Caro segretario,

il 6 gennaio 1988, esattamente dieci anni fa, il Partito Radicale fu dissolto come soggetto italiano. La dispersione di un gruppo dirigente, l'estinzione progressiva del corpo militante organizzato, la fine di una rappresentanza parlamentare radicale, non credo abbiano in alcun modo giovato alle nostre battaglie di libertà, né ad un Paese tuttora in balìa di classi dirigenti trasformiste o improvvisate.

Torno oggi ad iscrivermi non per imporre convinzioni, tanto meno per ricercare colpevoli o rivendicare ruoli. Ma un bilancio schietto di questo decennio, un confronto di verità sul passato e il futuro del partito mi paiono atti dei quali ben difficilmente si possa fare economia, pena il veder tracciato tale bilancio dagli eventi, o da forze esterne alla vicenda radicale.

Più che un diritto, è perciò un dovere il chiederti di favorire luoghi di confronto fra proposte anche alternative; o almeno, lo è per chi, come me, vorrebbe partecipare alle analisi e alle prospettive comuni di un partito che continuo a vivere come il riferimento naturale di una identità civile laica e libertaria.

Se ciò non dovesse verificarsi, sono con altrettanta franchezza qui a dirti che non sarebbero né leciti, né legittimi, né legali il congelamento o la riduzione della sigla "Partito Radicale" e della parola "radicale" ad una non verificata né confermata dimensione esclusivamente "transnazionale" o, peggio, la loro consegna alla privata discrezionalità di singoli o di gruppi.

Se, come spero, Partito Radicale ha da essere, che lo sia con una vita democratica riconcepita e vissuta. Altrimenti ben venga il moltiplicarsi, dal ceppo della cultura politica comune, di uno, due, più Partito Radicale. Cordialmente,

Giovanni Negri