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Partito Radicale Paolo - 6 settembre 1997
Cina, germogli di democrazia
Da "Internazionale" 5 settembre 1997 pag. 29

Persone che denunciano la Sony per un televisore che non funziona. Villaggi che eleggono i loro capi con il ballottaggio. A piccoli passi nasce la società civile cinese

TODD CROWELL, DAVID HSIEH, XING DANWEN, ASIA WEEK, HONG KONG

Sono tanti i volti della Cina alla fine degli anni Novanta. Uno è quello presentato pochi giorni fa da Amnesty International, che ha messo il paese al primo posto nel mondo per numero di condanne a morte eseguite. Un altro è quello delle conseguenze dello sviluppo economico, che corrodendo l'autorità dello Stato offre ai cittadini il diritto di fare causa alle aziende, di eleggere alcuni funzionari e di godere di una libertà di parola mai avuta prima.

PECHINO, 23 MAGGIO 1997

Tre anni fa Xu Xianghong e Leng Ning hanno comprato un nuovo televisore a colori Sony a Pechino. Dopo averlo portato a casa, però, hanno scoperto che le sue prestazioni erano diverse da quelle pubblicizzate nel depliant che avevano preso a una manifestazione per la presentazione di nuovi prodotti. Non avendo ottenuto soddisfazione dal negoziante locale, hanno deciso di fare causa alla Sony per pubblicità menzognera. Hanno chiesto un indennizzo, l'installazione delle apparecchiature mancanti, e una lettera di scuse. Il tribunale popolare del distretto di Chaoyang ci ha messo otto mesi a raggiungere un verdetto. La causa è stata vinta dalla coppia, e la Corte ha ingiunto alla Sony di pagare i danni e fare le sue scuse. Il caso è di una rilevanza particolare: è la prima volta che un consumatore cinese ha partita vinta con una grande multinazionale straniera. Dopo l'uscita, sul Beijing Youth Daily, di una serie di articoli sulla qualità dei prodotti, la Sony ha ricevuto altri 178 reclami, tra cui molti relativi

a laser difettosi in lettori di compactdisc. Poi il canale televisivo China Central ha raccolto il suggerimento, e ha cominciato a trasmettere un programma a diffusione nazionale: le linee telefoniche dell'emittente destinate ai consumatori sono state sommerse dai reclami. La Sony non è stata l'unica vittima; tra le multinazionali querelate dai cittadini cinesi figurano la Coca Cola e parecchie altre compagnie straniere. Ma la rabbia dei consumatori ha rivolto il suo velenoso pungiglione anche contro compagnie nazionali.

Senza paura di mettersi nei guai

Fino a poco tempo fa erano pochissimi i cinesi che avrebbero potuto anche solo pensare di reclamare per prodotti o servizi scadenti. Temevano che, facendo una cosa simile, si sarebbero messi, in qualche modo, "nei guai". Non c'era niente che li spingesse a pensare che avevano, come cittadini, dei diritti oltre che dei doveri, anzi, veniva loro insegnato che facevano parte di una "massa" amorfa, che erano delle semplici pedine nella società, manovrate da un governo che non solo esigeva la loro piena fiducia, ma che interferiva, nella teoria e, spesso, anche nei fatti, in quasi tutte le sfere della loro esistenza. Attualmente, è come se ci trovassimo di fronte due Cine. Quella del pugno di ferro del governo comunista e del pugno di riso nella ciotola esiste ancora ed è sempre invariabilmente severa nei confronti del dissenso politico e di qualunque altra sfida aperta alla sua autorità. Ma ormai è progressivamente erosa dalle forze emerse in quasi due decenni di riforme economiche sotto il governo di Deng Xiaop

