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Di Stefano Rita - 4 novembre 1996
"La maggioranza dei membri del Congresso statunitense non rappresenta uno Stato o i suoi cittadini, ma delle corporation e dei polipi"

Washington è diventata come Topolinia

da "Internazionale", 1 novembre 1996 - pag. 12

GORE VIDAL, THE NATION, STATI UNITI

Gore Vidal ha 71 anni. Scrittore, commediografo polemista è uno dei protagonoisti del mondo intellettuale statunitense. Vive tra l'America e Ravello, sulla costiera amalfitana. Il suo ultimo libro, Palimpsest è un'autobiografia degli anni della gioventù. Vidal conosce bene il potere: il nonno era senatore, il padre sottosegretario del Commercio di Roosvelt. La madre sposò in seconde nozze il patrigno di Jacqueline Bouvier, moglie di John Fitzgerald Kennedy e Aristotele Onasis. Per la tv britannica aveva realizzato un'inchiesta sui presidenti statunitensi, sottolineando la loro dipendenza dall'industria. Ma negli Stati Uniti la trasmissione è andata in onda con un commento ulteriore di alcuni storici di opinione contraria a quella di Vidal, che non è stato invitato al dibattito. E che qui rinnova il suo punto di vista sulla società statunitense.

NEW YORK, 30 SETTEMBRE 1996

Il 13 giugno di quest'anno The Nation ha pubblicato in un inserto pieghevole un grafico che illustra come i mass media americani siano ormai di proprietà di un pugno di grandi gruppi industriali. Le pagine normalmente castigate della rivista erano ornate da alcuni graziosi polipi. Fra questi molluschi cefalopodi, il più notevole era quello che fa capo alla Disney-Abc: superava per dimensioni calamari più piccoli come Time Wamer, General Electric-Nbc e Westinghouse Corporation, e ne pendevano innumerevoli tentacoli che rappresentano le televisioni via etere e via cavo, le fabbriche di armi - motori aerei e turbine nucleari prodotte dalla General Electric - nonché, naturalmente, le compagnie di assicurazioni che non vedono di buon occhio la riforma sanitaria. Studiando quell'animale mi sono sentito un po' come Rip Van Winkle: l'ultima volta che mi sono appisolato, esisteva una cosa chiamata Sherman Antitrust Act. Che fine ha fatto? Com'è possibile che un polipo controlli tanta opinione pubblica senza la minima

obiezione da parte di già, da parte di chi? E proprio questo il problema. La maggioranza dei membri del Congresso americano non rappresenta uno Stato o i suoi cittadini, ma delle corporation e dei polipi. Forse Sherman me l'ero soltanto sognato? O invece era stato divorato dal drago Sinergia? Ero ben lungi dal sospettare -mentre gettavo sospiri per quell'ennesima dimostrazione della spietata censura cui ci assoggettano alcuni pochi - che di lì a un momento sarei stato agguantato dai tentacoli dei grandi molluschi Disney-Abc e General Electric-Nbc nonché della Hearst Corporation, comproprietaria di una società di servizi, la Arts & Entertainment, che nel 1995 ha partorito una cosa chiamata The History Channel. "Tutto cominciò al freddo", come nel famoso incipit del romantico romanzo storico I Mille giorni di Arthur Schlesinger jr. ll mio freddo era stato quello di Londra, dove su commissione di Channel Four avevo scritto e narrato in studio tre

puntate di mezz'ora l'una dedicate alla presidenza degli Stati Uniti, in cui sottolineavo gli aspetti imperiali latenti in tale istituzione fin dai suoi albori e concludevo ricordando il nostro scomodo vanto di essere l'unica grande potenza planetaria rimasta sul... appunto, sul pianeta.

