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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Roma - 8 marzo 1997
UNA BUONA POLITICA ESTERA NON BATTE LA GRANCASSA E PROCEDE PER PICCOLI PASSI

Da "Il foglio" - 8 marzo 1997 - pag. 4

Signor direttore,

a Ginevra tra il 9 e il 10 marzo come Partito Radicale transnazionale daremo vita a una grande manifestazione per chiedere l'apertura sotto l'egida dell'ONU, di negoziati senza precondizioni tra Pechino e il Dalai Lama, con il governo tibetano in esilio. E il 10marzo inizieranno a Ginevra i lavori della Commissione diritti umani delle Nazioni Unite. Unione europea e Usa presenteranno in quella sede una risoluzione congiunta sui massacri di vite e di cultura tibetana, di diritto e democrazia in Cina e Tibet, se non fosse che il veto italiano e francese lo impedisse. Noi abbiamo proposto ai parlamentari italiani di depositare una mozione che impegni il governo italiano a non rompere e vanificare il fronte europeo. Dalla Farnesina giungono segnali di nervosismo, soprattutto perché chi pone veti se ne vergogna. Comunque una quarantina di senatori ha presentato la nostra mozione che sarebbe già andata in aula se non fosse stato per il presidente Nicola Mancino, che ha chiesto che non venga discussa se non dopo la

prossima visita in Italia del ministro degli esteri cinese. Difficile non pensare che il presidente Mancino non si sia consultato con qualcuno nel governo..

Si consideri anche che migliaia di comuni italiani sono stati diffidati per il secondo anno dall'issare il 9 e 10 marzo la bandiera comunale sul proprio pennone. Il tutto per dire che in parlamento e nel paese, su questi temi, politicissimi, sono con noi vere e proprie maggioranze, e il consenso giunge da destra e da sinistra. Sono certo che anche tra i ministri in molti siano in sintonia con queste nostre posizioni. Ma il governo opera come detto. Mi chiedo e le chiedo da che derivi questa scollatura.

Paolo Pietrosanti consigliere generale PR

Risposta del direttore Ferrara

Lamberto Dini è un ottimo tecnico. Spregiudicato per cultura e carattere, e questo è anche un buon viatico per funzionare come politico, sebbene certe disinvolture in economia del suo governo siano state oltre modo rischiose. Ma la debolezza della politica estera italiana, che peraltro è congenita e deriva dalla formazione del nostro stato nazionale non meno che dall'esito della seconda guerra mondiale, potrà essere curata solo in un quadro di stabilità e di rinnovamento costituzionale. Ci vogliono governi forti in patria e progetti a lungo termine per contare qualcosa nel mondo. Quanto ai diritti umani e alle grandi questioni etiche, come quella sollevata dalla storia tibetana , lo scopo di una buona politica estera non può essere quello di battere la grancassa al ritmo delle iniziative umanitarie; bensì quello, più conveniente, di tradurre le affermazioni di principio in piccoli spostamenti nella direzione giusta.

 
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