L'amico Marco Perduca, dallo splendore del palazzo di vetro in quel di New York, ci fa sapere che -- sottoposta la questione al vaglio della sua ferrea logica ed applicando la prima regola dell'economia, "il massimo risultato con il minimo sforzo" -- ha raggiunto la conclusione che non e' piu' il caso che il PR sostenga il progetto esperanto. Meglio sarebbe - dice lui - sedersi sulla sponda del famoso fiume ed attendere che il problema della comunicazione internazionale si risolva "da solo". Chi sa se si e' reso conto di avere scoperto l'attendismo del "naturalismo linguistico" con un secolo di ritardo.
Ci troviamo ad avere, cosi', un esperantista pentito. E' un peccato ma non poi un gran male, a meno che non finisca per comportarsi come i pentiti. Mi sembra infatti che Perduca abbia cominciato a parlare dell'esperanto con la stessa obiettivita' e pacatezza con la quale l'ex drogato di San Patrignano parla del proibizionismo. Come dicono a Trieste: "Dio ci salvi dalla bora e dai pentiti dell'ultima ora".
Voglio essere chiaro: io non credo proprio che Marco sia arrivato a questa conclusione per i motivi che ci presenta. Sostenere che "si debba abbandonare l'esperanto per lasciarsi trasportare dal fiume in piena..." significa enunciare un eufemismo per non dire quello che in realta' Perduca vorrebbe dire: lasciamo che continui ad essere l'inglese la lingua dominante se questo e' quello che vuole l'establishment. Allora diventa chiara la vera malattia che ha colpito il nostro Perduca. Si chiama "provincialismo" ed e' una brutta malattia, specie quando attacca un piccolo tavolinaro fiorentino trasportato cosi' malamente in un contesto anglofono. Del resto la sua permanenza a New York avra' certamente affinato la sua padronanza della lingua dominante (almeno questo piccolo "risultato" e... senza "sforzo"), da farlo sentire in dovere di difendere il suo patrimonio linguistico.
La perla del suo intervento resta pero' l'affermazione che l'esperanto sia una lingua "conservatrice". Vecchia, perche' inventata piu' di cento anni fa... mentre ora "...alle soglie del 2000..." (lo giuro! Andate a controllare: ha scritto proprio "alle soglie del 2000"). Vorrei ricordargli che alla fine dell'ultima guerra un gruppo di linguisti del movimento sionista, diretti dal grande Ben Yehuda, hanno preso una lingua morta, quasi abbandonata da migliaia di anni, e ne hanno fatto una lingua moderna, l'attuale lingua nazionale dello stato di Israele. Una lingua non puo' essere ne' "progressista" ne' "conservatrice". Gli uomini che evitano il ragionamento ed abbassano la testa all'opinione corrente sono "conservatori" nel senso piu' deteriore che comunemente si da' a questa parola.
Per finire voglio tornare ancora sulla "prima regola dell'economia" e sull'attendismo. Se applicassimo questa regola nel Partito Radicale dovremmo cominciare ad analizzare il "risultato" e lo "sforzo" dell'aver tenuto aperta una sede a New York con l'inevitabile conclusione di chiudere tutto e di rimandare a casa anche il nostro piccolo Zelig, che -- possiamo scommetterci -- non ci metterebbe molto a ritrovare la sua dimensione, e a tornare fra i tavoli degli attivisti in piazza della Repubblica. Chi lo sa, forse riprenderebbe anche a studiare l'esperanto. Dopotutto aveva interrotto dopo le prime lezioni senza nemmeno essersi accorto che quella lingua era "conservatrice".