< LIBERTA' PER IL TIBET/DEMOCRAZIA PER LA CINA-FAX ! - N.65 >
Bollettino di informazione sulle campagne del Partito Radicale Transnazionale per la libertà del Tibet e per la democrazia in Cina.
"I truly believe that individuals can make a difference in society. Since periods of great change such as the present one come so rarely in human history, it is up to each of us to make the best use of our time to help create a happier world".
Tenzin GYATSO, XIV.mo Dalai Lama, 1992
Numero 65 del 30 Settembre 1997
Redazione: Tiziana Falletti
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Pubblicato in inglese, francese, spagnolo, italiano, ungherese, croato e rumeno.
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EDITORIALE
Lentamente il dibattito sul Satyagraha sta prendendo corpo e consistenza. Emergono, una ad una, alcune questioni fondamentali. D'altra parte, con la decisione del Prof. Samdhong Rinpoché e dell'Associazione di New Delhi "Akihl Bharat Rachnatmak Samaj" di iniziare da subito un "loro" Satyagraha, questo dibattito acquista una nuova importanza. Dico un "loro" Satyagraha innanzitutto perché è cosi che lo chiamano. Ma anche perché, purtroppo, malgrado ripetuti sforzi, tra i quali l'invito a discutere e a ragionare insieme sul contenuto, le forme organizzative ed i tempi di una iniziativa, di un movimento nonviolento che non ha precedenti nella storia, attraverso, tra l'altro, la partecipazione a questo dibattito, abbiamo riscontrato solo silenzio. A questo punto, anche per profondo rispetto per chi ha scelto di portare avanti in questo modo questa battaglia, dobbiamo dire con chiarezza che non ci possiamo essere. Perché siamo profondamente convinti che, nel contesto internazionale attuale, il primo fronte di ques
ta battaglia non può' che essere - oggi - l'insieme dei paesi democratici e le istituzioni internazionali. Perché ci sembra che più che mai dobbiamo unire l'obiettivo "libertà per il Tibet" a quello "Democrazia per la Cina". Perché abbiamo una visione, una concezione e, soprattutto, una pratica profondamente laica della nonviolenza.
A questo punto, augurando tutto il successo possibile a chi ha fatto una scelta diversa dalla nostra, tocca a ciascuno, Tibetano e non, fare il punto, tentare di capire se ha davvero fatto tutto il necessario per capire le ragioni degli uni e degli altri e per comunicare le proprie convinzioni. Lo invitiamo caldamente a farlo qui, per dare uno nuovo slancio a questo dibattito ed accelerare i tempi perché al più presto si possa passare alla trascrizione operativa delle nostre comuni speranze.
Olivier Dupuis
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PE/Mongolia del Sud (Interna)
IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA A LARGA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE SULLA SITUAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO NELLA MONGOLIA INTERNA OCCUPATA DALLA REPUBBLICA POPOLARE DI CINA
Strasburgo-Bruxelles, venerdì 19 settembre. Il Parlamento europeo ha approvato ieri, giovedì 18 settembre 1997, su iniziativa del gruppo radicale e con l'appoggio dei gruppi parlamentari PPE, Liberale, UPE e Verdi (contrari i gruppi socialista e comunista), una risoluzione che condanna le gravi violazioni dei diritti dell'uomo, da parte della Repubblica Popolare di Cina, nella Mongolia Interna, territorio che la Repubblica Popolare di Cina occupa dal 1947.
Dichiarazione di Olivier Dupuis, deputato europeo e segretario del Partito radicale transnazionale:
"Proprio quando le conclusioni del congresso del Partito comunista cinese appaiono a dir poco deludenti, l'adozione ieri da parte del PE di una risoluzione molto precisa sulla tragica situazione nella Mongolia Interna, costituisce non solo un fatto senza precedenti negli annali parlamentari dei paesi democratici, ma allo stesso tempo completa, a qualche mese dall'approvazione del rapporto Mc-Millan-Scott sulla politica a lungo termine dell'Unione nei confronti della Repubblica Popolare di Cina, la definizione di un quadro coerente per una politica dell'Unione nei confronti della RPC basata sul rispetto dei principi democratici e sullo sviluppo dello Stato di Diritto."
