In questi giorni Pannella ha versato in un eventuale dibattito e in una auspicabile riflessione alcuni elementi nuovi. Nuovi non in senso stretto, strettamente cronologico, ma certo tali da riportare al presente urgenze antiche o quasi antiche.
La contingenza delle elezioni comunali romane in questo senso va considerata letteralmente fattore esterno, e non disutile o inutile. E in qualche modo fattore esterno, nella economia di queste righe, va considerata pure la contingenza dello scontro sulla informazione di regime - questo scontro, le vicende di questi giorni; che certo lo scontro e' tutt'altro che contingente. Ma mi si capira' piu' sotto.
Tra la fine degli anni 70 e l'inizio del decennio successivo fu relativamente interno all'area nostra il dibattito sulla attualita' del concetto stesso del diritto di resistenza, diritto soggettivo di resistere e opporsi a norme che l'individuo ritenga contrarie sia alla propria coscienza che a principi diversi che ci si batte perche' si trasformino in legge. Quel periodo registro' anche alcune sentenze - interessanti quanto discutibili - di giudici italiani che assolsero alcuni imputati, soprattutto pacifisti e pacifisti atomici, applicando la esimente della "legittima difesa putativa di interessi generali". Il fatto - poniamo - di bloccare una strada per impedire il transito di componenti di armi o materiali per basi nucleari non venne in qualche - pochissimi - caso ritenuto dal giudice reato. Il fatto veniva dichiarato condotta legittima, e non soltanto condotta di gravita' affievolita dalla applicazione di attenuanti generiche e specifiche. Si trattava proprio di esimenti.
Rievoco in pillole piccole piccole questi antecedenti in primo luogo per argomentare a contrario che la strategia nostra, per la legalizzazione come su altro, e' qualcosa di diverso.
La disobbedienza civile non tende a esimere il disobbediente dalla applicazione nei suoi confronti delle conseguenze penali dell'atto che compie, ma invece tende alla modifica, alla riforma della legge, inssieme attribuendo alla norma cui disobbedisce la massima dignita' legale, e alla legge nuova da instaurare una pari dignita' di cogenza.
Se cosi' non fosse, infatti, la legittimita' della legge trarrebbe fondamento dal merito della stessa, invece che dalla correttezza del procedimento normativo formale che ne e' stato fonte.
Da un punto di vista - diciamo - nonviolento, questa consapevolezza mi sembra cruciale.
King scriveva che una legge ingiusta e' una legge imposta da un gruppo sociale senza che al rispetto di quella legge il gruppo sociale che la ha imposta sia vincolato; una legge giusta e' invece quella che, imposta da una maggioranza, vincoli tuti e ciascuno. La giustezza della legge deriva dalla sua cogenza erga omnes, e soprattutto dal processo della sua formazione, piuttosto che dal suo contenuto.
E' esattamente in questo la ineludibilita', in un punto di vista nonviolento, della legge, del dovere proporre riforme legislative. E in questo senso, soprattutto, proprio chi disobbedisce alla legge alla legge stessa e alla legalita' porta il rispetto massimo.
Questo sembra un altro discorso. Non lo e'; ma lo mettiamo comunque da parte.
Vi sono due - almeno - modi per vincere, prevalere in una vertenza nonviolenta: sollecitare la sensibilita' e la coscienza delle persone, legislatori o elettori; oppure piu' direttamente vincere attraverso una riforma legislativa che si impone direttamente, in parlamento o attraverso l'altro organo legislativo, che e' il referendum - dove e come esiste. Per imporre una riforma legislativa non e' necessario essere in parlamento, come e' noto a noi piu' che ad altri.
E' una questione di sopportabilita' dei pesi che si impongono nell'opera tesa a rendere evidente la odiosita' di una o di una serie di norme esistenti.
Noi dobbiamo usare e percorrere tutte le strade possibili. Ma quel che e' necessario e' raggiungere un punto di non ritorno nella procurata insopportabilita' della situazione da noi creata da parte delle autorita' legislative. Legislative, dico, e non giudiziarie, visto che queste ultime sono nel caso nostro in relazione funzionale al procedimento di riforma della legge.
Decine di processi, una continuita' di processi penali (a parte i costi di vario genere) sono efficaci se portano in tempi determinati al confronto in sede normativa. Con i tempi necessari, relativamente lunghi, quasi fisiologici. Ma occorre raggiungere il punto di non ritorno oltre il quale non potra' essere eludibile la trasformazione della legge, con la messa all'ordine del giorno della riforma legislativa in materia.
Io credo che noi occorre ci si prepari con concretezza ad essere alcune centinaia pronti, preparati, attrezzati a disobbedire alla legge cui abbiamo disobbedito in queste settimane.
In centinaia nell'arco di alcuni giorni, di un lasso di tempo relativamente breve. In un tempo in cui il parlamento possa materialmente farsi sede di dibattito in materia.
Le variabili sono innumerevoli, naturalmente. Volutamente guardiamo soltanto alla specificita' italiana, e alla specificita' di quelle sostanze. Volutamente.
Credo dobbiamo partire proprio dal compilare elenchi di persone che sian disponibili a compiere quell'atto o quegli atti di disobbedienza. Occorre che ciascuno se ne faccia carico, senza superficialita' o entusiasmi facili (tanto piu' che una riforma legislativa di questo tipo in italia in materia di cosiddette droghe leggere sarebbe, sara', riforma assai parziale e soltanto articolazione tattica limitata di ben altro).
Ciascuno, dopo tutto o prima di tutto, compira' un investimento in senso proprio, con il rischio di impresa fisiologico, con i costi giudiziari e di altro tipo. Ma investira' in funzione di un guadagno politico, che includera' ovviamente la cancellazione di ogni pendenza penale in capo agli autori della disobbedienza, se la legge verra' mutata.
Ci occorre un calendario. Occorre iniziare intanto a formare elenchi, assumendosi responsabilita' nel farne parte e nel comporli. Responsabilita' delicate per varie ragioni facili da intuire.
Attraverso questa battaglia passano alcune delle contraddizioni principali nel sistema e nell'ordinamento di un sistema regime. Non e' il solo aspetto, ma ne e' uno palese, evidente.
Va percorso, anche perche' e' aspetto che piu' di altri consente di rafforzare l'opera non italiana che stiamo tenacemente e in crescita conducendo.
Paolo Pietrosanti