ing. E intanto è nata un'altra Cina, che cresce a vista d'occhio. E una società mobile, in cui la gente decide del suo futuro, manifesta apertamente il disaccordo, cambia lavoro, avvia nuove attività, assume gli operai che vuole e sceglie autonomamente in che scuola mandare i propri figli. Fino a dieci anni fa, non si sarebbe neanche potuta immaginare questa Cina in cui la gente comune non solo dispone di una grande varietà di merce da comprare, ma può perfino intentare una causa se non ottiene quello che le è stato promesso. Attualmente, nei villaggi e nelle fabbriche di tutto il paese i cinesi possono addirittura eleggere liberamente i loro rappresentanti. In breve, dopo quasi mezzo secolo di governo comunista, nella nazione più grande del mondo si sta formando una società civile. Questa rivoluzione tranquilla ha garantito ai cinesi più "respiro" di quanto il governo gliene abbia mai concesso dal giorno della fondazione della Repubblica Popolare. Le organizzazioni dei cittadini, dalle fiorenti aziende priv

ate ai gruppi ambientalisti, spuntano ovunque come funghi.

Il Manuale del cittadino cinese

Il governo riconosce l'esistenza di circa due mila corpi associativi a livello nazionale, non statalizzati: un incremento del 50 per cento rispetto al 1990. Molti altri non rientrano nelle statistiche ufficiali, e vanno dai gruppi religiosi alle organizzazioni per la pratica del feng shui, della divinazione e del qigong (esercizi di respirazione), che in gran parte fanno aggrottare la fronte alle autorità. Stanno fiorendo anche i gruppi di lavoratori dipendenti privati, che sono, teoricamente, illegali; solo nella provincia di Guangdong ce ne sono un migliaio. I gruppi organizzano scioperi, ma anche forme più morbide di rivendicazione dei diritti dei lavoratori. Ora che concretamente il ruolo di ideologia guida del paese non appartiene più al comunismo, sempre più cinesi cercano il loro futuro nella società civile.

Nonostante governanti abbiano timore che tali sviluppi corrodano il loro potere o provochino una disgregazione della società, molti dei massimi leader hanno ormai capito che forse è meglio assecondare la corrente, piuttosto che contrastarla. Nel dicembre 1995, la casa editrice del Guangming Daily di Pechino, il più diffuso quotidiano per intellettuali del Partito Comunista, ha pubblicato un libretto che rappresenta una pietra miliare nella storia del paese. Il Manuale del cittadino cinese (questo il suo prosaico titolo) si propone di accrescere la "consapevolezza dei lettori del loro ruolo di cittadini, spiegando quali siano i loro diritti e i loro doveri". Il registro adottato è semplice e informale: "Domanda: può un cittadino citare in giudizio un funzionario? Risposta: sì" Il manuale ha avuto sei ristampe, e ha venduto sei milioni di copie. E tutti sono concordi nel definirlo la prima affermazione mai fatta da un governo cinese dei diritti del cittadino. L'unica, e più potente, forza motrice nel ca

mmino verso la società civile è stata forse la riforma economica, e in particolar modo la nascita del settore privato. Nel 1978, quando Li Xiaohua, allora ventisettenne, è tornato a Pechino dopo aver trascorso il suo periodo di "educazione attraverso il lavoro" in campagna, la Cina era ancora profondamente maoista. Le prime avvisaglie delle riforme di Deng sarebbero apparse un anno dopo. L'imprenditoria privata era illegale in ogni sua forma, perfino l'attività di venditore ambulante. I soli salari legali erano quelli fissati dal governo, che tutelava e controllava tutti, attraverso un apparato statale onnipresente. Pur avendo scarse probabilità di riuscita, Li ha deciso di diventare un "imprenditore privato", guadagnandosi da vivere ai margini della società. Oggi, Li è a capo del gruppo Huada, che conta ventisette compagnie associate in varie parti del mondo, con 120 milioni di dollari di attivo, e profitti che hanno superato i 12,5 milioni di dollari lo scorso anno. La sua ricchezza e la posizione che ha r