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PE/Mongolia del Sud (interna): risoluzione
Risoluzione sulla situazione in Mongolia interna e sulla condanna del fondatore del "Southern Mongolian Democracy Alliance", Sig. Hada
Il Parlamento europeo,
- viste le sue precedenti risoluzioni sulle violazioni dei diritti dell'uomo nella Cina Popolare e nei territori annessi;
a. considerando il fatto che la Repubblica Popolare di Cina abbia continuato, a partire dall'occupazione nel 1947 sino ad oggi, nella propria politica di repressione verso la popolazione della Mongolia Interna che ha portato lungo 50 anni di amministrazione cinese alla scomparsa di oltre 150.000 mongoli e all'imprigionamento di quasi 800.000 di essi;
b. considerando l'arresto con l'accusa di separatismo, la condanna a 15 anni e la privazione dei diritti politici per la durata di 4 anni, del Sig. Hada, fondatore della "Southern Mongolian Democracy Alliance" (SMDA);
c. considerando inoltre i recenti episodi accaduti a Hohhot, capitale della Mongolia interna, che hanno portato all'arresto di numerosi attivisti della SMDA impegnati in iniziative di tutela del patrimonio culturale e linguistico mongolo;
d. denunciando il costante ricorso ai trasferimenti di popolazione nella Mongolia Interna che hanno condotto all'insediamento, volto a stravolgere la composizione etnica di questa regione, di oltre 20 milioni di cinesi riducendo sempre più la popolazione autoctona ad un'esigua minoranza (3.6 milioni di Mongoli secondo stime del 1992);
e. denunciando l'impiego da parte delle autorità cinesi della sterilizzazione e dell'aborto forzato quali pratiche di controllo demografico;
f. constatando che nella Mongolia interna si registra un ricorso costante alla distruzione di monasteri buddisti e attacchi continui all'integrità culturale, religiosa e linguistica;
g. considerando quindi la necessità di un continuo aperto confronto tra Unione europea e Repubblica Popolare di Cina anche e soprattutto su temi di estrema importanza quale il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché le relazioni economiche e commerciali;
h. considerando che l'Unione europea ha il dovere di intervenire con tutti i mezzi messi a sua disposizione per opporsi ad ogni tipo di politica che attenti all'integrità di intere popolazioni o parti di esse, o che miri alla soppressione della loro cultura o della loro aspirazione all'autonomia;
i. vivamente allarmato dalla crescente instabilità in Tibet e nel Turchestan orientale (Xinjiang), regioni occupate dalla Repubblica Popolare di Cina, e dalle conseguenze che ciò può provocare nelle regioni circostanti;
1. condanna la politica della Repubblica Popolare di Cina tendente alla soppressione della cultura, religione e lingua della popolazione della Mongolia interna e al soffocamento di ogni legittima aspirazione all'autonomia del popolo mongolo e dei suoi rappresentanti in esilio;
2. chiede al Governo della Repubblica Popolare di Cina di avviare un dialogo politico con l'opposizione mongola affinché sia possibile trovare una soluzione negoziata e pacifica alla questione;
3. chiede al Governo Cinese il rilascio di tutti i prigionieri i cui reati non siano contemplati dalle norme e dai trattati internazionali in materia;
4. chiede al Governo cinese la immediata riapertura dei procedimenti penali a carico del fondatore della SMDA, Sig. Hada, e degli altri attivisti della SMDA arrestati, alla presenza di osservatori internazionali;
5. chiede al Governo cinese di permettere ai giornalisti e agli osservatori internazionali un regolare accesso alla Mongolia Interna;
6. condanna la ricorrente disparità di trattamento economico e politico attuata dal Governo Cinese nei confronti delle popolazioni occupate della Mongolia interna, del Turchestan orientale e del Tibet e delle altre minoranze etniche;
7. chiede alla Commissione di introdurre negli accordi di cooperazione con la Cina una clausola contro la discriminazione etnica e politica e di concepire adeguati organi di vigilanza sopra l'effettivo rispetto di tale clausola;
8. invita la Commissione ed il Consiglio ad esercitare pressioni sulle autorità della Repubblica popolare cinese affinche venga garantito il rispetto dei diritti dell'uomo e dei diritti fondamentali sia sul territorio cinese che in Mongolia interna, Tibet e Turchestan orientale;
9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti degli Stati membri, al governo della Repubblica popolare di Cina, ai rappresentanti del Movimento mongolo in esilio, ai rappresentanti del Movimento dei popoli del Turchestan orientale in esilio, al Governo tibetano in esilio.
