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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Roma - 10 settembre 1996
RADIO RADICALE- Galli Della Loggia

Trasmissioni sulle iniziative del PR, Lunedì ore 22,30 e Venerdì ore 20,30.

Lunedì 9 settembre ore 22,30. Gran parte della trasmissione in diretta è stata dedicata ad un colloquio con Ernesto Galli Della Loggia.

In studio Paolo Pietrosanti e Marina Sisani.

Trascrizione non rivista

P.P.: Siamo molto contenti di avere in linea Ernesto Galli della Loggia, sia perché è Ernesto Galli Della Loggia, sia per quello che ha scritto questa mattina sul Corriere della sera. Siamo stati davvero allietati dal leggere un tale articolo. E quindi una tale presa di posizione da parte di un prestigiosissimo commentatore politico. La prima cosa che vorrei dirti, quindi chiederti, è che il merito è davvero condivisibile da parte nostra. Naturalmente condivisibile. Quel che davvero ci rende felici è il fatto che sia uscita una opinione, una presa di posizione di questo genere sulla prima pagina di un giornale così importante dell'occidente.

EGDL: Sì, al tempo stesso da parte mia vorrei pagare un omaggio al Partito Radicale. In questo senso. Cioè riconoscere che se, anche dentro di me, è rimasta vicina in tutti questi anni il ricordo bruciante di...per esempio appunto...tipo adesso all'inizio del collegamento che parlavate del Tibet, ...del problema del Tibet, quello che il governo cinese sta facendo da anni in Tibet, si deve moltissimo al Partito Radicale, che non ha perso un'occasione per agitare questo tema, difronte al quale invece la coscienza di tanta parte dell'opinione pubblica occidentale e soprattutto dei governi è assolutamente addormentata. E anche appunto per quello che mi riguarda penso che devo qualcosa a questa campagna di agitazione così continua e martellante e intelligente che voi avete fatto in questi anni. Disgraziatamente gli effetti sono ancora molto limitati, mi sembra. Questi giorni si festeggia, si celebra, non so come bisogna dire, un anniversario della morte di Mao tse Tung, non mi ricordo più quanti sono...

M.S.: il ventennale della morte.

EGDL:. ..e appunto tra le tante cose che si leggono sulla stampa di sinistra che si considera in qualche modo anche storicamente più vicina a quell'esperienza, non mi pare che capiti mai di veder ricordato che Mao Tse Tung è stato l'iniziatore di una politica nei confronti di questo piccolo paese asiatico (il Tibet) che in pratica ha corrisposto ad un virtuale genocidio del popolo tibetano oltre ad essere stato il responsabile di molte altre cose sanguinarie nei confronti del popolo cinese. Ecco, appunto, mi sembra un piccolo esempio del lavoro che c'è ancora da fare, di sensibilizzazione..

P.P: Infatti volevo portarti proprio su questo. Sul ruolo anche della stampa, dell'informazione. Perché poi dati di questo genere che tu hai mutuato in particolare dall'Economist che ha riferito di un rapporto di un ministero britannico, sono dati che appunto vengono detti e ripetuti e resi noti soltanto in ambiti molto ristretti o da mass media mosche bianche come il nostro.

M.S.: Ripetiamoli un po' questi dati se fosse possibile.

P.P.: Sì, è che in pochissimi decenni dal G7 i paesi occidentali saranno quasi tutti tirati via.

EGDL: Sì. perché c'è appunto unno sviluppo economico impetuoso da parte di alcuni paesi dell'Asia soprattutto, a questi si aggiunge il Brasile, diciamolo, il Sud del mondo. Uno sviluppo economico fortissimo con un tasso di crescita del prodotto interno lordo che farà sì che molti di questi paesi scavalcheranno i paesi occidentali che attualmente sono ai primi posti della classifica dei paesi con il PIL più alto e quindi li sostituiranno negli organismi internazionali che oggi in qualche modo decidono dello sviluppo dell'economia mondiale. La Cina, l'India, l'Indonesia, il Brasile, in particolare, toglieranno dai primi posti della classifica l'Italia, la Francia, la Gran Bretagna; e la Cina scavalcherà, se continua a svilupparsi con i ritmi di incremento attuali, entro una quindicina - ventina d'anni, il suo prodotto interno lordo sarà superiore a quello degli Stati Uniti d'America. Si parla di PIL non di reddito pro capite. I cittadini dei paesi europei continueranno singolarmente ad essere molto più ricchi

