di Sergio D'Elia, Segretario di "Nessuno tocchi Caino"
(da "Il Popolo" dell'11 Dicembre 1996)
Oggi è la Giornata delle Nazioni Unite sui diritti umani e la prima considerazione che mi viene da fare è che il diritto a non essere uccisi a seguito di una sentenza o misura giudiziaria non fa parte ancora del sistema universale dei diritti umani. Tale diritto non è neanche condiviso dall'insieme dei Paesi di democrazia politica. Sono migliaia i condannati a morte ogni anno nel mondo; due terzi delle esecuzioni avvengono nella sola Cina; la quasi totalità riguarda Paesi totalitari o di giovane e ancora incerta democrazia; il resto della pena di morte avviene in pratica solo negli Stati Uniti. Il nostro cruccio è proprio questo: la pena di morte nella democrazia più antica e forte del mondo. E non è solo questione di pena di morte, ma anche di un sistema giuridico che accetta il rischio di mandare a morte un innocente. E' il caso di Joseph O'Dell, un innocente senza ombra di dubbio che il 18 dicembre andrà sulla sedia elettrica in Virginia, perché le prove della sua innocenza sono giunte 21 giorni dopo la f
ine del processo. Solo una sorta di fondamentalismo giuridico può concepire una norma che in pratica dice: un processo che si è concluso nel pieno rispetto delle regole di procedura può ben accettare l'eventualità di "giustiziare" un innocente. Solo uno Stato di diritto perfetto potrebbe concepire una norma così presuntuosa. Noi sappiamo che non è così, che lo Stato di diritto non è perfetto, che esiste sempre la probabilità dell'errore giudiziario, e che una norma del genere è ancora più assurda di fronte alla eventualità della condanna a morte o della condanna a vita. n In queste ore, Joseph O'Dell è stato trasferito dal "braccio della morte" alla "camera della morte", cioè nella sezione del carcere dove verrà "giustiziato" (mai come in questo caso il termine risulta inaccettabile). Il protocollo dell'esecuzione è stato attivato, e solo una immediata mobilitazione delle coscienze può bloccarlo. In una intervista dalla "camera della morte" in diretta a Radio Radicale, Joseph O'Dell ha rivolto un appello ai
cittadini italiani, lo stesso aveva fatto nei giorni scorsi attraverso una lettera a Rosa Russo Jervolino: "sappiate che se il 18 dicembre mi uccideranno, avranno giustiziato un innocente. Vi chiedo aiuto."
Non è un caso che la richiesta di aiuto sia stata rivolta al nostro Paese e che così tante persone l'abbiano raccolta. L'Italia è il Paese che, sul caso di Pietro Venezia, alcuni mesi fa', ha detto agli Stati Uniti: noi non estradiamo nessuno in uno Stato che ha la pena di morte. Quella sentenza ha fatto il giro del mondo e l'Italia è diventato un punto di riferimento a livello internazionale non solo per chi è vittima della pena di morte, ma anche per chi lotta per abolirla. Ma nulla cambierà davvero nel mondo finché la pena di morte non sarà una questione che pesa nei rapporti di cooperazione politica, economica e giudiziaria tra Stati abolizionisti e Stati mantenitori. Con gli Stati Uniti abbiamo iniziato a farlo. Facciamolo anche con la Cina. Cominciamo a dire alla Cina almeno: noi vi apriamo una fabbrica, ma voi chiudete un campo di concentramento.