"... E' difficile trovare per la distribuzione del rddito termini di confronto in Paesi che abbiano carateri simili a quelli della Cina. Confrontiamo tuttavia Cina e India, anche se per la Cina disponiamo di un'indagine del 1995 sula distribuzione personale dei redditi e per l'India di una statistica sulla distribuzione dei consumi per abitante dell'anno 1992. Nel caso dell'India il 10% dela poolazionje che raggiunge il livello più alto di consumo pro capite concentra poco più del 28% della spesa totale per i consumi (in Cina il 10% della popolazione meglio posizionata nella scala sociale si appropria del 31% del reddito nazionale,ndr). Si può dunque affermare che in Cina il benessere riuslta distribuito tra la popolazione con minore equità.L'aumento delle sperequazioni tra i gruppi sociali non ha datoluogo finora a manifestazioni di protesta. E' probabile che le tensioni distributive siano attutite in primo luogo dal controllo politico stretto che il partito comunista continua a esercitare sulla società, e poi dal prevalere di quello che Hirschman ha definito l'<>: quando oin un tunnel la fila in cui mi sono incanalato è ferma ma la fila contigua si muove, ho speranza che presto o tardi toccherà anche a me andare avanti. Se tuttavia l'illusione di un rapido avanzamentosociale si dissolverà, il conflitto distributivo esploderà in forme tumultuose. La società cinese non possiede, infatti, istituzioni adatte a incanalarlo, a regolarlo.Si torna così all'interrogativo inquietante che sovrasta tutta l'esperienza di sviluppo economico della Cina:come può affermarsi pienamente un'economia di mercato, senza un adeguamento del sistema di governo,senza che si diffondano i diritti di libertà e si affermino gli istituti dellla rappresentanza democratica, che fanno da catalizzatore ma anche da fattore temperante del mercato?".