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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Roma - 26 settembre 1997
Il discorso di Lamberto Dini all'Assemblea generale dell'Onu

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

Mi consenta di esprimerLe innanzitutto, Signor Presidente, le mie piu' vive congratulazioni per la sua elezione alla presidenza della 52a Sessione dell'Assemblea Generale. La sua grande esperienza in campo internazionale e' la migliore garanzia di successo per il suo mandato. Mi consenta altreś' di ringraziare il Suo predecessore, Razali Ismail, che ha presieduto la 51a Sessione con particolare distinzione.

Su tutte le grandi questioni che attengono a questa Assemblea Generale, l'Italia condivide e appoggia la dichiarazione resa marted́' scorso dal Ministro degli Esteri del Lussemburgo, a nome dell'Unione Europea.

Abbiamo oggi un'occasione storica per far coincidere principi e realtà, per calare nei fatti i nostri ideali e plasmare l'Organizzazione per i prossimi decenni. Le ideologie che hanno diviso l'umanità in questo secolo sono tramontate, mentre il sistema disegnato con tale preveggenza dai membri fondatori, in mezzo agli orrori del piu' grave conflitto di tutti i tempi, ha conservato ed anzi ampliato il suo significato.

Non viviamo piu' in un mondo di meri interessi nazionali. La politica e' sempre piu' sospinta da preoccupazioni globali, quali i diritti dell'uomo, la solidarieta', la giustizia sociale. Alle soglie del XXI secolo, dobbiamo impegnarci a risolvere i conflitti religiosi ed etnici mediante il dialogo, la tolleranza e la cultura. Dobbiamo trovare risposte comuni al terrorismo internazionale, alla criminalita' organizzata, al traffico di droga e al degrado ambientale. Possiamo unire le nostre forze per sradicare la poverta' - una delle cause maggiori di ingiustizia sociale e di instabilita' politica nel mondo - e assicurare ad ogni essere umano dignita', rispetto ed una migliore qualita' della vita.

Gli obiettivi di un nuovo ordine mondiale, basato sulla fiducia reciproca e sul rigetto della minaccia e dell'uso della forza, sono la pace, la sicurezza, lo sviluppo sostenibile, il rispetto delle liberta' fondamentali dell'individuo. Ma questi valori non possono venire imposti da un gruppo elitario di Stati: il futuro dell'umanita' e' una responsabilita' che incombe all'intera comunita' internazionale. Nel momento in cui le Nazioni Unite si preparano ad affrontare le sfide del terzo millennio, l'Assemblea Generale assume un ruolo di essenziale importanza.

Eccellenze, Signore e Signori,

l'anno scorso, all'inaugurazione della 51a Sessione, la necessita' urgente di una riforma di ampio respiro del sistema delle Nazioni Unite venne sostenuta all'unanimita'. Dissi in quell'occasione che, se le Nazioni Unite devono

poter rispondere efficacemente a sfide crescenti, la riforma non puo' attendere oltre. La comunità internazionale esige modelli piu' elevati di sicurezza, sviluppo e democrazia. Li esige ora.

Indicai allora dieci proposte specifiche capaci di rendere piu' efficaci le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite. Sono lieto di registrare i progressi compiuti su alcune di esse. Sono state perfezionate le procedure per incontri periodici tra Consiglio di Sicurezza e Paesi contributori di forze. Al fine di aiutare le Nazioni Unite a rispondere in ogni momento alle crisi ovunque esse si presentino, l'Italia e' diventata di recente il sesto Paese a concordare la propria partecipazione alle intese "stand-by" per operazioni di pace delle Nazioni Unite.

Il Presidente Clinton ha affermato nel suo discorso di lunedi' scorso che il primo compito delle Nazioni Unite deve rimanere il perseguimento della pace e della sicurezza. Allorche' una condizione di grave instabilità' si determino' in

Albania nel marzo scorso, il Consiglio di Sicurezza, con il pieno sostegno del Segretario Generale, agi' prontamente, autorizzando una coalizione di volontari, guidata dall'Italia, a costituire una Forza Multinazionale di Protezione. Durante i quattro mesi del suo mandato, l'"Operazione Alba" ha consentito la distribuzione dell'assistenza umanitaria, ha creato una cornice di sicurezza per i compiti delle Organizzazioni Internazionali, e ha reso possibile lo

svolgimento di elezioni democratiche. In una parola, ha contribuito a rimettere in piedi il Paese.