a lungo dei cittadini dei paesi asiatici. Ma l'ammontare complessivo dei beni e dei servizi prodotti in quei paesi sarà superiore a quello dei prodotti della maggior parte delle economie occidentali. Se questo avviene, e naturalmente ci sono varie ragioni tra cui la consistenza demografica assai più forte di quelle aree geografiche, ma se questo accade è anche perché in misura rilevante in quei paesi il capitalismo può svilupparsi senza dover fare i conti con i meccanismi del consenso, con la democrazia, con il fatto che appunto la produzione della ricchezza dei beni, delle merci, deve fare i conti anche con la distribuzione, per esempio, il fatto di soddisfare le richieste dei cittadini. In quei paesi non ci sono sindacati, in genere, o sono sindacati per finta rispetto ai nostri e quindi per esempio il salario degli operai di quei paesi è completamente alla mercé degli imprenditori. Questo naturalmente determina tutta una serie di condizioni di favore dal punto di vista economico, lo sviluppo di quei paes

i che naturalmente significa una loro maggiore capacità di competere, di produrre merci a basso costo che eliminano dal mercato le nostre che appunto spesso entrano nei nostri mercati e quindi mettono in crisi tante produzioni delle nostre economie. E per l'appunto noi non ci rendiamo conto come opinione pubblica occidentale il nesso molto forte che esiste tra valori politici e valori sociali di una società, valori collettivi di una società e le sue performance economiche. Sono cose molto legate tra di loro, per cui noi quando acquistiamo una merce prodotta in una certa economia in qualche modo acquistiamo anche i valori che in quella economia dominano, i valori sociali, i valori politici che in quella economia dominano. Questo è qualcosa che dovrebbe essere tenuto sempre presente. Anche nei rapporti politici tra gli stati.

P.P.: Molti di noi, anche chi parla in questo momento ha conosciuto in passato, in una situazione un po' diversa, ma ha conosciuto in passato le galere dell'est europeo per esportare, possiamo dire, alcuni valori. Ma abbiamo sempre detto da non violenti, radicali, internazionalisti non violenti che dovevamo comunque esportare informazione. Infatti andavamo ad est a farci arrestare. Nelle capitali dell'est per questo, per esportare informazione. Anzi, combattevamo i luoghi comuni del pacifismo atomico tradizionale, che poi in qualche modo è fallito. Adesso tu parli giustamente di ... giustamente come conclusione, direi, perché magari l'analisi dell'Asia, delle culture asiatiche lasciamola perdere; però giustamente come conclusioni tu parli di necessità di esportare valori, o comunque meccanismi, modalità delle società che è l'unico modo per confrontarsi con queste nuove economie. Il problema è però anche la sede istituzionale. E oggi abbiamo il grande problema che probabilmente la forma di stato che c'è oggi

nel mondo non è più adeguata. La forma di organizzazione delle società.

EGDL: Ma per la verità proprio l'esempio dell'economia asiatiche dimostra anche la grande vitalità della dimensione statale. Tutte queste economie asiatiche che sono molto incardinate con delle forme statali: lo stato indiano, lo stato cinese, lo stato indonesiano esistono molto come stati. Tra l'altro la performance di queste economie spesso è aiutata in modo significativo da politiche statali di supporto. Pensa al Giappone, per esempio.

P.P.: Sì, ma la reazione nostra? la possibilità di reazione dell'Europa e dell'occidente?

EGDL: Io credo che non dobbiamo farci illusioni sulla nostra capacità di esportare valori. Anche se io credo che quella sia la strada che dobbiamo cercare di percorrere, però non dobbiamo nasconderci le grandi difficoltà che ci sono . Perché si tratta di confrontarsi... il discorso sulle culture non può essere messo da parte, è un discorso inevitabile. Sulle culture e sul retaggio su cui si fondano le culture. Cioè: noi abbiamo la democrazia. I nostri paesi conoscono la democrazia, la conoscono storicamente insomma, per una ragione ben precisa: perché sono paesi di tradizioni cristiana. Questo è un elemento storico di cui bisogna prendere atto. Esportare la democrazia in culture che non hanno un retaggio cristiano non è facile. Non è facile per nulla. Nel senso che c'è da superare maggior ostacoli, non voglio dire che sia impossibile. Non si può fare conto di certe cose che invece esistono in civiltà che hanno un retaggio cristiano. Per esempio l'individualismo. Se noi conosciamo, noi come civiltà dell'area