Il programma è stato accolto con favore in Gran Bretagna. The History Channel ne ha acquistato i diritti per gli Stati Uniti per mandarlo in onda restate scorsa, appena prima delle convention, in un'unica puntata di 90 minuti. Ma proprio allora, partendo dalla punta del tentacolo di The History Channel, la sinergia ha cominciato a risalire il braccio della proprietà passando per la Nbc fino ad arrivare alla General Electric - sua padrona da tempo immemorabile - e poi ancora più su, fino, presumibilmente, al mollusco supremo, Topolino in persona, Signore di Anaheim. "Sire Topo, il programma attacca la General Electric chiamandolo per nome. Si scaglia contro l'imperialismo americano, che non esiste. Sparla di tutto ciò che abbiamo di più sacro". Ah, come avrei voluto essere un mosca posata sulle mura del castello quando si è udita quella voce! La soluzione più semplice, come avrebbe detto R.M. Nixon, eroe-presidente di Anaheim, sarebbe stata far sparire il programma. Ma menti ancor più scaltre erano all'opera.

"Tireremo fuori un po' di 'esperti', come facciamo per quei film storici di merda, e ci penseranno loro a questo sporco rosso."

Lo zampino della General Electric

E' accaduto così che, a mia insaputa, la General Electric ha messo insieme un gruppo di esperti comprendente due giornalisti peso mosca residuati dal Giurassico della -. televisione - Roger Mudd, Sander Vanocur - e due docenti universitari di sicura ostilità: uno era il mio vecchio amico Arthur Schlesinger jr., col cui cliente J.F.K. sono poco gentile; l'altro, un tale di nome Richard Slotkin. Non sono stato invitato a difendermi né lo è stato nessun altro. Per dirla con un portavoce di The History Channel, "Vidal è talmente di parte che non potevamo non interpellare dei veri esperti". Stava per essere rappresentato sulla scena, a mie spese, il recente ammonimento di The Nation circa i rischi insiti nel permettere a un pugno di corporation di fare e controllare l'opinione di massa. Dissolvenza in apertura: Roger Mudd. E' cupo. Al posto del cappuccio nero del boia indossa, per così dire, il simbolo del suo tremendo potere: due orecchie da Topolino. Fornisce in tono disgustato cenni sulla mia carriera. Stranam

ente, racconta che "sotto la presidenza Kennedy nutrivo ambizioni sociali e - non sequitur- che mi ero candidato alle elezioni del Congresso" ma ho perso. In effetti, la mia candidatura risale a prima che Kennedy diventasse presidente. Per giunta, nel nord dello Stato di New York ottenni circa 20mila preferenze più di quanto ne avesse tenute J.F.K che era capolista alle presidenziali. Durante la mia campagna, Bobby Kennedy venne a trovarmi a Saugerties Landing: era Halloween, giorno quanto mai indicato. "Perche', chiese ringhioso,'lei , non parla mai della lista dei candidati?". 'Perché voglio vincere", risposi imitando il suo accento atroce. Ebbe così inizio la faida. Mudd spiega che ho uno spirito 'corrosivo e mordace' e che non vivo negli Stati Unititranne quando ci vivo -, e lo spettatore viene così avvisato preventivamente che quello che sta per ascoltare non è che il mio "bilioso punto di vista" sulla storia americana e sui nostri presidenti, che secondo Mudd io definisco variamente come guerrafondai

incompetenti e avidi. Il che - inclinazioni guerrafondaie a parte - è falso e calunnioso. Poi, con le orecchie da Topolino tutte frementi per l'indignazione, annuncia per rassicurare gli spettatori che al termine del programma alcuni veri storici diranno come stanno veramente le cose. E cosl, infangato ma non domo, vado in onda.

Corsa verso il centro del centro

Esordisco con una specie di imitazione dello studio tv della Casa Bianca, dicendo qualche parola blandamente biliosa sulla situazione politica del momento: "Chi riesce a raccogliere più soldi per comprare spazi televisivi ha le migliori probabilità di venire eletto presidente da quel 50 per cento di elettori che si prende la briga di andare alle urne. Dal momento che a finanziare il nostro sistema bipartitico a partito unico sono sempre gli stessi gruppi industriali, in queste elezioni di politica c'è poco o niente. In compenso, c'è un sacco di sesso. Inoltre, chi nutre più odio sotterraneo per i neri conquisterà sempre la maggioranza relativa di quei candidi gigli che non vogliono neri in politica. Il termine 'liberal' è stato completamente demonizzato, mentre l'epiteto di 'conservatore', che si applica alla maggioranza degli americani i cui redditi sono oggi minacciati, viene infangato da devoti gruppi di pressione i cui simboli sono il feto e la bandiera. Di conseguenza, tutti i candidati si precipitano v