aggiunto lo hanno reso per molti aspetti indipendente dallo Stato. Li commenta: "Sono state la riforma e l'apertura della Cina al resto del mondo a offrirmi questa possibilità. Io l'ho sfruttata, e ho diretto tutti i miei sforzi al raggiungimento del successo". Li è entrato nella storia, quando, nel 1993, ha comprato, primo cinese del continente, una Ferrari (prezzo: 134.888 dollari). Un bel colpo, per uno la cui più alta ambizione era, vent'anni fa, riuscire a mettere da parte duemila renminbi per la fine del secolo. Sono pochi, naturalmente, i cinesi che sono diventati ricchi come Li. Ma più di un milione di nuclei familiari godono, adesso, di un reddito annuo che supera i 100mila dollari. E il numero di cinesi che raggiungono la soglia di uno stile di vita borghese aumenta di giorno in giorno. Ci sono già circa cento milioni di famiglie con reddito superiore ai mille dollari annui, che hanno raggiunto cioè il livello in cui le spese del consumatore assumono un ritmo accelerato. Se la tendenza non subisce

inversioni, nel 2000 il loro numero potrebbe essere triplicato: una cifra superiore a quella raggiunta dall'intera popolazione degli Stati Uniti.

Potere d'acquisto e controlli di qualità

Il potere di acquisto accresce il potere e il prestigio sociale del consumatore. In passato, i cinesi erano più che soddisfatti delle loro biciclette Flying Pigeon e macchine da cucire Butterfly, ma oggi la classe media in ascesa esige Matsushita, Compaq, Rolex, Cardin e Chanel. Dal 1990, le vendite di merce al dettaglio sono aumentate dell'11 per cento annuo, raggiungendo i due miliardi di dollari nel 1995. Altrettanto rapidamente, però, è cresciuto il numero di reclami ricevuti dall'Associazione Consumatori gestita dal governo cinese. Nei primi sei mesi di quest'anno ci sono stati quattromila reclami a Pechino, per la cattiva qualità di scarpe, vestiti e mobili e altre mille relativi a falsi nei prodotti o nella pubblicità. "L'aumento dei reclami relativi ai servizi è un fenomeno recente", dice Zhang Jiaming, vice segretario generale dell'Associazione Consumatori di Shanghai. Zhang ne attribuisce la comparsa a un'accresciuta consapevolezza dei propri diritti da parte del consumatore, e a una maggiore pront

ezza nel rivendicarli per proteggere i propri interessi. Alcune organizzazioni di cittadini hanno perfino collaborato col governo nella lotta al crimine e, in particolare, ai reati finanziari. Negli ultimi tre anni ci sono stati quasi 400mila "casi gravi" in cui i cittadini hanno denunciato alle autorità i fabbricanti di prodotti falsi. Negli ultimi due anni, la provincia di Guangdong ha distribuito 4,5 milioni di renminbi (542mila dollari) in premi ai 1.500 cittadini che si erano distinti per questo motivo. Tali sviluppi si`riflettono sull'attività manifatturiera: "Non si può dire che i prodotti made in China non siano migliorati", dice un funzionario dell'Associazione Consumatori di Pechino. I reclami per cattivo funzionamento di frigoriferi e televisori, aggiunge, sono diminuiti da quando i fabbricanti hanno introdotto controlli di qualità più severi e gli organi di controllo dello Stato hanno aumentato le pressioni per maggiori garanzie sui prodotti. Gli abitanti di Pechino, oggi, si preoccupano altretta

nto per la qualità dei beni immobili in commercio e della chirurgia estetica, che per quella delle ristrutturazioni di abitazioni e dei servizi di riparazione. Se i cittadini fanno causa, hanno bisogno, ovviamente, di avvocati. Il boom economico cinese non ha solo contribuito alla formazione di una attiva classe imprenditoriale e di consumatori più esigenti, ma è anche all'origine della prima ondata di avvocati che abbia invaso il paese. Ci sono ancora meno di 1oomila avvocati di parte civile su una popolazione di un miliardo e 200mila persone (in proporzione, 12mila a uno contro gli ottomila a uno del Giappone e i 360 a uno degli Stati Uniti). Il ministro della giustizia Xiao Yang vuole arrivare ad averne 150mila per la fine del secolo e due volte tanti nel 2010.

