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Partito Radicale Roma - 13 marzo 1997
DA TIRANA A ROMA, L'ATTIVISMO DI DINI (E IL SUO METODO)
Colloquio con un uomo che può riservare sorprese. Cinismo in politica estera. Realismo in politica interna.

Da "Il Foglio quotidiano" - 11 marzo 1997 - pag. 3

Roma - "A William Cohen, il segretario americano alla difesa, l'aveva detto " esordisce Lamberto Dini, " in Albania sono tutti bad guys, ma gli italiani hanno una buona posizione di influenza verso il governo e sono ascoltati anche dalle opposizioni: bisogna utilizzare questo vantaggio per arrivare a una soluzione politica". Il ministro degli esteri è soddisfatto del primo risultato ottenuto dalla diplomazia italiana, dopo l'allocuzione televisiva del presidente albanese Sali Berisha, le forze parlamentari albanesi hanno raggiunto sulla nave San Giorgio un accordo transitorio che, si auspica, potrebbe far cessare la rivolta e portare il paese a nuove elezioni. Dini ha tutta l'aria del sapiente e un po' cinico diplomatico europeo come sempre alle prese con l'ingenuità americana. La tregua è stata il suo brodo, e in quelle quarantott'ore la Farnesina ha cotto la soluzione politica, quell' inciucio a fin di bene che può scongiurare il bagno di sangue. Intanto il Dipartimento di stato si preoccupava dei prin

cipi, della legittimità del potere di Berisha, e si capisce che lo staff del ministro l'aveva presa come la solita sparata, un po' troppo enfatica, e forse disutile, sui diritti umani e civili. "Gli americani alla fine hanno capito che non si doveva partecipare al gioco della reciproca legittimazione, in atto in Albania da tempo, tra il potere e l'opposizione, che bisognava scongelare piano piano, troncare e sopire la catena degli odii, senza schematismi. Ristabilire l'ordine, evitando lo scontro militare, e slittare nella maggior chiarezza possibile verso un nuovo governo, il coinvolgimento dell'opposizione emarginata, nuove elezioni: una scaletta da manuale delle mediazioni difficili", solfeggia un ministro degli esteri che stavolta l'ha vista giusta. E che, come vedremo nella seconda parte del colloquio, si appresta a fare un po' di sano chiasso anche in politica interna. A quanto pare.

Ma il Sismi aveva capito come stavano le cose o siamo stati presi alla sprovvista? Qui Dini è molto cauto: "Della crisi delle finanziarie sapevamo dall'ottobre scorso. Quanto alla degenerazione in rivolta armata, beh, su questo forse si poteva essere più tempestivi. Ma non era un lavoro di intelligence poi così facile. Il governo di Tirana comunque, era stato invitato ad agire dal Fondo monetario e dal governo italiano, ma non ha fatto nulla. La verità è che in quella faccenda le responsabilità sono trasversali, questo ha reso tutto più complicato". Attraverso l'ambasciata a Tirana, e per altri canali meno ufficiali, la Farnesina sta in queste ore cercando di stabilire un contatto utile, efficace, con quello straccio di leadership, che si presume esserci e funzionare a Valona, dove disperazione e spontaneità, oltre che spinta criminale organizzata, hanno fatto la loro parte, nella maturazione, nello scoppio e ora nell' inquietante persistenza dello spirito di rivolta armata.

L'Albania non è il solo fronte. C'è l'allargamento a est della NATO che preme, vero signor ministro? "La posizione italiana è ben piazzata - e spero che le parole chiare di Romano Prodi abbiano rassicurato i nostri amici polacchi - rispetto al traguardo utile: una NATO più larga a est, in tempi certi, ma con un accordo quadro, da stipulare e perfezionare parallelamente alle procedure di incorporazione nell'alleanza militare di nuovi paesi. La Russia non può avere, ma non chiede nemmeno, un diritto di veto. Tuttavia occorre fissare criteri strategici che siano compatibili con le sue esigenze di sicurezza: niente armamenti addizionali, in specie nucleari. E questo va fatto, partendo dal vertice marzolino tra Elsin e Clinton, con un serio lavoro di preparazione della Conferenza di Madrid, nel prossimo luglio. Lì si selezioneranno i paesi membri candidati della nuova NATO, poi nel '97 e nel '98 ci sarà la ratifica generale della scelta mentre questi paesi saranno già a tutti gli effetti i prescelti; ma solo ne

l '99, nel cinquantesimo anniversario della NATO, si realizzerà l'incorporazione ufficiale. C'è tutto il tempo per rassicurare la Russia e garantire, visto che i nostri 'no' si sono sentiti ed è saltato il direttorio a cinque di cui si era parlato, il consunsum omnium, regola aurea dell'alleanza atlantica e spesso anche della buona diplomazia, come abbiamo avuto occasione di ricordare amabilmente, a Roma, alla signora Madeleine Albright".

E se per luglio non ci fosse l'accordo russo? "Procederemmo comunque alla fase iniziale della selezione, però in un clima di tensione che oggi facciamo di tutto, e con buone chances, per scongiurare".

Gli americani e noi: la carne al fuoco

Non c'è un po' troppa carne al fuoco, nel rapporto con gli americani? I francesi insistono sul comando europeo del fianco sud dell'alleanza, spalleggiati in linea di principio anche da noi, e per sopammercato il sottosegretario alla difesa, Massimo Brutti, e il suo primo collaboratore agli esteri, Piero Fassino, hanno detto che è allo studio una revisione dei trattati segreti che istituirono le basi NATO in Italia. Con l'appoggio, beninteso, del vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni, che di quella vecchia rivendicazione della sinistra ha parlato alla rivista di geopolitica "LIMES". "Della rinegoziazione delle basi NATO non se ne parla nemmeno. E' una mera ipotesi di studio. Gli accordi riservati restano tali, punto e basta. Aviano è stata una base chiave per la politica balcanica dell'alleanza, guai a toccare una vecchia impalcatura, che peraltro regge benissimo".