erso un luogo insensato detto 'centro', e colui che riuscirà a piazzarsi al centro del centro-il centro morto, per così dire -conquisterà il diritto di occupare questo studio per quattro anni". Dopodiché ripercorro la storia dei nostri presidenti espansionisti, dall'acquisto della Louisiana da parte di Jefferson alla guerra del Golfo del Bush di Mesopotamia, produzione a cura della Cnn di Ted Turner: un specie di guerra televisiva per famiglie. Concludo il programma davanti al memoriale della guerra in Vietnam. Ne abbiamo fatta di strada, faccio io, dalla Dichiarazione d'Indipendenza di Jefferson a "il cielo di Baghdad è in fiamme". A quel punto Mudd, più che mai inorridito da ciò che ha visto e sentito, presenta un giornalista televisivo di nome Vanocur che presenta i professori Schlesinger e Slotkin. E'chiarissimo, dice Vanocur, che Vidal non ama l'America. La risposta di Airthur è moderata. Beh, diciamo che è deluso per ciò che è accaduto. All'inizio della prima arringa di Mudd, debbo dire che mi sono ver

amente chiesto quale mai fosse la causa di tanta sciagura. Era evidente che nessuno di quei due lettori di battute preconfezionate aveva un particobre interesse, per non dire competenza, in fatto di storia americana; ma avevo dimenticato la seguente aria: "I presidenti americani, oggi prigionieri della sicureza, per una generazione sono stati figure bidimensionali su uno schermo. In un certo senso, prigionieri dell'impero da loro stessi creato. Essenzialmente, sono uomini assunti per fare gli spot pubblicitari per uno Stato che somiglia sempre più a un grande gruppo industriale come la General Electric. Anzi, uno dei presidenti americani più popolari della storia recente ha davvero passato quasi vent'anni a realizare spot pubblicitari per la General Electric, uno dei massimi produttori americani di armi. Poi è venuto a lavorare alla Casa Bianca, il signor Reagan, e abbiamo visto lo stesso dialogo a base di 'arrivano i russi', che scorreva sullo stesso gobbo, e con gli stessi truccatori. Gli esperti messi ins

ieme dalla General Electric hanno fatto ben attenzione ad astenersi dal menzionare il loro compare Ronald Reagan, ma hanno trovato del tutto intollerabile la mia affermazione secondo cui sul piano economico l'Asia ha superato gli Stati Uniti. Avevo detto infatti: "Nel momento in cui il Giappone comincia il suo turno come leader mondiale, in qualità di rimpiazo temporaneo della Cina, l'America diventa il Fardello dell'Uomo Giallo e così il cerchio si chiude. L'Europa aveva esordito come il Selvaggio West, relativamente deserto e non civilizato, dell'Asia. Poi gli americani sono divenhti il Selvaggio West dell'Europa. Adesso il sole, tramontando nel nostro West, sorge ancora una volta a Levante"

Questo ha veramente offeso Mudd, il quale non ha potuto trattenersi dall'osservare che il tenore di vita dei giapponesi è inferiore al nostro: un similfatto, questo, che presumibilmente cancella come per magia il nostro colossale debito verso il Giappone. Ci ricorda che abbiamo anche sentito un sacco di brutte notizie economiche sul conto di altri paesi; ma questo succede sempre, per evitare che gli americani debbano mai sentirsi abbindolati da un governo che non dà nulla ai cittadini in cambio delle tasse, mentre concede miliardi a imprese come la General Electric per armi spesso inutili e per costose eccedenze. In tono di approvazione, Mudd ci racconta che "immigrati operosi" sbarcano a frotte sulle nostre coste. Beh, coloro che abbiamo contribuito a gettare in miseria a sud del Rio Grande vengono a cercar lavoro, specie da paesi di cui noi stessi abbiamo disgregato le società in nome, spesso, delle corporation americane - la United Fruit in Guatemala, l'Itt in Cile -; oppure vengono dall'Asia meridionale

, dove le nostre interferenze hanno provocato l'esodo di milioni di persone, alcune delle quali hanno sconsideratamente preso il mare alla volta delle nostre coste, attratte dal generoso salario minimo, dall'assistenza sanitaria universale e dall'eccellente sistema scolastico statale degli Stati Uniti.

