Pannella non ci sta. Teodori e Taradash ribattono: cè una cultura liberale vincente
L'ex segretario Negri propone un congresso: dobbiamo tornare sulla scena politica
Di Massimiliano Lussana
Che un politico che è stato segretario di un partito per cinque anni prenda la tessera di quel partito non è una notizia. Non dovrebbe essere una notizia. Ma se il partito in questione è quello radicale, allora anche l'iscrizione di un ex segretario diventa un'anomalia, una provocazione, una scelta estrema. Radicale, verrebbe a dire.
La lettera con cui Giovanni Negri chiede a Olivier Dupuis, segretario del partito transnazionale, un congresso per il "pieno ritorno de Pr sulla scena politica italiana" è solo la certificazione ufficiale della voglia di partito radicale in tutto l'arcipelago laico, socialista, "liberale, liberista e libertario" - triade di aggettivi inseparabili eternamente presenti sulla bocca di ogni radicale storico - che ricomincia a pensare al ritorno della rosa in pugno.
" un partito - scrive Negri a Dupuis - che continuo a vivere come il riferimento naturale di un'identità civile laica e libertaria. Se ciò non dovesse verificarsi l'utilizzo della parola radicale non sarebbe né lecito né legittimo". Parole che vanno a cozzare contro il fisico e la prosa abbondanti e imponenti di Marco Pannella, che boccia l'ipotesi di riportare il Pr al centro della vita politica italiana. A modo suo: "Conoscendoci, come si sa, che Giovanni Negri si erga a giudice della moralità, della legittimità e della legalità del partito radicale transnazionale non mi sorprende. D'altra parte, il generale De Gaulle ha potuto esserlo rispetto allo Stato francese, perché mai Giovanni Negri non dovrebbe ritenere possibile esserlo anche lui, almeno nei confronti del nostro partito?"
E, come in ogni coppia inscindibile di concetti, proprio Pannella è il maggiore ostacolo sulla strada che porta al ritorno del partito radicale in versione nazionale: non è, non solo, un problema burocratico di nomi e di simboli registrati: perché Marco non "ha" il partito, Marco "è" il partito. Tanto che, nell'arcipelago degli ex pannelliani ma non ex radicali, la speranza che la rosa nel pugno rifiorisca si scontra con la spina costituita da Pannella. Massimo Teodori è lapidari: "è chiaro che in Italia manca una forza liberale e radicale che faccia battaglie come quelle che ha fatto e fa Marco, ma dubito che Pannella, che si è scelto un ruolo di testimonianza, possa avallare un progetto simile". Dal Polo, Marco Taradash rafforza il concetto: "In Italia c'è una cultura radicale, socialista e liberale che si è dimostrata vincente nella società, ma sconfitta politicamente. Speravamo che Forza Italia potesse eserne il punto di riferimento, ma probabilmente bisognerà prendere atto che in realtà è qualcos'altro.
Certo, bisognerebbe creare qualcosa di simile al partito radicale, ma bisognerebbe fare sempre i conti con la personalità gigantesca di Pannella: non so se lui sarebbe disponibile e senza di lui sarebbe tutto più complicato".
Più che complicato, forse non impossibile. E a che pensa che stia dando i numeri, Giovanni Negri risponde con i numeri: 2Una forza politica, che si chiami partito radicale o giraffa poco importa, che rappresenti l'area laica potrebbe puntare al 25 per cento dei voti. E lavorerò comunque per costituirla, rivolgendomi non solo ai radicali storici, ma anche agli intellettuali - da Ronchey a Ceronetti - che stanno collaborando all'Osservatorio sul Giubileo, ai liberali del Polo, da Marcelleo Pera a Marco Taradash e a quella sinistra, da Franco Debenedetti a Gianfranco Pasquino, che non accetta la dittatura cattocomunista. Perché ol fatto che la nostra cultura non sia rappresentata adeguamente è letale: non per noi, per il Paese". Parole veramente radicali. In ogni senso.