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Partito Radicale Roma - 19 luglio 1997
USA/ Ultimi tentativi per bloccare la esecuzione dell'uomo che sostiene di essere innocente

O'DELL, RESTA SOLO LA CLEMENZA

Da "Il Messaggero" 19 luglio 1997 - pag. 12

Scalfaro al governatore della Virginia: "Rispettate la vita"

Di A. Gu.

NEW YORK Le ventuno del 23 luglio non sono lontane. Ma Joseph O'Dell qualche speranza ancora ce l'ha. Due ricorsi alla corte d'appello statale e alla corte suprema federale sono già partiti e dovrebbero essere discussi durante il fine settimana. E poi, c'è l'appuntamento di Lunedì fra i suoi legali e i governatore della Virginia, George Allen. Al centro dell'incontro sarà la richiesta di clemenza che O'Dell ha deciso di presentare dopo molte incertezze. E quella sarà veramente l'ultima spiaggia per chi spera che il 54enne detenuto abbia salva la vita. Allen non ha mai nascosto quel che pensa di O'Dell, non ha mai ammorbidito la sua convinzione che l'uomo sia colpevole, ma parlando ai giornalisti americani ieri ha sottolineato che studierà con attenzione l'ultimo appello che il detenuto gli ha inviato. Una promessa che è quasi sembrata una risposta all'accorato messaggio giunto ieri dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, poche vibranti parole in nome dei "valori eterni dell'uomo, primo fra tutti il rispetto de

lla vita".

Queste sono ore plumbee in Virginia. E non solo per gli ultimi spasmodici tentativi di bloccare l'esecuzione di O'Dell. La porta della "saletta delle morte" del Greenville Correction Center si è già aperta giovedì sera, per il detenuto Roy Bruce Smith, un cinquantenne che aveva rifiutato di chiedere la grazia ad Allen. Condannato per aver ucciso un poliziotto, Smith ha voluto trascorrere le sue ultime ore nella solitudine, consumando un pasto ascetico di pane e succo d'uva. Anche per lui, come per O'Dell, le prove erano invece apparse schiaccianti sia ai dodici giurati della giuria sia ai giudici statali e federali nel corso delle varie fasi di appello. Alla fine, Smith è rimasto solo. E solo è andato incontro al boia, in una disperazione silenziosa e assorta.

O'Dell ha dietro di sé molti sostenitori, soprattutto nel nostro paese. Il pontefice stesso gli ha inviato parole di conforto. e la città di Palermo gli ha offerto una sepoltura dignitosa se l'esecuzione dovesse avere luogo. Da ogni angolo del nostro paese, migliaia di messaggi arrivano quotidianamente sulla scrivania del governatore. Molti protestano indignati per il suo rifiuto di far condurre un nuovo test del Dna sul seme trovato nel corpo di Helen Schartner, la donna che O'Dell avrebbe stuprato e ucciso nel 1985. Allen ha motivato il suo diniego ricordando che un altro test era stato già condotto nel 1990, con risultati inconcludenti, e che comunque la qualità di prove presentate contro Joseph O'Dell al processo nel 1986 era "enorme" e altri test erano futili.

A.Gu.

L'ANALISI

Disarmare il boia

Anche per i colpevoli

di ANNA GUAITA

Dieci anni fa l'opinione pubblica italiana salvò la vita a un condannato a morte americano. Il nostro giornale fu in prima linea in quella battaglia, e insieme a noi si mossero le autorità politiche e religiose. Eravamo convintissimi di essere dalla parte della ragione. Eppure non ci venne mai In mente di chiedere al governatore dell'Indiana di risparmiare Paula Cooper perché "innocente". Sia Don Gennaro Greganti, il piccolo prete che riaccostò la giovane alla fede sia l'avvocato Bill Touchette, che la difese gratuitamente nei processi di appello, ci spiegarono che tentare un braccio di ferro su quel punto era sbagliato moralmente e strategicamente. Moralmente, perché lavorare per salvare solo il detenuto che potrebbe essere innocente vuol dire accettare come perfettamente legittima l'esecuzione degli altri detenuti nei bracci della morte. Strategicamente, perché c'era stato un processo con tanto di testimoni e prove: come potevamo noi dall'Italia contestare settimane, mesi di indagini di cui sapevamo ta

nto poco? Don Greganti e Bill Touchette avevano ragione. Oggi, Paula Cooper è salva. Mantenendo il dialogo su un piano etico, l'Italia portò I' opinione pubblica statunitense a ridiscutere l'equità della pena di morte inflitta ai minorenni e a giudicarla moralmente inaccettabile. Anche la battaglia per salvare O'Dell poteva seguire la stessa strada. Nel 1986, i giurati che condannarono a morte O'Dell non erano stati informati che se gli avessero dato !'ergastolo non avrebbe mai più ottenuto la libertà. Conoscendo i suoi trascorsi (cinque rapine a mano armata, un omicidio, quattro aggressioni di cui una a scopo di stupro), convinti che il carcere non lo aveva raddrizzato, i giurati credettero che solo la pena capitale potesse liberare la società da questo pericolo Non sapevano perché il procuratore non glielo aveva detto che con quei trascorsi O'Dell non avrebbe mal lasciato la prigione. Su questo punto, la battaglia Italiana avrebbe potuto davvero aprire un varco. Quello stesso 75 per cento dl americani ch

e credono nella sedia elettrica per i criminali più pericolosi, si dicono pronti ad accettare al suo posto l'ergastolo purché il detenuto non venga rimesso in libertà per buona condotta. Meno pronti sono invece ad accettare che un altro paese, che non ha seguito i processi, pretenda di sapere che un loro condannato è innocente, basandosi su una minuscola parte dell'immenso lavoro che ha portato alla sua condanna. Purtroppo è successo proprio questo, e il dialogo si è fatto stridulo. L'appello italiano per un sacrosanto gesto umanitario ha perso il suo mordente etico, per assumere un tono petulante e gli americani si sono irrigiditi. E intanto, ogni giorno che passa, la sorte di O'Dell, come quella dei tremila e più che aspettano il boia negli altri Stati, si fa un po' più disperata.

 
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