Caccia all'errore

Lo squittio da topo di Mudd diventa molto baritonale quando dice che il bilancio della Difesa è stato ridotto ad appena una frazione di quello che era un tempo e che dovrà tornare a essere se vogliamo mantenere la pace nel mondo per mezzo della guerra. Eppure oggi le nostre spese militari superano quelle dell'Europa occidentale e del Giappone sommate insieme Anche se ci sono state forti riduzioni del personale, via via che le basi militari venivano cedute alla lobby immobiliare, gli esborsi come quelli di cui beneficiano i datori di lavoro di Mudd continuano ad aggirarsi sui 300 miliardi di dollari l'anno. I due storici prendevano meno apertamente le difese della General Electric e degli appalti militari. Schlesinger non trova granchè in fatto di distorsioni storiche. Del resto che motivo avrei avuto io di trascurare quelli che Jefferson chiamava "i veri fatti?". Non faccio né il pubblicista politico né l'agiografo, e conosco la storia del mio paese tanto quanto la maggioranza di coloro che hanno dedicato un

a generazione al suo studio.

In ogni caso Schlesinger dice che ho sbagliato la citazione della Dichiarazione d'indipendenza di Jefferson. Il fatto deve sembrare molto grave allo spettatore medio. A me sembra molto grave che Arthur non si sia reso conto che avevo citato, con esattezza il preambolo originale e non quello riveduto e pubblicato dal Congresso. Jefferson - e anch'io - preferiva la sua prima versione di cui ci è rimasto un solo frammento, ma che per fortuna Jefferson stesso ricostruì in un secondo momento: "Tutti gli uomini sono creati uguali e indipendenti". Il Congresso tagliò quel "e indipendenti". E prosegue: "Da quella creazione di uguali discendono a loro diritti innati e inalienabili". Il Congresso-forse pensando già al reverendo Pat Robertson e a tutti gli altri serpenti del nostro paradiso terrestre? - modificò il passaggio in : "essi sono dotati dal loro creatore di alcuni diritti inalienabili". L'introduzione di un creatore non ha giovato affatto alla nostra indipendenza.

Riarmo pianificato

All'inizio osservo che "uno dei consiglieri del presidente Truman dichiarò: 'quel che è bene per la general Motors è bene per l'America'. Quel consigliere ovviamente, era presidente della General Motors". Arthur correttamente fa osservare che Charles Wilson non faceva parte del gabinetto di Truman, ma di Eisenhower. Ciò nonostante, fu un ascoltato consigliere di Truman. Purtroppo, in sede di montaggio il suo famoso consiglio a Truman è sparito dal mio programma. Eccolo qui. Nel 1944 Wilson spiegava con queste motivazioni la militarizzazione permanente dell'economia: "Anziché considerare il disarmo e la mancanza di preparazione militare una salvaguardia contro la guerra - dottrina questa largamente screditata - proviamo a fare il contrario: piena preparazione militare secondo una pianificazione continuativa". Un concetto destinato a diventare il nocciolo del National Security Act del 1947 e della nuova nazione nei cui logori confini balliamo tuttora.

Su un punto però Arthur mi prese in castagna. Fu Tyler e non Polk ad annettere il Texas agli Stati Uniti, qualche settimana prima che Polk entrasse in carica. Inoltre Schlesinger dice che sbaglio a sostenere che Jackson faceva gli interessi della grande industria. Eppure nel 1836 Jackson mandò fallita la Second Bank of the United States - strumento finanziano utile, quantunque imperfetto, di proprieta del governo americano per un quinto-, rimpiazzandola con una serie di piccole banche spesso gestite da suoi amici corrotti. Il risultato fu il grande panico finanziario del 1837. Per me questo è grande industria su vasta scala. Ho sempre pensato che il nostro stonco Arlecchino non si sia reso ben conto di che disastro finanziario abbia provocato il suo romantico protagonista, alla cui "era" ha dedicato un libro di piacevole lettura. E' un po' tardi per trasfonnare Lincoln in un abolizionista, ma gli esperti della General Electric hanno trovato un sistema facile per far valere i loro argomenti, quello di ricord