Una delle chiavi del suo successo e' stato l'approccio innovativo alle operazioni di mantenimento della pace, sorretto da una rapida pianificazione immediatamente seguita dallo spiegamento di forze, e da un'intensa

concertazione tra i Paesi partecipanti e il Paese ospite, sotto il monitoraggio costante delle Nazioni Unite.

Al fine di consolidare i risultati conseguiti e gettare le basi della crescita e della prosperita' dell'Albania, il passo successivo deve riguardare la ricostruzione delle istituzioni e dell'economia. Con questo obbiettivo, il Governo italiano ha convocato a Roma in ottobre una Conferenza ministeriale, con la partecipazione di tutte le organizzazioni internazionali competenti, per fare il punto sulle necessita' e dar corso ad un'azione comune.

Signore e Signori,

Da piu' di mezzo secolo le Nazioni Unite hanno cercato di istituire un Tribunale Penale Permanente Internazionale allo scopo di perseguire e punire il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità, dovunque e da chiunque

commessi. Questa prova della nostra responsabilita' collettiva e' resa ancora piu' urgente dai terribili massacri che hanno caratterizzato recenti conflitti etnici. L'Italia conferma il suo pieno sostegno a tale iniziativa, rinnova il

suo impegno a contribuire attivamente alla sua realizzazione ed e' pronta ad ospitare a Roma la Conferenza diplomatica chiamata ad adottare lo Statuto del Tribunale Penale Internazionale.

Un'altra sfida essenziale e' costituita dal controllo degli armamenti. Prima di pensare alle esigenze di sicurezza del futuro, dobbiamo cessare di vivere in funzione delle paure del passato. Nuovi standards di sicurezza possono essere

raggiunti solo attraverso la cooperazione internazionale, sotto la guida delle Nazioni Unite.

La legislazione italiana sull'esportazione di armamenti e' una delle piu' restrittive e avanzate del mondo. Sono fiero di ricordare che, nello scorso mese di giugno, il Governo italiano ha unilateralmente deciso di rinunciare alla

produzione, all'esportazione, allo stoccaggio e all'uso delle mine antiuomo. Ma il valore di questo impegno potra' essere pienamente tradotto in realta' soltanto se verra' condiviso da tutti i Paesi, siano essi o meno parte del

"processo di Ottawa". I risultati della recente Conferenza di Oslo sono indubbiamente ammirevoli, ma non sono ancora universali. Per divenirlo e' indispensabile che i nostri sforzi siano complementari a quelli dispiegati con continuita' nella Conferenza per il Disarmo.

Eccellenze, Signore e Signori,

Due mesi fa, il Segretario Generale Kofi Annan ha presentato una serie di proposte per accrescere l'efficacia dell'Organizzazione e renderla piu' adatta a fronteggiare le nuove sfide. Tali proposte meritano il nostro pieno sostegno.

Un obiettivo importante del pacchetto di riforme del Segretario Generale e' quello di rendere piu' energica la guida strategica da parte dell'Assemblea Generale. A tal fine, dobbiamo semplificarne l'agenda e individuare le

priorita' che devono essere tenute in conto nel breve e nel medio termine. Il tempo a disposizione per i dibattiti in plenaria e' limitato e deve indurci a concentrare i lavori su temi di interesse generale.

Come indicato dallo stesso Segretario Generale, questo e' un tema della massima priorita' nell'attuale Sessione dell'Assemblea Generale. Nei prossimi mesi, due altri temi di grande rilievo richiederanno la nostra attenzione: la

situazione finanziaria dell'Organizzazione e la struttura e la composizione del Consiglio di Sicurezza.

Per funzionare efficacemente l'Organizzazione deve poter disporre di risorse adeguate. I contributi al bilancio debbono essere pagati interamente, puntualmente e incondizionatamente dagli Stati membri. L'Italia si e' sempre

conformata a questa regola fondamentale. Crediamo peraltro che sia giunto il momento per trovare un accordo per una nuova, realistica scala di contributi, basata sulla capacita' di pagamento degli Stati membri e tale da rendere

l'Organizzazione meno dipendente dai contributi di un solo Paese.