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DIBATTITO SUL SATYAGRAHA MONDIALE PER LA LIBERTA' DEL TIBET
SATYAGRAHA: UNA FOLLIA CHE VA VERIFICATA (10)
di Angiolo Bandinelli
scrittore, già Segretario generale del Partito radicale, già parlamentare italiano
Quando il giovane Gandhi arrivò a Londra per studiare la civiltà europea, la sua cultura, la sua politica, le sue leggi, vi incontrò gente che studiava approfonditamente il mondo orientale e particolarmente indiano, con la sua lingua, la sua cultura e le sue religioni e tradizioni, compresa la nonviolenza. Ma c'è di pi-: quegli studiosi del lontano Est erano parte integrante del vasto movimento culturale e politico al quale dobbiamo un progetto di socialismo liberale, umanistico, pragmatico e aideologico di cui oggi, dopo il crollo del "socialismo reale", possiamo apprezzare l'importanza e la ricchezza ideale. In Europa, Gandhi conobbe Thoreau e Ruskin, ed entrò in contatto con Tolstoi. Le due culture si fusero in lui in modo attivo, non semplicemente speculativo, sfatando in pieno il pessimismo di Kipling ("West is West, East is East, and they will never meat"). L'incontro rese possibile a Gandhi di dispiegare, in modo credibile e accettabile per l'Occidente, il suo movimento per l'indipendenza dell'India;
ma questo acquisì dall'Occidente la dimensione politica.
Oggi, la diaspora del buddismo tibetano a seguito dell'occupazione cinese può essere il punto di partenza di un esperimento a livello mondiale di forse ancor maggiore importanza: l'incontro ancora una volta "attivo" della nonviolenza buddista tibetana con l'aspirazione del mondo intero (certo, non solamente occidentale) per un modo nuovo di conseguire obiettivi politici, rielaborando ed utilizzando la ricchissima strumentazione della nonviolenza. Tanto pi- importante, questo punto di partenza, in quanto coincide temporalmente con un grave affievolimento di credibilità dell'ONU, che pure fu creata proprio per mantenere e sviluppare la pace, la giustizia, la cooperazione tra i popoli dopo la barbarie dell'ultima guerra mondiale. Dunque, la diaspora tibetana ha una profonda responsabilità di fronte al mondo. Essa può costituire il nocciolo duro di un vasto movimento per la realizzazione di un sistema di pace durevole. Il progetto del Satyagraha mondiale per la libertà del Tibet e della Cina è, in tale direzione
, una opportunità unica. E' una grande responsabilità ma anche un grande onore che gli esponenti religiosi, culturali e politici del mondo tibetano dovrebbero fare propria senza esitazioni.
Ieri, Gandhi ebbe bisogno dell'Occidente per dare contenuti politici ai valori cui si ispirava. Oggi, forse, il mondo ha bisogno di nuovi valori per riempire certo esasperato formalismo della sua metodologia politica. Viviamo nell'epoca della globalizzazione dell'economia, delle risorse, dell'informazione, e davvero vorremmo che la lotta politica nonviolenta per le libertà possa diventare un punto di riferimento di questa mondializzazione, darle contenuti, oltreché economici, anche spirituali, morali, umani e politici.
Penso che il progetto del Satyagraha sarebbe piaciuto a Gandhi. E' facile, oggi, dire che il Mahatma ebbe un compito facile, o abbastanza facile, perché si trovò a lottare contro l'Impero britannico, profondamente legalitario. Quando Gandhi iniziò la sua lotta, chi avesse parlato di obiettivo facile sarebbe stato giudicato un folle. Oggi sembra follia l'idea del Satyagraha mondiale. Abbiamo il dovere di tentare di verificare se questa follia può riuscire. Qualcuno, dopo, potrà anche dire che era un obiettivo raggiungibile, non troppo difficile.
Tutte le persone interessate ad intervenire attivamente possono spedire il proprio intervento secondo le modalità riportate nella nota. Nei numeri precedenti abbiamo pubblicato gli interventi di Olivier Dupuis (Segretario del Pr), Thomas Nagant (Presidente de Les Amis du Tibet, Belgio), Anders H. Andersen (Tibet Support Group, Danimarca), Klemens Ludwig (Presidente del TID, Germania), Michael Alexander (Tibet Information Service, Germania e Malta), Claude B. Levenson (Presidente del CSPT, Svizzera), Jamyang Norbu (membro della comunità negli Stati Uniti), Tsewang Norbu (già Presidente della comunità tibetana di Germania).
Nota: gli articoli devono essere inviati via fax o preferibilmente via e-mail alla sede Pr di Bruxelles (fax: 32-2-284.91.98; e-mail: pr.bruxelles@agora.stm.it), in inglese, francese o italiano. La lunghezza del testo inviato non deve essere superiore alle 40-50 righe.
< TIBET CINA TELEX >
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PENISOLA IBERICA
CARTOLINE PER LA LIBERTA' DEL PANCHEN LAMA
Continuano ad arrivare numerose le cartoline da inviare al Presidente cinese Zemin per la liberazione immediata del Panchen Lama. Un dovuto ringraziamento va alla "Casa del Tibet" di Barcellona e all'"Egi Bizkaia" di Bilbao che hanno stampato e distribuito centinaia di cartoline da loro ideate. Queste cartoline che affluiscono alla sede di Bruxelles hanno portato il totale a quota 12.034 cartoline spedite in Cina.