are devotamente quanto quell'uomo di gran cuore che era Lincoln odiasse la schiavitù . Ma io avevo già fatto notare che "Lincoln, sebbene contrario alla schiavitù, riteneva che il governo federale non avesse il diritto di liberare le proprietà altrui - in questo caso, tre milioni di afroamericani che vivevano negli Stati del Sud". Sarebbe opportuno osservare - ancora una volta - che oggigiorno i dipartimenti di storia americana pullulano di propagandisti dediti a una revisione storica di Lincoln, al fine di farlo apparire un uomo diverso da colui che dichiarò che se avesse potuto preservare l'Unione liberando tutti gli schiavi l'avrebbe fatto, o liberandone alcuni e non altri lavrebbe fatto, o non liberandone nessuno non li avrebbe liberati per amore dell'Unione. Ma per la General Electric, pudica sposa di Topolino, l'immagine di Lincoln non può restare mezza Disney e mezza vera.

A un certo punto, Slotkin mi

accusa di essere un mercante di

senno di poi. Ma la storia, caro

professore, è fatta proprio di questo, e lei e io e persino Arthur facciamo

gli storici, no? E' vero che ho rifiutato di essere eletto alla Society American Historians, ma non sono certo meno storico di quelli che vengono pagati per nascondere al pubblico i due dati essenziali della nostra situazione, cioè il sistema di classe americano - ci viene detto papale papale che non esiste - e la natura dell'impero degli Stati Uniti, che non esiste neanch'esso. Aquanto pare è perfettamente naturale per una democrazia amante della libertà, dipendente dalle elezioni come un tossico dalla droga, mantenere in tutti gli altri paesi del mondo basi militari, spie e adesso

esperti di lotta al terrorismo e di segugi antidroga dell'Fbi. Quando Vanocur tenta di assolvere Theodore Roosevelt dall'accusa di imperialismo, Schlesinger bofonchia che effettivamente il gran guerrafondaio credeva in "una politica estera vigorosa". Ma poi, Arthur fa uno scivolone: l'unica cosa che interessava davvero a T.R. era che gli Stati Uniti "dominassero l'emisfero occidentale". Beh, certamente mezzo mappamondo è meglio di niente. Tuttavia, come diceva sempre Roosevelt, "non vi e conquista della pace che valga la metà di quelle della guerra". Schlesinger osserva che, se Jefferson e non Quincy Adams dovessero tornare oggi sulla Terra, si stupirebbero del fatto che non ci siamo annessi il Canada, Cuba e altri territori occidentali. Per gli esperti targati General Electric, tanta temperanza dimostra che l'impero americano non esiste. Beh, è vero che, dopo due invasioni andate a monte, il Canada ci è sfuggito; ma anche così, abbiamo una base navale su suolo canadese - ad Argentia - e il Canada fa la sua

debita, sebbene irritabile, parte nel nostro impero, sia sul piano economico che su quello militare. Quanto a Cuba, effettivamente è stata il nostro bordello negli anni di Batista; adesso, per aver tentato di rendersi indipendente da noi, è oggetto del nostro embargo, mentre noi come sempre conserviamo sull'isola la base militare di Guantanamo.

Il racket imperiale

Verso la fine della loro "discussione", uno dei moschettieri di Walt Disney sbeffeggia l'idea che la grande impresa possa essere in qualche modo responsabile di un impero americano che non esiste. Dopodiché tutti gli esperti General Electric meno uno procedono a ignorare questo passaggio fondamentale della mia sceneggiatura: "Il successore di Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, invase il Messico e Haiti per portare a quella povera gente libertà, democrazia e buongoverno. Ma, al di là di tutta la retorica presidenziale, la bandiera andò dietro alle banche. Il presidente non era altro che il principale esecutore dei grandi interessi finanziari. Molti anni dopo, il generale Smedley Butler, comandante del corpo dei Marines, scoprì gli altarini, per così dire, non soltanto di Wilson ma di tutto il racket imperiale". Avevo mostrato dei bei film di repertorio su Butler e i Marines a Haiti, a Taiwan, per le strade di Shanghai. A questo punto, imitando la sua voce, ho pronunciato queste parole realmente dette da Butl

