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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Rinascimento - 4 gennaio 1997
EMMA BONINO: QUANDO LA NONVIOLENZA ARRIVA AL GOVERNO
di Angiolo Bandinelli

"L'Opinione", 4 gennaio 1997

Nella conferenza stampa tenuta a Roma per Capodanno Emma Bonino è stata chiara e tagliente: "Riforma delle Nazioni Unite? Sì, ma per farle crescere in democrazia. Attualmente, dallo Zaire a Kabul, dal Ruanda all'Afghanistan, la loro condotta è stata ed è pavida e irresponsabile".

Pochi giorni prima, una giuria internazionale presieduta da Jacques Delors aveva indicato nella Commissaria italiana la "personalità europea per il 1996". Un avallo autorevole, che sigillava degnamente la crescita di attenzione e simpatia con cui stampa e media di mezzo mondo (quelli italiani si sono accodati) vengono da qualche tempo analizzando e interpretando l'opera di questa anomala e scomoda donna. Ma la motivazione che consacrava, come è stato scritto, "l'ascesa di un personaggio assolutamente atipico" il cui merito maggiore sarebbe di aver dimostrato che "le istituzioni dell'Unione non sono una macchina burocratica senz'anima, ma possono essere messe al servizio di una volontà politica nutrita dei valori che costituiscono le fondamenta della civilizzazione del nostro continente", non coglieva l'essenza del suo lavoro di due anni. La conferenza stampa ha ristabilito puntigliosamente l'ordine.

Bene, premiare l'attivismo del "cyclone Emma", istancabile e coraggiosa (in Somalia, il convoglio su cui viaggiava si trovò coinvolto in una drammatica sparatoria), la sua schiettezza di linguaggio, il rigore così poco "italiano", il non essersi fatta intrappolare nei comportamenti burocratico-mandarineschi attribuiti a quelli di Bruxelles; ma siamo lontani dall'aver messo a fuoco il senso della sua presenza nel cuore delle istituzioni europee. Ciò che non viene ancora colto è che le iniziative della Commissaria esprimono, lette unitariamente, una posizione di punta, squisitamente politica, nel dibattito circa il futuro delle Istituzioni sovranazionali, l'ONU o quelle comunitarie europee.

Arrivando a Bruxelles, Emma Bonino aveva presentato un biglietto da visita che registrava radici e matrici della sua lunga militanza, aborto e droga compresi: la cosa parve una ostentazione di suffragetta da strapazzo, da tener d'occhio con sufficienza e ironia. Altri personaggi, al momento dell'ingresso in istituzioni ufficiali e di governo, si sono affrettati a ritrattare un analogo "scandaloso" passato: della sua storia, lei ha piuttosto potenziato la visibilità, per dimostrarne l'adeguatezza al governo di cose, di eventi e di Istituzioni.

Per anni, in costante sintonia con Marco Pannella, Emma Bonino è venuta incardinando segmenti, spezzoni, di una vera e propria politica "estera", tanto "di parte" e "alternativa" quanto intesa ad aggredire in modo costruttivo i temi di fondo del nostro tempo: da quando, nel 1981, raccolse decine di Premi Nobel attorno a un piano di straordinari interventi nel quadro della battaglia sulla Fame nel Mondo, alla campagna sviluppata (in stretto dialogo con Butros-Ghali) per il Tribunale ad hoc sulla Jugoslavia, fino alla missione diplomatica dell'ottobre 1994 che la portò in qualità di portavoce del governo Italiano a caldeggiare dinanzi all'Assemblea Generale delle NU l'istituzione di una Corte Penale Permanente sui crimini contro l'umanità. Per non parlare dell'abbrivio dato alla moratoria universale della pena di morte. Un contesto unitario e rigoroso, entro il quale vanno collocati anche gli interventi in Zaire o, prima, in Ruanda, Bosnia o Somalia. Queste iniziative, condotte con una metodologia di "azione d

iretta" nonviolenta gandhiana, sono state le occasioni colte per dar corpo sempre più visibile al disegno politico tenacemente perseguito: la costruzione, per linee coerenti, di un nuovo diritto della persona a livello transnazionale, da far recepire e imporre in forme strutturali agli Stati ma sopratutto alle grandi Istituzioni transnazionali e sovranazionali, ONU ed UE in testa.

I tre settori avventurosamente affidatile in seno alla Commissione erano non più che frattaglie, forse rogne buttate sulle spalle della donna presentata dal governo Berlusconi in modo incerto, tardivo, senza decisione né convinzione. L'attività alieutica (la pesca) è, in tutta Europa, in grave crisi, in primo luogo perché le riserve ittiche delle acque continentali (come di tutto il mondo) sono, a causa dell'indiscriminato prelievo, in esaurimento. Per non sfidare le lobby del settore, nessuno dei governi più interessati, cioè la Spagna, che ha la massima flotta peschereccia europea, la Gran Bretagna e la Francia, intendeva però tener conto di questa amara verità, preferendo lasciar mano libera alle flotte e alla loro continua guerriglia, condotta in barba a leggi, ordinamenti e regolamenti, a volte persino a cannonate, per l'accaparramento degli stock residui. Rovesciando l'andazzo, la nuova Commissaria ha attivato alcuni semplici, secchi parametri: far rispettare il diritto internazionale e le norme esiste

nti, e nel contempo promuoverne altre più adeguate a riequilibrare il rapporto ecologico tra riserve ittiche e sfruttamento. Si può immaginare l'ostilità di settori economici e politici riottosi dovunque a cedere ad una autorità "sovranazionale", cioè lontana ed estranea, prerogative legislative e normative condite in salse di sapore sciovinistico. Oggi, la paziente testardaggine della Commissaria comincia a riscuotere successo e comunque rispetto, anche dai settori colpiti dalle misure da lei escogitate: contingentamenti, drastica riduzione delle flotte (un provvedimento fino a ieri inimmaginabile), riconversione.

