DICHIARAZIONE CONGIUNTA RILASCIATA DA 17 DISSIDENTI CINESI INCLUSI NELLA "LISTA NERA" PER PROTESTARE CONTRO IL BANDO CHE TOGLIE LORO IL DIRITTO DI RIENTRARE IN CINA.
di Beatrice Laroche, Human Rights in China
Washington, 29 ottobre 1997. Come cittadini della Repubblica popolare di Cina e residenti negli Stati Uniti d'America, salutiamo la cooperazione amichevole e la creazione di relazioni stabili fra i due Paesi. Tuttavia siamo preoccupati poiché le azioni politiche dei due governi minacciano l'instaurazione di relazioni bilaterali normali, soprattutto a causa del rifiuto del governo cinese di proteggere i diritti umani dei suoi cittadini e della tolleranza del governo statunitense per le gravi violazioni dei diritti umani commessi dal Governo cinese. L'opinione pubblica di entrambi i Paesi è insoddisfatta di questo tipo di politica.
La visita di Jiang Zemin negli Stati Uniti questa settimana, e il viaggio di Clinton in Cina il prossimo anno, dovrebbero includere nel loro programma una seria discussione sul problema dei diritti umani. Come vittime delle violazioni dei diritti umani in Cina, noi sollecitiamo fortemente un'azione immediata.
I nostri nomi fanno parte di una "lista nera" che coinvolge 49 cittadini cinesi ai quali viene vietato di ritornare nel proprio Paese. L'ambasciata cinese ha infatti rifiutato di rinnovare i nostri passaporti scaduti o di permettere il nostro rientro in Cina. Negandoci il diritto di tornare in patria ci è stata tolta la nazionalità, e siamo stati quindi costretti a divenire rifugiati internazionali privi di cittadinanza. Questo esilio involontario non solo mette in pericolo la stabilità e i mezzi di sussistenza delle nostre famiglie, ma crea problemi di immigrazione per gli Stati Uniti e per gli altri Paesi del mondo libero che ci hanno generosamente dato asilo. Chiediamo con forza al Presidente Jiang Zemin di porre immediatamente rimedio a questa situazione e rivolgiamo, inoltre, un accorato appello al Presidente Clinton affinché protegga i diritti dei residenti negli Stati Uniti sollecitando Jiang Zemin ad abolire la "lista nera".
Siamo stati inseriti nella "lista nera" come attivisti del movimento per la democrazia del 1989 in Piazza Tienanmen a Pechino e in altri luoghi della Cina. Alcuni di noi sono stati costretti all'esilio dal Governo cinese come segno di concessione alle pressioni esercitate dagli Stati Uniti a favore dei diritti umani. Dopo l'arrivo negli Stati Uniti, abbiamo continuato a sostenere diritti umani e democrazia in Cina e perciò siamo stati bollati come "forze nemiche all'estero" dal Governo cinese. La "lista nera" è chiaramente contraria agli interessi degli Stati Uniti e non può essere ignorata. Il Presidente Clinton deve chiedere al Governo cinese di cessare questa provocatoria presa di posizione e di rispettare il diritto delle persone legalmente residenti negli Stati Uniti a tornare nella loro madrepatria.
Mentre noi rivendichiamo il nostro diritto al rientro, i nostri compagni in Cina, attivisti per la democrazia, sono stati privati della loro libertà personale. Esortiamo, quindi, il Presidente Clinton a chiedere che il Governo cinese rilasci Wei Jingsheng, Wang Dan e gli altri prigionieri politici in Cina e ci appelliamo al Governo cinese affinché effettui una revisione storica e faccia ammenda per il massacro del 4 giugno 1989 a Pechino. Jiang Zemin ha dichiarato di sperare che le relazioni sino-americane torneranno al livello cui erano prima del 1989", ma senza una revisione del massacro di quell'anno questo non sarà possibile.
Sosteniamo fermamente le richieste che facemmo durante le dimostrazioni del 1989 a favore della democrazia: solo la riforma politica potrà eliminare la corruzione del governo. I più importanti passi della riforma politica cinese dovranno essere la fine della dittatura del partito unico, l'instaurazione dello stato di diritto, la tutela dei diritti umani e l'avvio del processo di democratizzazione del sistema politico.