occidentale, conosciamo l'individualismo e quindi i diritti individuali, i diritti civili e politici dell'individuo è perché appunto abbiamo un certo retaggio religioso, e quindi fare i conti con civiltà che non ce l'Hanno significa imbattersi in molti problemi. Questo naturalmente non significa che in Cina, per esempio, non nasca, in regime di oppressione soprattutto, il problema dei diritti individuali e che molti cinesi, singoli cittadini cinesi non sentano questo problema e si battano perché venga anche nel loro paese affermato questo diritto. Abbiamo visto che, sì, questo accade. Accade in misura anche massiccia. Tant'è vero che quel governo è costretto a misure repressive feroci. Accade sicuramente secondo modalità, ritmi e capacità di espansione del fenomeno, molto più lenti e più difficili di quanto non potrebbe forse accadere in altri contesti di tipi di civiltà. La struttura della famiglia, della personalità individuale che c'è in molte civiltà asiatiche è molto diversa dalla nostra. E queste non

sono cose che non abbiano a che fare con i diritti civili e politici, con la democrazia. Sono cose molto connesse. Però ripeto non bisogna cadere nella visione deterministica di dire: beh, quelle sono altre civiltà. Loro non hanno bisogno, non sentono il bisogno... Questo non è affatto vero. Come quelli che sostengono che le donne di alcune civiltà africane all'infibulazione della clitoride ci sono abituate. Bisognerebbe innanzitutto andarglielo a chiedere. E noi vediamo che invece, è provato abbiamo avuto la prova sotto gli occhi, che il conflitto economico e sociale si inasprisce, invece la richiesta di diritti e di libertà è una cosa ben presente nelle lotte politiche di quei paesi. Quindi non dobbiamo assolutamente abbandonare la via dell'affermazione di questi diritti sapendo che è più difficile un ascolto, gli strumenti di oppressione sono molto forti talvolta, in queste civiltà in queste situazioni, tipo la Cina, però alla fine la necessità di questi diritti si afferma. Può affermarsi anche in questi

posti. Dobbiamo lottare per farlo.

P.P.: Appunto. Di fronte al fatto, un fatto che tu sottolinei ampiamente nel tuo articolo di oggi, le attività economiche si svolgono su un piano e su un teatro globale, mondiale. Manca la dimensione della politica. Manca su tutto, manca la scelta tra diritti umani - non diritti umani, democrazia - non democrazia. Perché manca il foro dove esercitare questo scontro. E probabilmente il problema è proprio lì. Proprio nell'assenza di istituzioni internazionali che abbiano un potere almeno analogo a quello che noi conosciamo a livello statale che invece va deperendo.

EGDL: Questo è un grande problema che l'assenza di un foro internazionale dotato della forza per imporre le proprie decisioni. E' il problema dell'ONU. E' un problema però che io credo sia quasi insolubile. Se si aspetta l'esistenza di questo foro si aspetta qualche cosa che non verrà mai. Perché l'esistenza di questo foro si scontra contro un principio che è quello della sovranità degli stati, che è il principio costitutivo del diritto internazionale. Se si cancella il principio della sovranità degli stati viene meno la possibilità di un' esistenza dell'ordinamento internazionale. Quindi io penso che la via da battere non è quella di una creazione di un foro internazionale dotato di poteri internazionali. Questo non ci sarà mai. Importante è l'azione di convincimento delle opinioni pubbliche, anzitutto quelle dei nostri paesi. Poi quello che tu ricordavi prima. Cioè la capacità di essere presenti nei continenti, nelle aree non europee con una continua, massiccia opera di diffusione dei valori, anche di comu

nicazione e di informazione e di propaganda. Mi ricordo che Marco Pannella quando esisteva ancora l'Unione Sovietica e il blocco sovietico, diceva che bisognava costruire 500 radio per bombardare di informazione quei paesi. Aveva perfettamente ragione. Credo che tra l'altro l'informazione sia stata un elemento importante nella caduta del regime sovietico. Si tratta di fare in modi diversi la stessa cosa anche oggi in quest'altra situazione.

M.S.: e viceversa... il problema è anche quello della informazione sui media occidentali rispetto a quel che accade sul pianeta...

EGDL: sì, c'è questo: Cioè di fornire informazioni più dettagliate, precise e esaurienti su molte situazioni contingenti, l'Irak..