Va evitata peraltro qualsiasi confusione circa il nostro sostegno a una revisione della scala dei contributi. Non e' ammissibile alcun collegamento tra contributi dei Paesi membri e riforma del Consiglio di Sicurezza. Si rischierebbe altrimenti di ingenerare l'impressione che i seggi permanenti siano in vendita.

Questo mi porta ad affrontare il nodo nella riforma del Consiglio di Sicurezza. Esiste un ampio consenso sulla necessita' di adeguare il Consiglio alle nuove realta' del mondo in cui viviamo. La riforma deve ispirarsi a principi di

democrazia, equa ripartizione geografica e trasparenza. Sono proprio questi i principi che guidano la proposta avanzata dall'Italia. Siamo disposti ad esaminarne costruttivamente altre, ma, al tempo stesso, dobbiamo

mettere in guardia contro chi ipotizza un sistema che dividerebbe gli Stati membri in quattro categorie:

Paesi di prima classe: i cinque attuali membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto;

Paesi di seconda classe: i nuovi membri permanenti scelti tra i Paesi industrializzati, senza diritto di veto;

Paesi di terza classe: i membri "pseudo-permanenti" senza diritto di veto, scelti a rotazione tra i Paesi in via di sviluppo di varie aree geografiche;

Paesi di quarta classe: la stragrande maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite, che avrebbero speranze ancor piu' ridotte di prima di sedere nel Consiglio di Sicurezza.

Questa stratificazione dei membri, che ricorda il sistema della caste vigente in antichi imperi, contraddice i principi fondamentali della logica e della democrazia, ed emarginerebbe alcuni dei Paesi piu' attivamente coinvolti

nell'Organizzazione.

Come potrebbe uno chiunque di noi accettare di essere relegato nell'ultima di queste quattro categorie, e presentarsi alla propria opinione pubblica e al proprio Parlamento per annunciare che, con il nostro stesso voto, abbiamo avallato la retrocessione del nostro Paese al rango di Paese di quart'ordine? Mi si consenta di aggiungere che questo tipo di problemi non si porrebbe con la proposta italiana, che punta ad un aumento dei soli membri non permanenti,

democraticamente eletti dall'Assemblea Generale.

Un altro aspetto della riforma, il diritto di veto, non puo' e non deve essere discusso indipendentemente dall'allargamento del Consiglio: i due elementi sono inseparabili. Invero ogni elemento della riforma del Consiglio dovrebbe essere affrontato nello stesso tempo e nello stesso contesto. Prima di individuare le dimensioni future del Consiglio e i nomi dei nuovi membri, dobbiamo definire i criteri alla base della riforma. Soluzioni ad hoc non avranno successo. In ultima analisi, nessuna formula potra' essere adottata senza un ampio consenso. Un risultato durevole ed equilibrato non potra' venire da soluzioni affrettate e parziali. Forzare i tempi del dibattito e quindi approfondire le divisioni puo' ripercuotersi negativamente sulla tematica piu' ampia e pressante che e' all'esame dell'Assemblea Generale: l'approvazione del pacchetto di riforme proposto dal Segretario Generale.

Vorrei aggiungere che un'inchiesta conoscitiva condotta di recente dal Parlamento italiano ha ipotizzato, in una prospettiva di piu' lungo termine, un seggio permanente in Consiglio di Sicurezza per l'Unione Europea, quale

evoluzione naturale della sua politica estera e di sicurezza comune.

Eccellenze, Signore e Signori,

Quasi cinquantacinque anni or sono, il 13 novembre 1942, il Presidente Roosevelt affermo' che la futura associazione delle Nazioni Unite "non dovrebbe venire limitata ai 28 firmatari [della Carta dell'Atlantico], ma essere aperta

a tutte le Nazioni". Egli riteneva che l'obiettivo delle Nazioni Unite non dovesse essere la difesa dello status quo, e che la loro forza non risiedesse solamente nei numeri, ma nel modo in cui gli Stati membri si sarebbero

impegnati tutti insieme a deliberare e ad agire.

Questa e' la visione che deve ispirare la nostra ricerca di un futuro piu' promettente per i popoli di questo mondo. Se falliremo, la storia non sara' indulgente con noi.

Grazie, Signor Presidente.

(25 settembre 1997)

 
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