Il festival degli avvocati

Un'altra spinta alla carriera avvocatizia è costituita dal programma legislativo inaugurato dal Congresso Nazionale del Popolo per iniziativa del suo potente presidente, Qiao Shi. "Abbiamo avviato la costruzione di un sistema legale fondato sulla Costituzione per garantire i diritti e le libertà dei cittadini", ha detto Qiao in un'intervista apparsa sul Legal Daily. "Per salvaguardare il diritto di querela contro gli organi statali che violano i diritti dei cittadini, e il diritto di esigere indennizzi dallo Stato, abbiamo ideato una legge per le vertenze amministrative e una legge per le indennità statali". Dal 1989 al 1994, i tribunali cinesi hanno accolto 168mila cause di cittadini contro il governo, la maggior parte per negligenza e abusi contro i diritti civili o di proprietà. I querelanti, a quanto pare, hanno vinto un terzo delle cause. Sembra proprio che il paese sia in preda a una specie di "febbre avvocatizia". Il rapido aumento degli aspiranti alla professione è diventato il tema preferito dei mez

zi d'informazione, perfino nei più seguiti programmi di intrattenimento. L'anno scorso si sono presentati agli esami più di 110mila candidati . Ed è significativo il fatto che si stia stilando una nuova legge che definisce il ruolo dell'avvocato come libero professionista, invece che come impiegato statale. Questo probabilmente incoraggerà tutti gli avvocati ambiziosi a rendersi indipendenti aprendo studi legali. Molti altri, tuttavia, potranno trovare impiego nelle nuove organizzazioni cooperative che offrono ai cittadini assistenza legale a basso costo. Una di queste è lo studio legale Jinhua di Tianjin, fondato all'inizio del 1995. A un mese dalla sua apertura si erano già iscritte più di cento famiglie di ceto medio. Tali compagnie si basano sul principio della cooperativa: i membri pagano una quota mensile che va da dieci renminbi (un dollaro e venti) per lo studio Jinhua, a 200 renminbi per lo studio Wanguo nella città nordoccidentale di Xi'an. Per questa cifra i clienti che ne hanno bisogno sono assis

titi in tribunale. "Normalmente ci chiamano per aiutarli in questioni economiche, come la scrittura di contratti, o nelle dispute familiari", racconta Qi Zhangan, avvocato dello studio Wanguo. Perfino i contadini si sono fatto furbi in materia di legge. Diciotto agricoltori della contea di Xunji, fuori Pechino, si sono associati per fare causa al locale Dipartimento per lo sviluppo della medicina naturale delle ferrovie, che, affermavano, non aveva rispettato l'impegno di acquistare da loro le erbe medicinali. Gli agricoltori avevano già sostenuto ingenti spese per le sementi, e sono quindi stati molto grati allo studio legale Tianning di Pechino, che ha accettato di difendere gratuitamente la loro causa.

In luglio, il tribunale popolare del luogo ha ordinato ai querelati di rifondere agli agricoltori 410mila renminbi (49.400 dollari) per i danni subiti. Gli agricoltori, felicissimi, hanno regalato all'avvocato Liu Ziyu una bandiera rossa con la scritta: "Lottando per la giustizia, il suo cuore e col popolo".