C'è più in generale un altro problema però , Quello di far vivere la democrazia come un grande ideale politico. La democrazia vive finora,... negli ultimi decenni la democrazia ha vissuto degli insuccessi dei regimi concorrenti. Prima del fascismo, poi del comunismo, ma non ha trovato quella capacità anche negli interpreti, anche nei grandi leaders democratici, che rilanciassero le idealità democratiche come una grande utopia una grande speranza per tutti i paesi del mondo. La democrazia manca negli ultimi decenni e ha mancato di un elemento: di un annuncio profetico, un annuncio forte. Si è limitata a una democrazia della normale amministrazione, una democrazia del piede di casa. Soltanto per i paesi che erano già democratici, non so se è chiaro quello che voglio dire. La democrazia avrebbe bisogno oggi, alla fine del 20· secolo, che ha visto tra l'altro la sconfitta storica di tutti i nemici storici della democrazia, avrebbe bisogno di un grande rilancio culturale-profetico a livello mondiale. Che naturalm

ente è possibile solo se c'è la figura di grandi leaders che diano voce a tutto questo. I sistemi politici occidentali producono leaders molto mediocri e anche le loro democrazie in genere vivono una vita molto stentata e mediocre.

P.P.: Hai iniziato facendo dei complimenti a noi radicali. Beh, Vorremmo sentirne altri...

EGDL: Mi sembra giusto l'appetito vien mangiando.

P.P.: tanto più che questo appetito è una vera fame, e atavica...Questo tentativo che noi abbiamo fatto dall'88 in particolare dall'89 e adesso ci ha portato ad aver questo status alle nazioni unite di organizzazione non governativa di prima categoria e così via... come lo vedi ? Che consigli ci dai?

EGDL: ma io non mi sento di darvi dei consigli perché soprattutto in questo campo voi avete fatto moltissimo e dimostrato di sapervi muovere molto bene, senza i consigli di nessuno. Non saprei, veramente non riesco a darvi dei consigli. Ricordo ben prima dell' 89 tutta la vostra azione nei paesi dell'est. Credo che sia molto più difficile ripetere quell'azione in un paese come la Cina o per il Tibet , credo che siano operazioni quasi impossibili.

P.P.: Certamente

EGDL: Io non saprei dare consigli. Voi siete già abbastanza bravi. Quindi sarebbe un po' pleonastico..

P.P.: Ma anche consigli... voglio dire: una politica che occorre fare in occidente. Nel senso che quando noi andavamo ad est a farci arrestare, ad avere le prime pagine dell' Herald Tribune, e così via...però andavamo anche a manifestare contro gli aumenti del bilancio della difesa dicendo che la vera difesa era l'informazione e la destabilizzazione dei regimi che costituivano il nemico. Oggi, tu che giustamente poni l'attenzione sull'occidente...c'è una scarsezza di politica estera da parte dell'Italia, ma c'è anche da parte dell'Unione Europea, che non esiste.

EGDL: Sì, la scarsezza in politica estera esiste. Forse se andassimo a discutere le ragioni e le modalità di questa assenza non so se continueremmo ad essere così d'accordo come siamo stati finora. Io, ad esempio, attribuisco un'importanza decisiva alla mancanza di un organismo militare. Finché l'Europa non avrà 50 mila uomini dotati anche di una flotta e un'aviazione, pronti ad essere impiegati dove è necessario, non potrà avere una politica estera e regolarmente gli Stati Uniti sostituiranno l'Europa nella stessa Europa.

P.P.: Guarda che siamo assolutamente d'accordo su questo.

EGDL: Alle Nazioni Unite c'è il problema del veto che aggiunge problema a problema, naturalmente. Se una questione viene posta in Consiglio di Sicurezza, e c'è un paese che pone il veto, non si può fare nulla. D'altra parte non si può creare un secondo foro internazionale, oltre alle Nazioni Unite. C'è quello e bisogna passare attraverso quello. Invece io credo alla possibilità di creare degli organismi sovranazionali regionali, tipo l'Unione europea che si avvia e vuole essere ormai un'entità politica. Dovrebbe essere, insomma. Uno stato vero e proprio, una confederazione di Stati. Quindi comunità come un organismo politico. Qui penso che sia possibile il superamento delle sovranità e sia possibile anche dotarsi di uno strumento militare integrato, per esempio, che mi sembra assolutamente essenziale per fare la politica estera. Senza la quale l'Europa sarà sempre un'entità non esistente, esistente soltanto sulla carta.

P.P.: Senza dubbio. Ernesto Galli Della Loggia, noi ti ringraziamo moltissimo e attendiamo altri pezzi come quello di oggi.

EGDL: Va bene. Sono io che ringrazio voi. Buon lavoro.

 
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