacciare il ruolo dell'inglese come lingua comune. In Asia da anni prosperano forme del tutto distinte - si pensi al "giaplese", al "cinglese" e al "singlese" - che si basano su un gergo e su costruzioni particolari: dalla prosa raffinata dei romanzieri indiani alla rozzezza della stampa australiana fino ai goffi manuali d'istruzione dell'elettronica giapponese e allo scilinguagnolo da imbonitore del singlese di Singapore.

Controllare l'evoluzione delle degenerazioni della madrelingua è ovviamente impossibile. Ma gli educatori sperano di poter stabilire standard internazionali in settori chiave, come quelli della contabilità, del controllo del traffico aereo e del lavroro di ufficio.

Mentre oggi in Asia vanno affermandosi forme dialettali derivate dall'inglese, ancora quarant'anni fa sembrava che l'ondata indipendentista avrebbe cancellato del tutto questa lingua dalla regione. Nei tumultuosi anni Cinquanta, l'inglese era stato spesso visto come un simbolo del colonialismo. E Nuova Delhi, all'indomani dell'indipendenza, aveva cercato di restituire dignità all'hindi a spese dell'inglese, con il risultato di scatenare le proteste di coloro che non parlavano hindi. In Malesia, il bahasa Malaysia divenne lingua nazionale per decreto, mentre dieci anni fa Cory Aquino, all'epoca presidente delle Filippine, dichiarava il tagalog lingua ufficiale. Oggi, invece, assistiamo a una modifica delle posizioni assunte a suo tempo, resa necessaria dalle esigenze dell'economia mondiale.

Una lingua franca

I risultati sono evidenti. Con il presidente Fidel Ramos, I'inglese ha riconquistato il primato perduto nelle Filippine, ma anche Hong Kong, Singapore e l'Indonesia si muovono in direzione di una maggiore apertura. Quanto al Giappone, dovrà raddoppiare i suoi sforzi sul fronte dell'inglese, tanto più in considerazione del suo volume di esportazione e dei frequenti viaggi all'estero dei suoi dirigenti.

In Malesia un recente progetto di legge per la riforma della scuola, pur continuando a considerare il bahasa Malaysia come lingua ufficiale, apre la porta a un uso maggiore dell'inglese, soprattutto per quanto riguarda materie come la scienza e la tecnologia. "Che ci piaccia o meno", spiega il primo ministro Mahathir Mohamad, "l'inglese è la lingua la cui comprensione è più diffusa".

La diffusione dell'inglese, tuttavia, non è legata esclusivamente alla necessità di comunicare con il mondo esterno. In paesi multietnici come Singapore e l'lndia, l'inglese è considerato infatti una lingua neutrale, soprattutto dopo la decolonizzazione. Il che spiega perche paesi come il Giappone e la Corea, che non hanno forti minoranze al loro interno, siano meno sensibili a questa esigenza.

Attribuire a un dialetto dignità di lingua nazionale è spesso fonte di polemiche, anche in assenza di questioni etniche. Nelle Filippine, ad esempio, i cebuani contestano l'imposizione del tagalog per la buona ragione che, rappresentando essi il 40 per cento della popolazione, la loro lingua è piu diffusa di quella ufficiale. Kim SukJo, consulente legale di un'importante società sudcoreana, la Daewoo, aspetta il momento in cui i coreani di entrambe le aree smilitarizzate negozieranno in inglese. "E'chiaro che per la stesura di contratti commerciali e più semplice ricorrere alla terminologia legale coreana", afferma Kim. "Può darsi, però, che la nostra terminologia legale sia per i coreani del nord politicamente meno accettabile dell'inglese'.

Ironia vuole, però, che il Vietnam sia il solo paese asiatico membro della Francophonie, una libera associazione che conta 47 paesi in cui si parla francese. La Francia, tra l'altro, dopo l'apertura economica del Vietnam ha cercato di far leva sulla sua eredità finanziando lo studio del francese. E, proprio a questo scopo, Francophonie terrà il suo settimo vertice ad Hanoi alla fine del 1997.

L'investimento previsto è di circa 15 milioni di dollari, parte dei quali destinata alla costruzione di un nuovo centro congressi. In cambio, 1.500 vietnamiti seguiranno corsi di francese. Ma, purtroppo per il francese, Francophonie non sarà solo la prima conferenza francese tenuta nel nuovo centro: probabilmente sarà anche l'ultima. L'anno successivo, infatti, il centro ospiterà un evento a cui i vietnamiti tengono in modo particolare: un vertice dell'Associazione dei paesi del Sudest asiatico. "E' probabile che i vietnamiti guardino al francese come a un antipasto appetitoso", spiega un dirigente. "Quando si tratta però del piatto forte, non sono diversi dagli altri asiatici: è l'inglese che vogliono".

 
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