di Dimitri Buffa, la Padania, 4 febbraio 1998, pag.12
Il Commissario europeo Emma Bonino lancia un'iniziativa contro il regime segregazionista dei Talibani. L'Afghanistan e' il solo Paese con l'apartheid basato sul sesso.
"Un fiore per le donne di Kabul." Si chiama cosi' l'iniziativa lanciata dal Commissario europeo agli aiuti umanitari Emma Bonino ieri a Bruxelles insieme a 50 donne tra cui parlamentari europee di vari partiti. Consiste nell'organizzare per l'8 marzo una contro manifestazione a favore delle donne afghane discriminate in patria senza lavoro e senza nemmeno il diritto alla propria sessualita'. Una manifestazione che e' anche la risposta polemica a chi come l'Onu, per il tramite di Pino Arlacchi, invece, inseguendo illusioni gia' rivelatesi fallaci in altri paesi nello stesso contesto di lotta alla droga mediante l'incoraggiamento economico (40 miliardi di lire all'anno per tre anni) alla riconversione delle colture, i soldi li ha sinora promessi ai Talibani, cioe' agli studenti islamici, criminali e terroristi, che le povere donne afgane discriminano anche solo per il fatto di essere tali.
"L'Afghanistan - dice infatti la stessa Bonino - e' il solo paese al mondo che pratica la segregazione razziale basata sul sesso: praticamente una replica dell'apartheid nonche' una vera e propria violazione dei diritti dell'uomo". Anzi della donna, che nei paesi islamici di quel tipo (Algeria, Afghanistan, Sudan ecc.) conta oggi meno di quanto contasse nel cristianesimo della Controriforma. Alla conferenza stampa a Bruxelles era presente anche una discriminata in carne e ossa: una povera donna afghana che non si faceva scivolare nemmeno per un attimo lo chador per il timore di essere riconosciuta dalle spie islamiche dei Talibani.
"L'Islam di per se' non c'entra - ha detto la donna visibilmente commossa - qui e' la sua cattiva interpretazione a essere in gioco, nonche' l'abuso di potere di chi e' andato al governo con la violenza e si vede oggi persino corteggiare dall'Onu". La donna ha poi proseguito dicendo che "ormai la nostra casa e' anche la nostra prigione e non abbiamo nemmeno piu' il diritto di studiare e di andare in strada da sole". Mentre prima ben il 60 per cento dei medici afghani erano di sesso femminile. Si puo' allora rimanere inerti o trattare con i Talibani rischiando di farli diventare monopolisti della produzione oppiacea del posto, oltretutto a spese dell'Onu?
Certo che no, dice la Bonino, che propone di dedicare l'8 marzo alle donne afghane e di promuovere diverse manifestazioni parallele e Roma, Bruxelles, Mosca e New York in sostegno a queste vittime del Medioevo del Duemila, che stanno spegnendosi nell'indifferenza o peggio nel compiaciuto cinismo delle nazioni piu' ricche del mondo.