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Orofino Veronica - 1 febbraio 1998
L'EGUALITARISMO VISIONARIO DI GANDHI

Il manifesto /31/01/ Marinella Correggia

Nel mondo c'è abbastanza per soddisfare le necessità di tutti ma non l'ingordigia di qualcuno"; "Regola d'oro è rifiutare di avere ciò che milioni di persone non hanno"; "Se si rispettasse la regola della yajna (il lavoro per il pane e in spirito di servizio), non ci sarebbero ricchi e poveri, superiori e inferiori, toccabili e intoccabili..."

Della visione gandhiana dell'economia, scomodamente egualitaria e parca, è stata presa solo una parte, e il resto accantonato, nella stessa India:

L'economia come scienza "morale", "indispensabile per una vita degna" e "basata sulla giustizia sociale", era per Gandhi la " scienza del benessere di tutti" e deve rispettare alcuni capisaldi: swadeshi, ovvero produzione e consumo autonomi a livello di villaggio, lavoro per il pane, non possesso, non-sfruttamento ed uguaglianza.

Ma concretamente, chi come, cosa e dove produrre e consumare in una economia non violenta?

Il Mahatma aveva basato la sua visione su, in primo luogo, un sistema di produzione e consumo cooperativi nell'ambito di autogestite, solidali "repubbliche di villaggio". Questo avrebbe richiesto tecnologia appropriata, la più giusta per massimizzare il soddisfacimento dei bisogni fondamentali: le macchine devono ridurre la fatica umana, ma non necessariamente il lavoro, soprattutto dove la sottoccupazione è grande.

Complementare alla produzione cooperativa di villaggio è l'uso per fini collettivi della proprietà. Gandhi combatteva il capitalismo perchè basato sul profitto e sulle disuguaglianze; tuttavia riteneva bontà sua, che i capitalisti potessero essere redenti e convertiti senza violenza all'amministrazione fiduciaria (trusteeship): usare i beni, i mezzi di produzione e le loro capacità manageriali per il solo benessere collettivo; e poi dovevano anche vivere in dignitosa semplicità. Certo l'idea di un pacifico socialismo comunitario invece della guerra di classe si rivelò utopica. (Più realista, l'economista gandhiano J.C. Kumarappa, finanziere convertito, puntava a una produzione cooperativa a livello di villaggio, per lasciare nelle mani dello stato i servizi, dai trasporti alle comunicazioni, l'elettricità e le poste; meglio lo stato dei privati perchè "ci potranno essere sprechi, ma almeno lo stato non lavora istituzionalmente per il profitto").

Terzo principio gandhiano, il consumo non violento ovvero "non possesso". La distinzione che per Max è fra valore d'uso e valore di scambio, in Gandhi si traduce in beni fondamentali (che nello stile di vita personale del Mahatma erano ridotti all'osso) contro beni superflui. L'ingordigia, come lo spreco e il lusso, sono incompatibili con i limiti delle risorse naturali e con la giustizia sociale. Consumo non violento è anche rispetto per il mondo vivente, da qui il vegetarianesimo.

Alro principio: lavoro per il pane, ovvero lavoro manuale finalizzato a coprire i bisogni materiali. Nello stato ideale ogni individuo in buona salute doveva lavorare con le proprie mani abbastanza da procurarsi il cibo, e le sue facoltà intellettive dovevano essere esercitate al servizio di tutti, non per ammassare denaro. Applicando in prima persona il principio, Gandhi e i suoi filavano ogni giorno il cotone a mano (khadi), un'alternativa ai tessuti industriali della potenza coloniale britannica. Tuttora filano e si dedicano ad attività agricole e artigianali i gandhiani veri.

Quinto principio fondamentale: ALLOCAZIONE NON VIOLENTA. Produrre in modo cooperativo era l'alternativa alla competizione basata sulla violenza e la ricerca del privilegio: Principio complementare, la distribuzione nonviolenta, ovvero uguaglianza. Che significava in primo luogo il diritto di ciascuno alla vita, quindi al soddisfacimento dei bisogni fondamentali e a un'esistenza degna in comunità con i propri simili. In secondo luogo l'assenza di sfruttamento. La città deve smettere di sfruttare la campagna; il lavoro intellettuale di sfruttare quello manuale; il capitale il lavoro.

Al di là dells debolezza fondamentale del pensiero economico gandhiano-basato sul presupposto che ogni persona si possa convertire al benessere di tutti e all'altruismo - il messaggio, egualitario, anticonsumista, autogestionario, insegnerebbe tuttora. E non solo

solo all'India.

"A 50 anni dalla morte di Gandhi" è il convegno che si conclude oggi a Genova (aula magna dell'Università, via Balbi 5) a cura dell'associazione di ispirazione gandhiana Assefa Italia.

 
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