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Radio Radicale Roberto - 11 febbraio 1998
ALGERIA, I MISTERI DEL GRANDE MASSACRO
Fondamentalisti, provocatori, banditi: tante ipotesi per un enigma sanguinoso

Tra sospetti e dolore alla ricerca dei killer

di Robert Fox, La Stampa 11-2-1998 (www.lastampa.it)

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ALGERI. Quelli della festa di Eid el-Fitr, la fine del Ramadan, dovevano essere giorni di celebrazioni. Cosi' non e' stato e anzi hanno marcato la fine della peggiore ondata di stragi nei sei anni della guerra civile. Interi villaggi sono stati distrutti e sono state commesse atrocita' in remote aree montane finora risparmiate. Almeno 1400 persone, donne, bambini e vecchi, sono state uccise in meno di un mese. L'Unione europea, l'Onu, il Vaticano hanno lanciato appelli per fermare le stragi, hanno invitato il regime di Liamine Zeroual al "dialogo" e alla "trasparenza". Ma il mese scorso una delegazione dell'Ue ha avuto il permesso di restare ad Algeri meno di 22 ore, e mentre i rappresentanti europei tenevano la loro conferenza stampa finale, i terroristi hanno fatto esplodere una bomba in un autobus davanti all'ospedale di Ben Aknoun. Una donna e' rimasta uccisa, e l'esplosione ha strappato un braccio e le gambe a un giovane che si trovava accanto a lei. Nelle 48 ore successive, in cinque diverse zone di Al

geri, sono scoppiate altre bombe, che hanno ucciso sei persone e ne hanno ferite 150. Erano otto mesi che nella capitale non esplodevano bombe.

Nelle strade di Algeri, brillanti nel sole invernale, tutto sembra calmo. Ma nella Casbah ci scortano 12 poliziotti. "Credo ci sara' molta piu' violenza", dice un vecchio, uno dei pochi disposti a rompere l'omerta'. Lo sviluppo piu' inquietante per i vicini europei, l'Italia, la Francia e la Spagna in particolare, e' che il regime militare rischia di perdere il controllo, malgrado le pubbliche assicurazioni del contrario. "La questione non e' se i terroristi possano abbattere il regime, ma quanti danni possono fare", dice un alto funzionario del ministero degli esteri. Un altro pero' ammette che la dichiarazione rilasciata dal Primo ministro Ouayiha e dal Presidente Zeroual la scorsa estate, "stiamo sconfiggendo i terroristi", potrebbe essere stata prematura. Nelle ambasciate, nei ministeri, nel mercato e nel suk di Algeri c'e' la crescente sensazione che il peggio deve forse ancora venire.

I villaggi come Sidi Hamed, a soli 10 minuti di auto dall'aeroporto di Algeri, sono monumenti alla desolazione. Nella notte del 14 gennaio tre gruppi di armati, 100 in tutto, sono entrati nel villaggio. Quelli del primo gruppo, vestiti delle tute verdi della milizia governativa, sono passati casa per casa, dicendo alle famiglie di mantenere la calma e non uscire. Nel cortile della casa di Yahir Bilhoud, 25 anni, le spesse pozze di sangue congelato sporcavano ancora il giardino una settimana dopo il massacro. "Sei persone sono morte qui, tutte con la gola tagliata, tra loro c'erano mio padre, mia madre e mio fratello. La moglie di mio fratello, incinta, non e' stata trovata". Lui in quel momento era con degli amici a guardare videocassette di Bruce Lee in un garage. La porta del garage fu aperta da una granata e la stanza affollata fu innaffiata dalle raffiche dei mitragliatori. Un uomo, nascosto in un fosso, vide una pattuglia di soldati avvicinarsi al villaggio e aspettare, fino alla partenza degli attaccan

ti. "Non lo state a sentire, e' un bugiardo e un terrorista", dice uno dei poliziotti della nostra scorta. "Questa gente esagera, sono sotto choc", grida un uomo in giacca con una cravatta appariscente. E' Sala Boussaid, il vice Prefetto di Miftah: "Perche' dite sempre che l'esercito non e' sul posto? Forse c'e' stato un ritardo di 20 minuti, ma poi l'esercito e' arrivato. Lo Stato e' sempre presente. Adesso stiamo aiutando questa gente con cibo, medici e psicologi".

Tra la folla di giovani intontiti non si vede neanche un camice bianco. Molti paesani si sentono abbandonati. Gli sguardi catatonici di Yahir e dei suoi amici sono quelli di una nazione al collasso.

A Sidi Hamad un giovane ha tagliato la gola al proprio padre. Due settimane prima nella provincia di Relizane, dove 400 persone sono morte in una notte, un altro ha pugnalato a morte la propria cognata. Queste vendette familiari non eliminano il sospetto che dietro alcune stragi possano esserci pezzi del regime. "Ci sono mani nascoste a manipolare o sfruttare gli eventi", dice Nassim Kouba, capocronaca di "Liberte'", il maggior quotidiano in lingua francese, "ma il terrorismo islamico esiste davvero". Nassim crede che la maggiore debolezza del regime stia nei 140 mila uomini dell'esercito, in gran parte coscritti cui viene dato un addestramento di soli 45 giorni: "Sono stato con unita' che non avevano pane da due giorni", dice. Alcuni funzionari del regime, in privato, dicono che l'esercito non ha alcuna capacita' tattica per combattere l'insurrezione islamica. Alcuni comandanti, come il vicecapo di Stato maggiore Smain Limari, usano le Forze speciali e sono ritenuti responsabili per il deprimente stato dei

diritti umani in Algeria, le torture, i rapimenti. Ma queste forze sono esigue e non possono combattere il terrorismo in tutta l'Algeria, crudele possa essere la loro tattica.

Mentre le forze del regime sembrano indebolirsi, la protesta e' piu' forte. La cosa piu' comune nelle citta' algerine sono gli heatistes , francesizzazione della radice araba "muro" che vuol dire "gli appogiati al muro". L'economia peggiora, nonostante i tentativi di liberarla dal sistema di comando. Nel '96 la Banca mondiale ha avvertito che l'economia era incrinata quanto quella nordcoreana, ma l'Algeria ha petrolio e gas, che permettono al regime di riempirsi le tasche con 43 miliardi di dollari di export all'anno. Secondo la Banca mondiale, se l'economia fosse riformata la crescita potrebbe essere superiore al 10% annuo, ma la disoccupazione aumenterebbe al 40%.

Il regime afferma con compiacenza di avere il controllo della situazione. Ma le file di disoccupati appoggiati ai muri nei suk e nei mercati, gli heatistes , potrebbero presto dar vita ad una ribellione dal basso, una jacquerie moderna. Alcuni si uniranno ai ranghi dei frammentati gruppi islamici, come il Gia. Ma qualsiasi bandiera scelgano, l'onda d'urto della prossima fase di disordini, quando arrivera', colpira' la riva settentrionale del Mediterraneo.

 
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