Lettere da Parigi/di Marco Pannella / aprile 1961
Carissimo Giuliano,
credo che il silenzio di questo mese sia dovuto ad un pò di sconforto o di sfiducia. A conti fatti, credo che, per comprensibili che siano, questi sentimenti non siano giusti. Abbiamo fatto molto del possibile, e se ci appare poco in assoluto, credo che non lo sia in realtà. In fondo, abbiamo, da qualche anno appena, ricominciato. E scrivevo a (Ugo) La Malfa, l'altro giorno, che una delle differenze fra lui e i nostri amici radicali, a suo intero vantaggio , è che quelli mi appaiono sempre di più come dei poveri testardi, incapaci di vivere ed incalliti nel sopravvivere, e lui come qualcuno che conosce la tenacia, capace cioè di ricominciare, di vivere criticamente, di volere riuscire, di riconoscerte errori... Non altro, credo, è quel valore di "durata" di cui parla Bergson e che mi è sempre parso di intuire come importante, come in fondo, una maggiore comprensione del carattere "storico" del pensiero, di quello "individuale", non meno di di quello che si è soliti chiamare "umano"...
V'è, credo, "durata" in noi. Compio in questi giorni 31 anni; i tuoi sono leggermente più numerosi. Non tanto da permettemi di credere c'io non senta il passare del tempo, la gravità delle occasioni perdute, l'irrimediabilità di certe inadeguatezze, l'ansia - a volte - di riuscita o di concreti risultati. Ma è proprio qui ch'io trovo ragione di conforto. Qualche segno, ciascuno di noi, lo avrà lasciato, nel suo passaggio. Dobbiamo volere che questi segni raggiungano anche una piena dimensione, un più ampio e proprio quadro politico: giungano, cioè, a toccare ambienti, gruppi, persone sconosciute, anonime... Ma il numero di esistenze con cui abbiamo spartito il pane delle nostre idee, delle nostre speranze; il cibo che siamo stati, assieme e ciascuno da solo, capaci di dare a chi aveva qualche necessità di nutrirsi e non aveva nulla per procurarselo, non è, infine, stato cosi raro...
Ora, v'è questo di positivo nella attuale situazione: che le cose che abbiamo determinato attorno a noi e in noi stessi, testimoniano di qualche ambizione, abbastanza grande e vera. Abbiamo ormai legato la nostra attività politica e il significato del nostro contributo a obiettivi che divengono, di per loro, sempre più "obiettivi", comprensibili; e non ci permettono più molti alibi, molte imprecisioni, buone coscienze a buon mercato...
Certo è doloroso non aver potuto lavorare meglio e più efficacemente per il congresso; dover dare per scontato, forse, un nostro regresso numerico; e contarci ancora una volta in così pochi. Ma esistono realmente elementi sufficenti per dire che abbiamo "perso", "consumato" del tempo, anziché averne "guadagnato" ? E' giusto, sarebbe giusto, pensare o sostenere che il confronto con il tempo che avevamo dinanzi a noi si è saldato in passivo, che è il tempo ad aver avuto ragione di noi?
Non lo credo, anche se non ha nessuna sicurezza in proposito. Se pongo queste domande, è perchè non sono, da me a te, retoriche, aventi di già una risposta, ma perchè vorrei che assieme cercassimo di valutare serenamente quel che abbiamo fatto, per meglio sapere quel che resta da fare; e quali speranze è possibile avere.
Ho scritto ieri a Giacinto (Militello) confermandogli che sarò a Venezia per il congresso del UGI, dove intendo fare un intervento politico per nulla celebrativo e di pieno impegno politico. Sarà, per noi, per tutti noi, almeno lo spero, il primo colpo precongressuale da menare contro la maggioranza, attraverso l'indicazione di obiettivi politici per loro imbarazzanti. Beninteso, non è solo in questa prospettiva che parlerò: la mia presenza, per quel pò che può essere utile, spero lo sarà ugualmente per tutte le battaglie particolari che abbiamo in corso; quella verso i " non impegnati ", non meno che per quelli impegnati nel Partito radicale o in quello socialista. Mi auguro di riuscire a rendere più chiara alla maggioranza dei congressisti e dei presenti la portata ed il quadro prospettico della azione che si è fin qui portata avanti. Chiarire, in questa come nella maggior parte dei casi, significa tentare di determinare un chiarimento piuttosto che un altro, fra i tanti possibili...
