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Partito Radicale Centro Radicale - 11 febbraio 1998
PE/Esperanto: dibattito in Commissione istituzionale (Manzella)

DOCUMENTO DI LAVORO SUI COSTI DELLA NON-COMUNICAZIONE IN EUROPA

Esposizione e discussione in commissione istituzionale.

Martedì 27 gennaio 1998.

MANZELLA (PSE): Signor Presidente, ad un certo punto di questo documento di lavoro che io ho letto come certe volte purtroppo si fa a volo d'uccello e spronato dalla sua interrogazione, il relatore parla di tabù, di pudore nell'affrontare questo argomento. E così facendo, credo si colleghi, non so se scientemente o intuitivamente, ad un dibattito in corso tra politologi e giuristi sull'Unione europea alcuni dei quali affermano che il più grande ostacolo istituzionale, un ostacolo non detto, ecco perché il pudore, un ostacolo non detto all'integrazione europea è la questione linguistica. E quindi da questo l'assoluto valore dell'iniziativa di mettere sul tappeto questo problema e non solo in vista dell'allargamento. L'allargamento lo rende drammatico, direi, ma già adesso la situazione, anche se guardiamo dal punto di vista dei costi non è brillantissima. Ecco, svelati i tabù e i pudori però, questo primo documento va su un crinale difficile di cui non si riesce a capire certe volte, credo proprio per la lett

ura superficiale che ne ho fatto, non si riesce a capire se il relatore vuole moltiplicare ancora le lingue verso quelle altre lingue, dal catalano, al provenzale, al bretone, al gaelico, che fanno la ricchezza interiore dell'Europa, oppure se a un certo punto vuole andare ad esperienze di lingue di lavoro. Ecco io dico solo, per avere riflettuto su questo problema, che io penso che è giunto il momento in cui si debba pensare a distinguere. Si debba pensare a distinguere su tre aspetti. Noi dobbiamo avere delle lingue di decisione, dobbiamo avere delle lingue di informazione per l'informazione, dobbiamo avere delle lingue per la comunicazione. Ecco, lingue per l'informazione, e allora io credo che su questo terreno, quello che, giustamente il Presidente parlava delle connessioni intime tra questo documento e la discussione che ieri e oggi abbiamo avuto sull'informazione, io credo che sulle lingue di informazione noi veramente si debba fare un grande sforzo per recuperare al patrimonio informativo europeo anc

he le lingue nascoste, le lingue che poi nascoste fino a un certo punto, se pensiamo al boom dell'editoria catalana o all'esperienza della lingua basca, o anche, da noi, alle tante isole ladine che ci sono Italia e intorno all'Italia, bene, noi dovremmo cercare, cioè il messaggio europeo dovrebbe cercare di incorporare anche queste lingue. Quindi moltiplicazione linguistica sul piano delle lingue per l'informazione. Per quanto riguarda le lingue per la decisione, noi qui ci dobbiamo tenere sul confine dello stato nazionale, cioè noi dobbiamo fare quello che facciamo, cioè gli emendamenti, le risoluzioni non possono non essere scritte, almeno per quanto riguarda il PE, in tutte le lingue ufficiali della Comunità. Non vedo la possibilità di restrizioni ne di ampliamento, in questo caso. Non di restrizioni, perché si impedirebbe al legislatore di essere padrone del patrimonio semantico che non dico una legge, né un articolo, ma ogni parola contiene. Di un patrimonio semantico specialistico qual è il patrimonio

semantico giuridico di ciascuna cultura giuridica. Quindi io qui vedo veramente l'impossibilità, per la decisione. Ma ho detto che esiste il problema delle lingue per la comunicazione. Ecco, le lingue per la comunicazione, quelle della comunicazione che c'è nei nostri corridoi, per capire dove sono degli uffici utili per i deputati. La comunicazione che avviene anche in certi tipi di nostri documenti. La comunicazione, Presidente, ancora una volta mi rivolgo, mi allaccio alle parole che lei ha detto, la comunicazione che riguarda i nostri resoconti di seduta, soprattutto i resoconti delle commissioni. Io quando parlavo la signora Spaak e qualche altro, ha ritenuto che io parlassi per l'informazione dei deputati. Parlavo anche per questo, perché i deputati sappiano con completezza con oggettività e con permanenza quello che accade nelle altre commissioni senza avere il bisogno di passare per le riunioni di gruppo, piccole o grandi che siano. Ma io parlavo soprattutto perché quello che noi discutiamo oggi, nel

le commissioni, lo sappiano anche all'esterno. Lo sappia la stampa, lo sappiano i cittadini. Oggi si sta parlando, ripeto, di un problema che io giudico fondamentale, il problema linguistico. Domani io pago un milione di lire, magari me lo faccio prestare dal Sig. Mendez de Vigo, se qualche giornale in tutta Europa dirà che il PE, nella Commissione Istituzionale ha affrontato il problema linguistico. Io sono sicuro che non c'è. Mentre invece nei parlamenti nazionali tutto quello che avviene nelle commissioni il giorno dopo viene contenuto in resoconti particolareggiati, non stenografici, ma particolareggiati, che danno alla stampa, ai cittadini, all'opinione pubblica, agli altri deputati, anche a quelli che per caso sono stati assenti dalla commissione, quello che c'è stato nella commissione. E io continuo a sostenere, perché sono un fan, un fanatico di questo parlamento che questo è uno dei parlamenti migliori del mondo, per quanto riguarda la qualità, l'altezza delle discussioni. Ed è una squallida vicenda

quella che non consente ai lavori delle commissioni di essere conosciuti all'esterno, al di la di quella che è la tradizione orale del relatore amico che ti viene a dire: sai ieri alla commissione trasporti, il nostro gruppo ha preso questa posizione e allora bisogna fare così. Questa non è informazione. E allora ...

DE GIOVANNI: tempo...

MANZELLA: e allora, e concludo subito, il tema mi appassiona e mi scuso. E allora io direi, per concludere, che questa terza fase, le lingue per la comunicazione, su questo noi dobbiamo vincere il tabù linguistico. Cioè, mentre io dico per le informazioni, moltiplichiamo le lingue, andiamo alle altre lingue non conosciute, per la decisione manteniamo le lingue di tutti gli stati, per la comunicazione interorganica nel parlamento, beh, andiamo decisamente alla scelta di lingue di lavoro, e ahimè, io ogni tanto mi sono dilettato, quando ero bambino, dell'esperanto, ma non credo che possa essere una lingua artificiale, deve essere comunque una lingua viva.

DE GIOVANNI: Scusatemi io debbo fare un attimo una questione di calendario. Noi abbiamo dieci minuti. Io debbo dare infine la parola a Madame Lööw perché per alcuni minuti ci deve fornire alcuni elementi almeno procedurali, se non di merito. Quindi io pregherei Dupuis di essere telegrafico, se è possibile, altrimenti noi possiamo riprender questa discussione un altro momento. Comunque Dupuis per un intervento proprio, ti prego, telegrafico.

 
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