NOTA SUL DIRITTO DI ESPORRE LA BANDIERA TIBETANA DA PARTE DEGLI ENTI LOCALI ITALIANI, IN VISTA DELLA RICORRENZA DEL 10 MARZO 1997.
A proposito delle circolari prefettizie diramate ai Comuni prima del 10 marzo 1996, su impulso del Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio, per interdire l'esposizione delle bandiere tibetane, occorre rilevare:
a) se la circolare prefettizia era una disposizione coattiva tesa a fare rispettare la legge violata, proprio il suo esplicito presupposto normativo era avulso ed estraneo, in quanto riferito al R.D. 24.9.23, convertito in legge 24.12.25, n. 2264, e al D.P.C.M. 3.6.86, che disciplinano esclusivamente l'uso della bandiera nazionale. Pertanto la circolare stessa era illegittima;
b) non va dimenticato, peraltro, che la Legge 8 giugno 1990, n·142 (Ordinamento delle autonomie locali), è "legge generale" in base all'Art. 128 Cost. e i suoi principi non possono essere implicitamente derogati da leggi successive. A maggior ragione l'incompatibilità opera rispetto a leggi precedenti non espressamente richiamate dalla legge stessa. Infatti l'Art.64, al comma 1 esclude dall'abrogazione alcune norme delle precedenti leggi in materia, e al comma 2 abroga "tutte le altre disposizioni di legge con essa incompatibili". Pertanto l'Art.4 della L.2264/25 che imponeva agli enti locali di "fare uso soltanto della bandiera nazionale e dei vessilli tradizionali" è da ritenersi abrogato per incompatibilità con l'autonomia riconosciuta ai comuni.
c) la L.142/90 evidenzia una duplice funzione del Sindaco nell'ente locale: egli rappresenta l'ente (Art. 36) ed è altresi ufficiale del Governo (Art. 38).
Il Sindaco, come rappresentante del Governo in sede locale, è tenuto ad osservare una circolare prefettizia, ma allorché la circolare abbia un contenuto politico, il Sindaco, come rappresentante dell'ente locale, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta dalla stessa legge all'Art.2, non è tenuto ad osservarla.
Questa interpretazione della legge 142/90 trova conforto anche in dottrina (Rocco Galli, Corso di Diritto amministrativo, Cedam 1991).
Il Prof. Galli, nell'esaminare il concetto di autonomia dell'ente locale nei suoi diversi aspetti, rileva: "Tra le varie esplicazioni del concetto in esame una posizione rilevante assume il fenomeno della autonomia politica, espressione e strumento di piena democrazia".
"Nel suo significato autentico puo' parlarsi di autonomia politica solo nell'ambito di ordinamenti veramente democratici, come il nostro, che dopo aver riconosciuto nell'art. 5 della Costituzione l'importanza delle autonomie locali, all'art. 114 C. la ripartisce tra regioni, province e comuni."
"Regioni province e comuni sono enti territoriali corporativi caratterizzati dal fatto di abbracciare necessariamente tutti gli individui che appartengono al territorio (elemento costitutivo dell'ente) e possono percio' considerarsi enti esponenziali, in quanto rappresentano i centri di imputazione degli interessi propri dell'intera comunità: essi sono quindi enti a fini generali (A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989).
La loro attività è caratterizzata da una certa autonomia politica, e cioè dalla possibilità di perseguire un proprio indirizzo politico indipendentemente dalle direttive del parlamento e del Governo centrale, nei limiti segnati dai principi enucleati dalla Costituzione.
Essi mutuano il proprio orientamento politico dalla volontà della loro comunità, che si esprime attraverso rappresentanti eletti liberamente come titolari degli organi guida, con la conseguenza che tale orientamento puo' divergere sostanzialmente da quello dello Stato centrale."
d) l'esposizione delle bandiere estere è disciplinato dalla legge 24.6.29 n. 1085, ridisegnata da una sentenza della Corte Costituzionale - la n.189 del 21.5.87 - che annulla il potere autorizzativo (e quindi interdittivo) dei Prefetti in materia, amplia l'ambito interpretativo della bandiera, anche di una bandiera nazionale, estendendolo dalla ristretta riferibilità allo "Stato internazionalmente riconosciuto", al più vasto campo della semiologia, in quanto segno espressivo e comunicativo di un pensiero o di una idealità.
La Corte Costituzionale in definitiva ed in via generale e di principio ha dichiarato costituzionalmente illegittimi il "divieto di esposizione in pubblico di bandiere estere", il regime autorizzativo da parte delle autorità politiche locali e di conseguenza la sanzione penale.
Il principio della libertà di esposizione delle bandiere estere, riconosciuto dalla Corte Costituzionale, vale per i cittadini italiani e stranieri, per i gruppi di minoranza etnica o culturale, per le associazioni culturali e politiche.
A maggior ragione vale per assemblee liberamente e democraticamente elette come quelle dei Consigli comunali, provinciali e regionali: essi sono liberi di aderire ad una iniziativa internazionale volta a costruire nel mondo una convivenza civile basata sul rispetto dei fondamentali diritti umani, civili e politici proclamati dalla carta delle Nazioni Unite e sanciti dalla Costituzione italiana. Essi sono liberi, nella loro autonomia politica, di manifestare tutto questo esponendo una bandiera tibetana.
Il 10 marzo 1996 diversi comuni hanno esposto la bandiera sul palazzo comunale, oppure nel cortile o comunque nelle vicinanze del palazzo, o su altri edifici comunali, senza avere a tutt'oggi ricevuto contestazioni da parte dei prefetti.