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Di Stefano Rita - 5 aprile 1997
Noi, nigger della invalidità
Di Paolo Pietrosanti

Da "L'Opinione" 5 aprile 1997 pag.3

Nel pomeriggio di giovedì 4 aprile 1968 veniva assassinato a Memphis Martin Luther King. Due aspetti della sua vicenda e delle sue parole mi preme sottolineare e interpretare, a partire anche dalla mia duplice qualità di non violento, gandhiano e kinghiano, avanzo di galera per questo e da molti anni; e pure nella qualità di nigger emarginato e segregato per status fisico, per handicap.

King era uomo di legge. Molto, era uomo di legge di Dio, pastore battista come era stato suo padre, suo nonno suo bisnonno.

Ma era uomo di legge terrena, immanente, di oggi. Di legge caduca, legge come itinerario anche legislativo. Pur se egli molto sovente , soprattutto quando si scagliava contro l'inerzia dei suoi colleghi negri e bianchi faceva discendere la legittimità della legge e il dovere di disobbedirvi, all'essere quella legge conforme a quella di Dio, oltre che a quella della coscienza di ciascuno.

Proprio rivolgendo ai ministri di culto King scriveva queste parole dal carcere di Birmingham :

" In nessun modo io difendo l'infrazione della legge o la sfida alla legge, come fanno invece i segregazionisti infuriati. Questo non ci condurrebbe che all'anarchia. Infrangere una legge ingiusta deve essere fatto alla luce del sole con amore e non con odio, e con disponibilità ad accettare la punizione. Io sostengo che un individuo che infranga la legge che la coscienza gli dice essere ingiusta, ma che accetta di buon grado di andare in prigione per sollevare le coscienze della comunità sul caso dell'ingiustizia inflittagli esprime in realtà un altissimo rispetto della legge."

Viene da chiedersi e da chiedere ai lettori e da chiedere ai lettori se non ritengano che queste parole e questa storia si attaglino assai bene a qualche leader politico in Europa; e a chi.

La chiave della forza e della capacità rivoluzionaria di King e del suo movimento fu un uso intelligente anche delle idee separatiste della minoranza negra negli USA, e soprattutto nella capacità di affermare e dimostrare che il problema della uguaglianza di fronte alla legge di un gruppo sociale rispetto agli altri è questione che riguarda tutti i cittadini nella società, e non soltanto coloro che al gruppo discriminato appartengono. La qualità della vita degli appartenenti a qual gruppo sociale è indice del complessivo livello di democrazia e libertà della società intera.

Ma soprattutto, la lotta di liberazione di King ebbe a mio parere una qualità, attuale e utile come poche altre. King proponeva la liberazione dell'individuo, la piena acquisizione da parte dell'individuo della qualità di cives, e dei conseguenti diritti soggettivi. Ma guardava al diritto oggettivo quale loro unica fonte cogente. Mai King fu il leader di un sindacato dei negri; e sempre privilegiava il confronto e lo scontro funzionale alla approvazione di nuove leggi, o al rispetto delle leggi esistenti. Leggi con vigenza per tutti, per tutti i cittadini americani.

Noi, i ciechi come me, o i paraplegici, i sordi, insomma i disabili in questa società questa intelligenza non abbiamo. Se gli individui handicappati in questo paese fossero un giorno individui liberi di gestire la propria esistenza, liberi nelle strade; se un giorno noi cesseremo di esser "nigger" per tornare ad essere negri, cioè persone come tutti, molti altri cesserebbero di godere dei cespiti che a certo volontariato vengono in Italia assegnati.

Gli anni '60 videro gli USA dare vita alla più grande rivoluzione architettonica e urbanistica della storia in termini di habitat urbano: da quel momento non esistono più negli stati Uniti ascensori senza numeri dei piani indicati in braille, o scalini non aggirabili o marciapiedi non abbassati agli angli. Nemmeno uno.

La cosa portò molti soldi nelle tasche delle amministrazioni pubbliche, in termini di risparmi per l'assistenza, e in termini di introiti da imposte corrisposte dai disabili finalmente in grado di lavorare e di pagare le tasse. Ma certo non convenne affatto, quella rivoluzione, a coloro che sulla non libertà di noi disabili lucrano, "volontariamente" assistendoci. Un disabile nigger, segregato, non libero, vale un tesoro.

P.S.: Uno dei libri di King recava come titolo: "Perché non possiamo aspettare."

 
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