Anche nel settore statale sta cambiando qualcosa. Mentre i quadri del Partito mantengono l'esclusiva su tutte le cariche più importanti del paese, un certo livello di competizione si sta gradualmente raggiungendo a livello locale. Nel novembre 1995, il potente governo municipale di Pechino che, come gli altri, è generalmente guidato da un membro del Politburo ha annunciato l'inizio delle selezioni, aperte a tutti, per cinque importanti cariche amministrative. Poteva candidarsi chiunque fosse residente a Pechino, sotto i quarantacinque anni, e provvisto di laurea oltre che di esperienza nei servizi statali. Yang Chaoshi, direttore del dipartimento organizzativo del partito di Pechino, che ha sponsorizzato l'operazione, sostiene che non si tratta di un'innovazione senza precedenti. "Sono anni ormai che la selezione per il personale nelle amministrazioni municipali e provinciali è aperta". La provincia di Jilin, nella Cina nordorientale, applica da oltre nove anni la selezione del personale sulla base delle q

ualifiche più che sulla posizione dei candidati nel partito. "Questo sistema ha dato degli ottimi risultati", dice Yang, "e quindi abbiamo deciso di adottarlo anche noi". Aggiunge che l'iniziativa è stata presa autonomamente dal governo di Pechino, senza alcuna pressione da parte dell'autorità centrale.

Le elezioni del capovillaggio

Alle selezioni si sono presentati circa 200 candidati. Un test generico per vagliarne la competenza ha ridotto il gruppo a 52 candidati, che, dopo un colloquio con i funzionari di Pechino, sono rimasti in quindici; in aprile sono stati selezionati cinque candidati da quella lista. Yang afferma di essere soddisfatto, non solo delle prestazioni dei nuovi amministratori, ma anche della flessibilità imposta da questa operazione tesa ad aumentare l'efficienza dell'amministrazione municipale. "Ci offre maggiori aperture nelle trattative con quadri di partito ormai vecchi, e accresce la competitività per il raggiungimento di posizioni chiave". E conclude: "Abbiamo intenzione di ripetere l'esperimento".

Una novità forse ancora più interessante è stata l'elezione tramite ballottaggio popolare dei leader nei villaggi. La pratica si è diffusa, a partire dai primi anni '90, in maniera discreta ma decisa: secondo le stime circa il 90 per cento delle comunità rurali della Cina elegge ormai i propri capi in questo modo. "Senza farsi notare, gli abitanti dei villaggi cinesi hanno acquisito la capacità di inchiodare alle loro responsabilità 4,2 milioni di funzionari locali; in molte regioni riescono, con elezioni impietose, a scacciare i funzionari inadempienti", scrive William Overholt, studioso della Cina e direttore amministrativo del Bankers Trust, in una recente edizione del giornale americano Foreign Affairs. "Se questi sforzi saranno coronati da successo, faranno nascere l'esigenza di elezioni competitive a più alti livelli". Finora, si sono tenute elezioni dirette solo per i capi dei villaggi di dimensioni inferiori alla contea, e solo per incarichi di governo, non per le cariche interne al partito. I capi e

letti devono collaborare con i locali segretari di partito. Un caso esemplare è quello di Gaolouchen,

un villaggio della provincia di Henan, che ha tenuto recentemente il suo primo plebiscito popolare. Dopo il voto dei 280 residenti di maggiore età (dai 18 anni in su), i risultati sono stati verificati dalle autorità provinciali. La vittoria di Jiao Songzhen, personaggio molto popolare nel villaggio, è stata schiacciante. Il neoeletto, dopo essersi scusato più volte per la sua scarsa eloquenza, ha espresso con chiarezza il cambiamento in atto. "In passato non ci veniva mai chiesto a chi volevamo dare l'incarico", ha detto. "Adesso eleggiamo solo coloro che vogliamo davvero nel comitato del villaggio. Devo lavorare duro, per non deludere i miei compagni compaesani". Gli abitanti dei villaggi si incontrano periodicamente per valutare le prestazioni dei rappresentanti eletti. Non è dovunque lo stesso, ma in generale un rappresentante può essere sospeso dall'incarico per cattiva condotta. In questo caso, viene denunciato ai superiori, e viene nominato un sostituto temporaneo fino alla fine del suo incarico, quan