Attraverso ECHO, l'organismo specializzato, l'Europa è da anni il massimo erogatore mondiale di "aiuti umanitari". A questa generosità non faceva però riscontro un minimo di valorizzazione o un progetto coerente. Perfino giocando sulla spettacolarità delle iniziative, la Commissaria Bonino ha puntato innanzitutto a far sì che il ruolo dell'Europa (e dei suoi contribuenti) divenisse più visibile. Ma sopratutto ha cercato di suscitare, a fianco e prima dell'aiuto umanitario, interventi di alto profilo, realizzati da un vero soggetto europeo e mirati ad eliminare o ridurre le cause politiche delle emergenze - i conflitti, le guerre civili, etniche o d'altro genere - per le quali vengono poi invocati, magari tartufescamente, gli aiuti umanitari. Di qui, in Bosnia o in Ruanda, a Sarajevo come in Cecenia o nello Zaire, gli incitamenti e la polemica nei confronti della strutturale impotenza europea, delle incapacità dell'ONU o anche, in Zaire, delle iniziative sottilmente "imperialiste" degli Usa. La Commissaria no

n ha esitato neppure ad ampliare i confini territoriali e politici del suo interventismo, muovendo a sostegno della dissidente birmana, nonviolenta e Premio Nobel, Aung San Su Kyi o giungendo a chiedere in pubblico al "Lider Maximo" Castro, durante una visita a Cuba, la liberazione di alcuni detenuti politici come premessa necessaria all'apertura di un dialogo qualsivoglia. E non è un mistero come, sempre mantenendosi sul terreno dei diritti e dell'assistenza umanitaria, la Bonino non sia insensibile anche alla questione del Tibet e della Cina.

Infine la cosidetta "politica per i consumatori". Dotato di strumenti di intervento vaghi e poco incisivi, il settore si viene ora aprendo a nuove prospettive, cercando di prefigurare una vera e propria politica "dei" (e non "per") i consumatori, una lobby il cui peso, in un mercato potenziale di oltre 300 milioni, potrebbe divenire determinante rispetto a scelte ed indirizzi, non solo economici, di fondo.

Scartando le vie battute in precedenza, quelle della emanazione di norme minuziose e a volte risibili relative ai consumi, specie alimentari, la Bonino ha puntato tutto su una progettualità di impronta liberale e liberista: promuovere ed esigere la chiarezza e completezza dell'informazione offerta al consumatore e a quelle associazioni di consumatori che dovrebbero/potrebbero fornire al mercato possenti spinte liberalizzatrici e modernizzatrici, se solo avvertissero questa urgenza: "Paradossalmente, ama ripetere, piena libertà di mangiare anche la carne delle mucche pazze inglesi. Purché il consumatore non sia ingannato sulle caratteristiche del prodotto che ha davanti".

Ma, sopratutto, la Bonino ha spostato la mira sui "servizi", pubblici prima che privati, la cui politica viene oggi determinata per secondare gli interessi del produttore più che per esaltare i diritti del consumatore, male informato e peggio difeso. Qui il terreno è tutto da arare, e potrebbe aprirsi in grossi spazi operativi e decisamente politici. Ultimamente, poi, la Commissaria ha cominciato a rivolgere le sue cure all'evento fondamentale dei prossimi anni, il passaggio alla moneta unica, una misura rivoluzionaria che potrebbe però fallire qualora venisse non capita o rigettata dai consumatori, i cittadini utenti.

Mancano circa due anni alla fine del suo mandato europeo. Nel frattempo ci sarà l'attuazione, o il rigetto, di Maastricht. La Bonino guarda con preoccupazione alla scadenza, e moltiplica le sue martellanti denunce per le inadempienze e i ritardi nello sviluppo del modello federalista, sempre insidiato dalla mancanza di coraggio, dai sabotaggi delle diplomazie e delle politiche nazionali, restie a superare se stesse e a dar mano alla costruzione di quel soggetto Europa che da buona erede di Spinelli e Rossi lei vuole promuovere, dotato di un saldo cervello politico in grado di assumersi responsabilità e di affrontare le sfide della globalizzazione.

Costantemente affinando una progettualità riformatrice di stampo gandhiano nonviolento, Emma Bonino sta cercando di mostrare che, alla soglia del XXI secolo, è d'obbligo lasciar cadere i vecchi schemi e mirare invece al rafforzamento di "soggetti" attivamente portatori di un diritto (e di una giurisprudenza) sovranazionale, già esistenti o da creare. Sì, è una vera politica estera "in progress", alternativa a quelle che Stati e governi illusoriamente perseguono: purtroppo, dietro a lei non c'è ancora che un inadeguato embrione di quel Partito Radicale "transnazionale" che lei stessa ha contribuito a far nascere e ha diretto, ma che ancora non è decollato.

 
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