A un Dini tanto chiaro e inequivoco sembra persino ingeneroso riferire la critica per "eccesso di cinismo" che circola su di lui e sulle sue ambiguità verso i curdi e i serbi, per esempio, o sul terreno dei diritti umani. Ma è bene farlo. E lui: "Non sono un cinico, e tengo ai principi. La Turchia per esempio, deve fare progressi per l'adesione all'Unione Europea. In Europa contano valori condivisi. Una custodia cautelare in isolamento di circa un mese, senza praticamente diritti di difesa, è francamente troppo. Ma quando si guarda alla Cina, al Tibet, all'Islam, una volta detto che i principi vanno sempre ribaditi, occorre anche tenere conto delle diverse tradizioni. Con tutto ciò, la risoluzione ONU sui diritti umani, nonostante le obiezioni dei cinesi, deve essere varata. Quattordici paesi europei su quindici sono di questo avviso".

E il quindicesimo, che dice no e fa da sé, qual è? "La Francia, naturalmente".

Quando si passa alla politica italiana, per il valico dell'Europa di Maastricht, Dini si fa vivace. "La moneta unica non è un optional. E' un obiettivo nazionale che deve essere perseguito a ogni costo".

Anche con una manovra di bilancio che metta a rischio l'appoggio di Rifondazione comunista al governo? "I provvedimenti necessari al conseguimento dell'obiettivo europeo devono essere comunque portati in Parlamento. E questi provvedimenti devono fondarsi, necessariamente, su un taglio delle spese sociali, di tipo strutturale e duraturo nel tempo, e sull'esclusione della via breve di nuove imposte. Mi sembra che siano riunite tutte le condizioni perché provvedimenti coraggiosi ma assolutamente indispensabili passino con una maggioranza persino più larga, viste le proclamazioni di buona volontà europeista dell'opposizione".

Ma se la maggioranza, invece che più larga, alla fine risultasse diversa? "Anche una maggioranza diversa, sul chiaro e definitivo obiettivo dell'ingresso dell'Italia in Europa, va messa nel conto. Io non credo che ce ne sarà bisogno, ma bisogna metterla nel conto, altrimenti l'obiettivo scompare dall'orizzonte di questo governo, e questo non deve succedere per nessun motivo. Su questo punto cruciale io stimolo con chiarezza il presidente del Consiglio e gli altri leader della maggioranza ad andare avanti; e aspetto".

Come sono i suoi rapporti con Berlusconi? "Almeno altrettanto buoni di quelli che egli intrattiene con D'Alema. Ci siamo visti qualche giorno fa, e gli ho detto che considero altamente responsabile la sua posizione pro Europa".

Che cosa vogliono i popolari europei

E' vero che il cancelliere tedesco e le democrazie cristiane europee spingono con forza per la ricostruzione di un centro moderato, preoccupati per lo sbilanciamento a sinistra dell'alleanza dell'Ulivo?

"Noi siamo leali a questa maggioranza. Non ci piove su questo. Ma il compito della forze moderate alleate con la sinistra socialdemocratica è quello di precostituire, oggi, le basi per una sana alternanza nel futuro, in un futuro non vicino ma politicamente prevedibile. Se D'Alema farà una grande forza socialdemocratica e si candiderà in suo nome a governare, compito che persegue con tenacia e abilità, una cosa è chiara: noi cercheremo di organizzare un centro liberaldemocratico alternativo al suo legittimo progetto".

Quindi starete dall'altra parte? "E' un modo un po' secco di esprimersi, ma immagino che un polo alternativo alla socialdemocrazia, che guardi a Einaudi e a De Gasperi, non può essere corifeo di una socialdemocrazia. Questa alleanza di governo è salda perché ha per sé grandi compiti di programma, ben definiti, legati all'Europa e al completamento della transizione, alla costruzione di nuove regole. Ma, come si è visto, noi di Rinnovamento italiano siamo bipolaristi, e ci proclamiamo apertamente contrari alla riproporzionalizzazione del sistema; vogliamo invece abolire la quota proporzionale, ed è su questo punto che ci prepariamo a un confronto molto serrato e duro con le voglie proporzionaliste di Rifondazione comunista. Perché questo? Appunto perché, sul piano della strategia a medio e lungo termine, noi abbiamo le mani libere e ci impegneremo per dare un sistema di alternativa funzionante all' Italia. Il Polo e l'Ulivo non sono, così come sono, adatti allo scopo".

Su questo c'è accordo con i popolari di Marini? "Sì".

E con Prodi? "Ho già strillato forte un paio di volte. Prodi non può sempre venderci un accordo preconfezionato con Rifondazione. Devono stare attenti a non abusare del mio senso di lealtà. Ci possono essere delle sorprese. Già abbiamo subito un'eurotassa bulgara, con una progressività da esproprio ora si parla di una manovrina da soli seimila miliardi fondata sul sequestro alle imprese del trattamento di fine rapporto, e questo escamotage, una persona rigorosa come Azeglio Ciampi non può accettarlo. Io, comunque, non lo accetto."

Incombe la battaglia di Milano, città laboratorio di un'alternanza che ha i nomi di Aldo Fumagalli e Gabriele Albertini. Con chi state? "Un sindaco che chieda i voti di Rifondazione noi non lo votiamo. Faremo da soli al primo turno".

E al secondo? "Vedremo, ma un sindaco imbrigliato da Rifondazione, ripeto, noi non lo votiamo".

 
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