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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Marco - 22 novembre 1997
CHINA - WEI JINGSHENG. Radicali perplessita'.

Sono stato ieri alla prima conferenza stampa di Wei libero, a new York. Ne ho tratto alcuni elementi di preoccupazione che non credo il Partito debba trascurare.

Non mi riferisco a quello che ha detto Wei, e che immagino abbiate letto sui giornali. Wei era sereno ed umile, ha minimizzato il significato della sua scarcerazione sulla strada della democratizzazione della Cina.

Ha espresso totale sfiducia nell'attuale classe dirigente cinese, alla quale non sono rimasti nemmeno gli ideali del comunismo.

Sul Tibet ha detto che cinesi e tibetani dovrebbero sedersi attorno ad un tavolo per cercare una soluzione.

Wei ha preso l'impegno di continuare ad impegnarsi comme attivista dei diritti umani ed ha annunciato che scrivera' un libro sui maltrattamenti subiti in carcere.

Veniamo pero' agli aspetti "organizzativi".

La conferenza stampa, alla quale hanno partecipato almeno 300 tra giornalisti e cameraman, e' stata convocata da Human Rights in China, Amnesty International e Human Rights Watch.

Alle spalle di Wei c'erano i cartelloni delle tre organizzazioni. Rappresentanti delle organizzazioni hanno preso la parola prima di Wei, davanti ai piu' importanti media americani ed internazionali.

Il Partito Radicale non e' stato nemmeno avvisato della conferenza, e questo dopo che da cinque giorni chiedevamo a quelli di Human Rights in China se fosse possibile intervistare qualcuno di loro o lo stesso Wei per la radio.

Da notare che i rapporti con il loro ufficio di NY sono ottimi e siamo in contatto continuo.

Abbiamo saputo della conferenza stampa per caso a un briefing all'ONU.

Se e vero , come e vero, che insieme a HRiC abbiamo gia cominciato una campagna per il Nobel a Wei e Wang Dan, e che gia abbiamo ottenuto, al Parlamento europeo, il premio Sacharov per Wei,

perche siamo stati esclusi dall'evento della liberazione?

Rispondere a questa domanda non e di per se importante. Il problema e evitare che in futuro accada la stessa cosa, la stessa cosa che accade quando il Dalai Lama viene in Italia a benedire Colajanni e compagni dopo tre anni di digiuni, manifestazioni,

adesivi, bandiere e piazze "tibetane" radicali.

Il mio parere e' che non possiamo permetterci di investire a fondo le nostre scarsissime risorse umane e finanziaria in campagne congiunte che congiunte non sono.

Non ci possiamo permettere di essere apprezzati (o tollerati) solo perche facciamo il lavoraccio di raccogliere firme ed organizzare mobilitazione,

nella speranza che questo "apprezzarci o tollerarci" porti, in un futuro quantomai inconsistente, energie e forza al Partito Radicale.

Io credo fermanente, e questo propongo a Segretario e Tesoriere del Partito, che prima di investire il Partito su questo fronte dobbiamo assicurarci degli elementi "formali" di adesione ad un progetto comune

da parte di quelli che dovrebbero diventare i nostri compagni di lotta, che sia Wei o che sia HRiC.

Non credo che sia sufficiente il semplice accordo sulla campagna per il Nobel, che di per se non e campagna nella quale , da parte loro, sia necessario coinvolgere temi radicali, mentre noi, dopo essere diventati un po' tibetani,

diventeremo, lottando, anche un po' cinesi.

Se invece prima vogliamo dimostrare la nostra capacita' di mobilitazione e di nonviolenza per poi passare all'incasso politico, rischieremo di accorgerci soltanto troppo tardi che, come per il Tibet, nessuno e' intenzionato ad offrirci nulla.

E non parlo solo del Partito Radicale, parlo soprattutto del progetto radicale e nonviolento che attraverso gli "esempi" tibetani e cinesi vogliamo affermare.

--- MMMR v4.70unr

 
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