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Partito Radicale Roma - 26 gennaio 1998
"MA PER TUTTI NOI RESTA UN PUNTO FERMO"
Lo scrittore Kushwant Singh: "Il fondamentalismo è come il fascismo"

La Repubblica

25 Gennaio 1998

di Vanna Vannuccini

Kushwant Singh è un letterato, un romanziere e a 82 anni ancora pubblica una colonnina settimanale su diversi giornali indiani. Le ultime sono piene di citazioni dantesche. Kushwant è felice di aver esaudito il suo vecchio desiderio di leggere tutta la Divina Commedia. Di recente è stato a Roma e ha presentato i suoi scritti al Teatro Argentina. E' stato il suo ultimo viaggio, dice, perché alla sua età viaggiare lo stanca troppo. Non sembra però disposto a rassegnarsi alla vecchiaia, è troppo curioso, troppo provocatore, troppo iconoclasta per starsene tranquillo a casa sua, in un bell'appartamento al centro di Dehli. Al festival del cinema è stato appena presentato un film tratto dal suo romanzo più famoso, Treno per il Pakistan. Racconta la storia dei treni che si incrociavano nella campagne del Punjab nei giorni tragici della "partition". Convogli della morte gremiti di gente che sperava di raggiungere un porto sicuro e invece veniva massacrata per strada da assassini indù musulmani e sikh. Kushwant è in

sikh, e anche lui era dovuto fuggire allora da Lahore verso Dehli a bordo di una vecchia Austin. "Il Mahatma Gandhi fu fino all'ultimo il più deciso nemico della divisione. Ma alla fine anche lui dovette arrendersi" ricorda. "La situazione si deteriorò a tal punto che nessuno poté tornare indietro e ricacciare gli spiriti evocati. Forse perfino Jinnah, il leader musulmano, avrebbe accettato una confederazione al posto della divisione, ma le cose precipitarono. Centinaia di migliaia di persone furono massacrate, le donne si gettavano nei pozzi per sfuggire allo stupro". Singh ha visto tutte le tragedie del suo paese, e ha conosciuto tutti i protagonisti. E' stato ambasciatore a Londra e funzionario a Parigi all'Unesco. Poi per alcuni anni deputato al parlamento. "Gandhi resta un punto fermo per questo paese", dice. "La gente comune , quando succede qualcosa di grave come quando fu distrutta la moschea Babri, si chiede: che cosa direbbe Mahatma?

Per Gandhi il dharma- la retta via- la via che ognuno deve seguire- era la Verità, la forza della verità. Oggi il fondamentalismo indù è un vero e proprio fascismo: fa della bugia il suo linguaggio. Più la bugia è grande più viene ripetuta. Persone come me le chiamano pseudolaici. Con la menzogna e con l'odio hanno molto successo. L'odio ha sempre avvicinato la gente più di qualsiasi altra cosa".

Questo è un successo, sostiene Kushwant, perché il Congresso ha sempre reso un omaggio solo verbale agli ideali dell'indipendenza e ha seguito invece in pratica una politica oscurantista. Kushwant restituì allo Stato la sua Padmasri, la più alta decorazione indiana, dopo il massacro dei sikh che seguì all'assassinio di Indira Gandhi e fu organizzato dagli stessi politici del Congresso.

Gandhi era una figura unica, dice. Era un indù e un occidentale al tempo stesso. L'Occidente lo aveva profondamente influenzato: il pacifismo di Tolstoi, la "civil disobedience" di Thoreau. La sua non violenza aveva una base politica e etica occidentale e una derivazione religiosa indù, anzi jainista. Per i mali dell'India, Kushwant Singh non ha ricette, se non controllo delle nascite e effettivo decentramento amministrativo: "non siamo un paese, siamo un continente". Alcuni Stati hanno fatto grandi progressi. Per esempio il Kerala, che è riuscito a eliminare radicalmente l'analfabetismo. E' l'ora dell'infermiera e la conversazione deve terminare. "Lo sa che il 90 per cento delle infermiere indiane vengono dal Kerala? Merito dell'influenza cristiana, dei collegi delle suore".

 
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