Con i commenti di Guido Ceronetti e di Paolo Guzzanti, La Stampa di oggi fa la resa dei conti tra il bene e il male che vi è stato nella campagna per Joseph O'Dell, ed il bilancio è negativo. Cosa è stata e cosa resta della grande campagna contro l'esecuzione di O'Dell? La simpatia per il crimine, secondo Ceronetti; l'antipatia per l'America, secondo Guzzanti. "Non siamo neppure capaci di pensarlo il crimine: l'orrore è riservato alla sua punizione", scrive Ceronetti. Ma questa "tolleranza" nei confronti del crimine è l'effetto devastante della pena di morte, è la sorte tragica del diritto che si specchia nel delitto. Quando poi la morte avviene su un lettino a forma di croce, allora è potente il richiamo del suo significato originario, dello strumento orribile di supplizio e di ingiustizia che la croce è stata.
Quanto all'antiamericanismo, voglio ricordare che l'attacco più grave sul caso O'Dell non l'hanno portato gli abolizionisti italiani ma i quattro giudici della Corte Suprema americana con la loro dura e pubblica dissenting opinion alla sentenza e dal New York Times che l'ha definita "Una morte al di fuori della Costituzione". La posizione di Guzzanti è analoga a quella di coloro nel nostro Paese dicono: non si criticano le sentenze se no si delegittima la magistratura.
Sergio D'Elia,
Segretario di Nessuno tocchi Caino