do si può passare a nuove elezioni. In un villaggio vicino a Gaolouchen, gli abitanti hanno allontanato il loro capo per il suo "comportamento arrogante", a soli due mesi dalla nomina. Ma a Gaolouchen le cose andranno diversamente, afferma un funzionario del locale comitato di villaggio, e spiega perché: "La situazione finanziaria della nostra comunità sarà completamente di pubblico dominio. Tutti gli incontri dei quadri locali sono registrati e diffusi pubblicamente ogni due mesi".

Democrazia operaia e statale

La democrazia si sta facendo strada lentamente anche nelle fabbriche, anche se in questo ambiente non si è ancora radicata come nei villaggi cinesi. Come molte altre imprese statali, la Prima Fabbrica di Tinture Tessili di Luyang, nella provincia di Henan, è stata in perdita per otto anni. Nel 1992, era sull'orlo della bancarotta. Di fronte al rischio del licenziamento, gli operai hanno deciso di prendere in mano la situazione e hanno eletto come direttore un caposquadra del settore macinazione: nel giro di un anno la situazione si è completamente ribaltata. Casi simili si sono verificati in molte altre aziende nell'intero paese. La Cina conta 118mila imprese di proprietà del governo con miliardi di dollari di debito accumulati, che costituiscono un ostacolo enorme nell'avanzata della riforma economica. Se l'elezione dei direttori nelle fabbriche si rivela un antidoto così efficace contro il cronico passivo delle compagnie, è probabile che questa pratica si diffonda. Si otterrebbe così il risultato di dare a

gli impiegati del settore pubblico voce in capitolo sulla direzione delle imprese, e sulla scelta dei dirigenti. E' un fatto che ormai quasi ovunque, in Cina, la gente esprime le sue idee molto più liberamente che in passato, con i connazionali, ma anche con gli stranieri. "Nei nostri gruppi di discussione, gli studenti arrivano perfino a criticare i leader politici, facendone i nomi", racconta un dirigente amministrativo della prestigiosa Qinghua University di Pechino. "Noi non prendiamo alcun provvedimento contro di loro. Ormai si può dire più o meno tutto quello che si vuole, anche su questioni scottanti: basta non stampare o diffondere tali affermazioni". Quelli che lo fanno, tuttavia, devono attendersi un'immediata e dura reazione da parte del governo, come ben sanno dissidenti e attivisti politici. Per tutelare la crescita di questi germogli di democrazia in Cina ci vuole un corpus legislativo, che la nazione, nel corso della sua lunga storia, non ha praticamente mai avuto. Perfino il capo legislatore

Qiao è disposto a riconoscere che ci sono grandi difficoltà. "Al momento, ci sono problemi sostanziali", ha ricordato in una recente intervista. "In alcune aree e unità, non ci sono leggi da applicare, e il potere soffoca la legge. Il fenomeno dell'assoggettamento delle leggi agli interessi di pochi è ancora grave". E propone le seguenti soluzioni: "Riformare e migliorare il nostro sistema giudiziario e i meccanismi con cui opera, rafforzare l'applicazione delle leggi e accrescere il livello di conoscenza della legge attraverso l'istruzione". Anche il presidente Jiang Zemin ha auspicato una risposta più decisa alle carenze del sistema legislativo. Nella prefazione a una recente pubblicazione intitolata Rudimenti del Sistema Legale Socialista, ha scritto: "Dobbiamo essere certi che le leggi siano rispettate e applicate severamente, e che chi le infrange sia punito, per convogliare l'impegno di tutti nell'orbita di un sistema legale socialista". Dal successo di tali propositi dipende la sopravvivenza della neo

nata società civile cinese, che solo se adeguatamente protetta potrà continuare a crescere. (F.T.)

 
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