er: "Ho trascorso la maggior parte della vita a fare il buttafuori di lusso per la grande industria, per Wall Street e per le banche. In breve, ho fatto il sicario, il gangster per conto dei capitalisti. Nel 1914, ho aiutato a fare del Messico un paese sicuro per gli interessi dei petrolieri americani. Ho fatto di Haiti e di Cuba due posti decenti dove i ragazzi della National City Bank potessero mietere profitti". Negli anni seguenti, Butler aprì bottega anche in Nicaragua, nella Repubblica Dominicana e in Cina, dove nel 1927 i Marines protessero gli interessi della Standard Oil. Vidal con la voce di Butler: "ll massimo che Al Capone ha mai avuto sono stati tre distretti. Io agivo su tre continenti". Inutile dire che il generale Butler continua a essere una non-figura della nostra storia imperiale. Slotkin ha cominciato a parafrasare parola per parola quel che avevo detto fin lì: che gli imperi moderni non sono come quelli vecchia maniera, dove uno pianta la bandiera sulla sede del governo di un paese stran

iero. Ho dimostrato come, dal 1950 in poi, il dominio su altri pesi sia stato esercitato attraverso l'economia - il Piano Marshall, dopo la Seconda guerra mondiale - e attraverso una presenza militare, preferibilmente discreta, come la Nato nell'Europa occidentale e politicamente per mezzo di polizie segrete come la Cia, l'Fbi,

la Dea, la Dia, eccetera. Attualmente, l'impero ordina ai suoi Stati vassalli di non fare affari con le nazioni fuorilegge: vedi il caso della legg Helms-Burton.

Creazione di un Tmpero moderno

Sebbene l'Unione Sovietica sia andata fuori uso cinque anni fa, abbiamo ancora basi in Belgio, in Germania, in Grecia, in Italia, nei Paesi Bassi, in Portogallo, in Spagna, in Turchia. In Gran Bretagna abbiamo sette basi aeree e tre navali. Nel 1948, l'allora segretario alla Difesa, Forrestal, installo due squadriglie di B-29 nella campagna inglese, dicendo che era una buona idea abituare gli inglesi a una presenza militare americana permanente. Per creare e amministrare un impero moderno bisogna prima scoprire, o inventare, un nemico comune e poi assoggettare tutte le potenziali vittime di quest'orco al proprio dominio, usando i propri servizi segreti per distorcere la loro politica come la Cia ha fatto, per esempio, col partito laburista di Harold Wilson. Oggi, per passare ad altri luoghi, abbiamo una presenza militare in Arabia Saudita, nelle Bermude, in Corea, in Egitto, nelle Filippine, in Giappone, in Islanda, nel Kuwait, a Panama, eccetera, per non parlare di tutti gli Stati Uniti e di tutti i nostri

territori, oltre a due basi in Australia, senza contare la misteriosa unità della Cia di stanza ad Alice Springs. Se tutto questo non basta a fare un impero, non so proprio che cosa ci vuole. Eppure, non dobbiamo usare questo termine, per motivi che gli esperti della General Electric non hanno spiegato. A un certo punto, Vanocur ha preteso che io avessi detto che il popolo americano era avido di conquiste, mentre ho detto il contrario. Il nostro popolo tende all'isolazionismo e per indurlo a immischiarsi in una guerra lontano da casa ci vogliono sempre un sacco di manipolazioni da parte delle corporation, oltre che di malefatte presidenziali imperiali. Mestamente, Schlesinger ha confermato che è così. Slotkin ha creduto che io avessi detto che i presidenti della fine del Diciannovesimo secolo erano creature della grande industria, quando invece avevo detto che la grande industria si è dedicata alla sua politica di rapina e che i presidenti fra Lincoln e Theodore Roosevelt si sono mostrati vagamente accomodan

