Gelo Pechino-Bonn
COME possono le democrazie organizzare la loro coesistenza con il totalitarismo comunista di Pechino, posto a governare un quarto dell'umanitß e un paese che il mercato e la potenza del futuro? L'arresto del corrispondente di "Der Spiegel" Juergen Kremb, trattato da nemico del popolo per i suoi contatti con i familiari del leader del dissenso in prigione, ripropone in modo drammatico il problema. Non certo perch a farne le spese un giornalista: oggi da Pechino allo Zaire, l'altro ieri da Bucarest a Sarajevo, i rischi del mestiere d'informare sono inevitabili. Molto pi· drammatico il caso Cina per governi, diplomazie ed operatori economici e finanziari. Non a caso il blitz della Anquabu (la 'Gestapo rossa' di Li Peng) contro Kremb stato reso noto proprio nel giorno in cui il cancelliere Helmut Kohl iniziava un viaggio in Estremo Oriente vitale per sponsorizzare l'export made in Germany. Ecco il messaggio dei gerarchi della Cittß Proibita agli occidentali spe
ranzosi di esportare anche i loro valori: chi vuole fare affari con la Repubblica popolare deve piegarsi ai suoi valori e ingoiare la repressione dal Tibet alla Tienanmen. E' una capitolazione inevitabile? Non detto, se ricordiamo la svolta della Conferenza sulla sicurezza europea nel 1975, in piena guerra fredda. Breznev e i suoi vassalli a Berlino Est o Praga incarceravano i giornalisti e reprimevano il dissenso. Ma in cambio del disgelo politico e commerciale per l'Occidente seppe imporre loro la firma di quegli accordi di Helsinki che - imponendo l'apertura di spazi all'informazione e dunque alla societß civile - segnarono l'inizio della fine dell'Impero. Ma a differenza del breznevismo, la Cina rossa non appare un sistema in crisi terminale. Ha appena minacciato gli occidentali anche con la partnership strategica conclusa con Mosca in non casuale chiave antiamericana.