Contemporaneamente al Congresso vorrei fare una riunione dei radicali presenti, più quelli veneti e eventualmente nordici che siamo in grado di invitare nei pochi giorni che ci restano.
La riunione radicale dovrebbe essere definita come una riunione di consultazione, promossa promossa dalla sinistra radicale (attenzione per il momento a non usare le virgolette...)con alcuni amici che essa ritiene suscittibili di essere interessanti ad approfondire l'analisi dei problemi e degli obiettivi del Partito radicale in vista del Congresso di fine maggio. Provo a scrivere due righe a Sergio Bocca, chiedendogli di guardare (segretamente) con voi, l'elenco degli iscritti per ripescare vecchi amici, ed eventuali scontenti da invitare, ed i loro indirizzi. Cercherò di farlo questa sera stessa. Gli chiederete un giorno o due dopo aver ricevuto la presente se ha ricevuto la mia lettera. Se vi darà una risposta affermativa, chiedetegli amichevolmente quando ritiene, se non ha obiezioni, di poter fare con sufficenti garanzie di discrezione questo lavoro.
Cosa ne è delle elezioni europee? Quando si svolgeranno? Sono silurato? Ne sarei desolato: ho una così gran voglia di "riuscire", per una volta!
Ho pensato che sarebbe utile e forse possibile fare uscire un numero unico in vista del Congresso. Di' a Gianfranco (Spadaccia) che lo ringrazio molto della sua lettera, ma che avevo ricevuto di già (...) Guarrasi la copia delle sue dimissioni... Non gli ho risposto perchè mi annunciava per l'indomani un espresso con delle precisazioni sulla situazione e sul lavoro fatto exit
Ha mandato la lettera sulle dimissioni di Guarrasi? Per cose di non maggiore rilievo, come questa, conviene a volte non consultarci troppo, con il rischio di far scadere l'attualità... Fatte individualmente, anche se contengono qualche errore, è poi facile ripescarle e migliorarle in una prospettiva di gruppo.
Di' a Giacinto (Militello) che scrivo a (Carlo) Laurenzi al "corriere" per chiedergli di venire al Congresso di Venezia. Ma sarebbe opportuno che lui cercasse di vederlo direttamente: sembra che abbia ancora "molta fiducia" in me (almeno - senza alcuna provocazione - è quanto ha ritenuto di dovermi scrivere...) e, in definitiva, con Umberto Segre è l'unica persona che ha capito qualcosa di quel che facevano e che ci abbia seguito con qualche simpatia, scevra di retorica (si, proprio lui ). Giacinto ha fatto gli inviti per il congresso? Credo che sarebbe importante abbinare un calendario: (tipo quello fatto per il congresso di Milano del 1953, chiedere nel caso a Giulio (Chiarugi?) e inserire nell'ordine dei lavori ufficiale l'intervento di La Malfa e quello mio.
Il "Paese" manderà un inviato speciale? Se necessario potreste scrivere anche direttamente, come sinistra radicale, una lettera a (Mario) Melloni in tal senso, chiarendogli l'importanze particolare che la manifestazione riveste anche su un piano meno settoriale.
Di' per cortesia, a Giacinto (Militello) che non credo avrò il tempo di scrivere a Franco (Roccella) e Sergio (Bocca?, Stanzani?) Resto dell'avviso che gli unici invitati dovrebbero essere loro, con il (Brunello) Vigezzi e, se lo crede, il (Giulio?) Chiarugi. Sarebbe importante, nel caso, risultasse dall'invito che saranno loro , e solo loro, a portare dei saluti in nome dell'UGI "passata".
Ho scritto oggi a Giovanni Busino, dal quale ho ricevuto ieri una lettera molto decisa e convinta, anche se di una violenza polemica contro la maggioranza del partito ("o buttarli fuori o esserne buttati fuori") quasi eccessiva. Gli ho accennato che forse ci riuniremo a Venezia , e l'ho assicurato sulle nostre intenzioni polemiche in congresso, puntualizzandole nella misura del possibile.
Mi ha accennato che vi siete incontrati anche con il Vigezzi? Cosa ne è venuto fuori? Mi interesserebbe saperne qualcosa.
Ciao, Giuliano; B. ricambia i saluti affettuosi, ed io vi aggiungo i miei