Orrori del comunismoDal Corriere della Sera, 12 Febbraio 1998, prima pagina
di Cesare Salvi
Terminata la lettura del Livre noir du communisme, 826 pagine di Crimes, terreur, repression( come recita il sottotitolo), non si possono evitare amare e difficili riflessioni. Il libro non contiene alcuna clamorosa novità : rimette in ordine fatti terribili, ma già conosciuti.
Il modo di presentare questi fatti da parte degli autori si presenta poi- consapevolmente o meno- ad un uso politico di parte. E resta fuori dal libro l'altra parte della verità: la parola comunismo indicò, per milioni di persone, la speranza di un riscatto e di una liberazione, spingendoli a battersi per conquiste sociali e di libertà.
D'altra parte, la storia dei partiti comunisti dell'Occidente- e di quelli italiano e francese- è certamente "un'altra storia", rispetto a quella raccontata nel livre noir.
Tutto vero. Eppure, chi ha fatto parte di un partito comunista non può sentirsi appagato. E tanto meno rifugiarsi in precisazioni personali, siano esse anagrafiche, ovvero legate ad autonomi percorsi professionali. Chi ha fatto parte di un partito comunista, terminata la lettura del libro, non può non proporre, anzitutto a se stesso, la domanda che dà il titolo all'ultimo capitolo: "Perché?". Dov'è la radice della terribile distorsione che ha consentito a un grande ideale di liberazione di trasformarsi in orrore?
Stéphane Courtois coglie un punto centrale quando, nel capitolo conclusivo, indica le origini dei totalitarismi di questo secolo nello scientismo che si può definire riduzionismo: riduzione della dimensione umana al dato biologico- razziale, oppure a quello storico- sociale. Ridurre l'uomo alla biologia o ai rapporti sociali e poi, da questa premessa, pretendere di progettare l'uomo nuovo. Ecco il grande peccato, nel quale si fondono i due peccati dei quali parlava Rudolf Steiner all'inizio del secolo: quello di Arimane, che distoglie l'uomo dall'ammettere di non essere solo materia; ed il peccato di Lucifero, quando l'uomo si esalta e vuole divinizzarsi, disegnando la propria storia.
E' per questo che è nella religione, nella libertà spirituale, che i totalitarismi vedono il primo nemico. Ma in tal modo il comunismo, pur intendendo essere un grande progetto di liberazione dell'uomo, pretendeva di amputarne la dimensione spirituale, e si trasformava così inevitabilmente, una volta diventato potere, in terribile oppressione.
La dimensione antireligiosa, antispirituale del comunismo, a partire dal prototipo russo, è stata sottovalutata, forse anche per un giudizio non veritiero sulla religiosità russa: lo stereotipo occidentale che identifica la Chiesa ortodossa con la subordinazione allo Stato, al potere. E' sufficiente avere letto i Racconti di un pellegrino russo o I fratelli Karamazov per sapere che così non è. Credo sia necessario riflettere e richiamare l'attenzione su questo aspetto. Non solo perché ancora in vaste parti del mondo l'ideologia comunista è utilizzata per giustificare la permanenza di dittature; ma anche perché le radici del peccato, il principio di Arimane e quello di Lucifero non sono estirpati, né forse lo saranno mai, se la politica è- inevitabilmente- esercizio del potere e progettualità. La moderna libertà, il costituzionalismo che protegge i diritti civili, nascono- come si sa- dalla lotta, nell'Europa del '500 e del '600, per affermare la libertà religiosa(in quell'epoca, contro l'imposizione dell'un
ica fede). In questo primato storico c'è qualcosa di irriducibile al dato cronologico. La libera ricerca di una personale spiritualità, in ogni uomo e in ogni donna, dentro o fuori una chiesa, dà forse sostanza alla libertà e alla tolleranza civile? Se è così, di fronte alla libertà religiosa il limite della politica esprime qualcosa di più profondo di una organizzazione istituzionale basta sulla divisione del potere: esprime il radicale rifiuto del riduzionismo, della deumanizzazione insita in ogni pretesa pseudorazionalista di ridurre l'uomo a materia. Ma se la linea di ragionamento che ho fin qui seguito ha un senso, c'è qualcosa che può e deve essere fatto, in questa fase storica, per affermare, anzitutto là dove sono ancora al potere regimi ispirati all'ideologia comunista, il principio per il quale la libertà religiosa e spirituale è la prima delle libertà. L'immagine del Pontefice a Cuba è rimasta negli occhi di molti. Chi è stato comunista (ed anche- aggiungo- chi continua a definirsi con questo
nome, ma respinge con orrore la dimensione criminale dei termini comunisti quali si sono storicamente realizzati) ha il dovere di essere, oggi, in prima fila perché, all'inizio del Terzo Millennio, quella libertà possa essere esercitata pienamente da tutti gli uomini e le donne del pianeta.
La questione cinese è quindi, per la sinistra, una questione ineludibile. Chiedere la liberazione dei religiosi cattolici incarcerati, e l'avvio del dialogo con il Dalai Lama per l'autonomia del Tibet, e chiederli con determinazione, anche con riferimento a scadenze internazionali( ad esempio, il negoziato per l'adesione della Cina al Wto): è questo uno dei modi attraverso i quali si può coerentemente esprimere l'indispensabile e radicale cesura con le radici stesse del peccato capitale della sinistra comunista.