ti. E' stato poi affrontato con fare solenne il motivo per cui sarei tanto malvagio. Tutte le orecchie di topo si sono rizzate. Schlesinger ha fatto presente che nel 1940 io avevo presieduto la sezione di Exeter dell'associazione America First e che a tutt'oggi mi comporto da isolazionista. Vanocur ha detto che gli isolazionisti sono di destra. Schlesinger ha ribattuto che molti, come Norman Thomas, e come me, sono di sinistra. Fango alla mano, per così dire, Vanocur ha osservato che l'isolazionismo "ha sfumature di antisemitismo", ma non ha funzionato. Schlesinger ha effettivamente notato, con una certa meraviglia, che a quanto pare c'è chi sembra non capire fino a che punto il nostro futuro sia inestricabilmente legato alle sorti politiche di tutti gli altri continenti. Quello sarebbe stato un momento favorevole ad aprire un dibattito illuminante. Se mi avessero invitato, avrei forse potuto dire che non vi è mai un buon motivo per impegnarci in conflitti internazionali, a meno che la nazione non sia in ef

fettivo pericolo, oppure non abbia sete di conquista: non voglio mica fare l'innocente. Da George Washington in poi, gli argomenti migliori sono sempre stati quelli degli isolazionisti. Ma dal momento che la grande industria mette sempre i suoi quattrini nelle avventure all'estero, sono sempre i quattrini che ci fanno muovere, almeno fino a qualche tempo fa.

Il disarmo di Stalin, il riarmo di Truman

Ho detto che Stalin, dopo la guerra, avviò un drastico disarmo. Arthur ha giustamente osservato che l'abbiamo fatto anche noi: le pressioni delle masse isolazioniste costrinsero il governo a mandare a casa milioni di soldati, me compreso. Ma due giorni dopo l'annuncio della resa del Giappone, il 17 agosto 1945, Truman fece sapere che avrebbe chiesto al Congresso di approvare un programma di addestramento militare universale - in tempo di pace! Inoltrò quella richiesta e fu esaudito. Noi ci siamo riarmati mentre loro disarmavano. Per breve tempo. Fra il maggio e il settembre del 1946, Truman intraprese il riarmo del settore americano della Germania, incoraggiando al tempo stesso gli sforzi della Francia per ricolonizzare l'Indocina e interferendo militarmente in Cina e in Corea del Sud. Il grande problema di vivere in un paese dove l'informazione e l'educazione sono soggette a un controllo tanto stretto e che all'orecchio dei cittadini arrivano pochissime notizie sulla nostra reale situazione. Ci assicurano

invece che quanti invidiano la nostra ricchezza e la nostra bontà ci odiano al punto da commettere atti terroristici contro di noi per semplice sfregio. I danni che i nostri imperialisti presidenziali e industriali hanno arrecato ad altri da un capo all'altro del mondo sono un non-argomento. Come abbiamo visto in agosto, quando una rete imperiale ha trasmesso per sbaglio una panoramica realistica e ha dovuto spedire sul posto in fretta e furia un gruppo di quattro esperti a rincollare due orecchie da topo sulla testa dell'aquila. A questo punto Vanocur finge di chiedersi attonito perché mai dico tante cose tremende sul conto della Disneyland che paga il suo piccolo stipendio. Eppure, credevo di essere stato chiaro. Io sono un patriota della vecchia Repubblica che nel corso degli anni di espansionismo si è lentamente disfatta fino a scomparire nel 1950, quando sorse il National Security State. Adesso voglio che ci convertiamo da un'economia di guerra a un'economia di pace. Ma dal momento che i grandi gruppi i

ndustriali tipo General Electric che ci governano non si convertiranno mai, qualcuno dovrà pure mollare, no? Quando l'esimio Vanocur si è domandato perché mai avessi fatto quel programma, Arthur ha risposto: "Per divertirsi, e per divertire il pubblico". Il che è stato deludente ma degno del Doktor Faustus di Harvard Yard. Non mi diverto molto a riferire delle disastrose attività imperiali del mio paese. Volevo soltanto raccontare una storia mai raccontata prima d'ora dalla nostra tv -e che non verrà mai più raccontata finché imprese come la General Electric e la Disney avranno la possibilità di possedere mezzi di comunicazione e di manipolare l'opinione della gente. Che fare? Mandare in pezzi le grandi corporation. Sarebbe un buon inizio. E poi... Beh, fatto trenta perchè non fare trentuno? Che ne direste di una stampa libera, di un governo autenticamente rappresentativo e... Insomma, avetecapito.

(M.A.) -

 
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