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Conferenza Partito radicale
Orofino Veronica - 23 marzo 1998
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Ennio Carrett /corr. d. sera / 23 /03

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Washington - "Non siamo più ostaggi delle opposte sindromi della Somalia e del Ruanda, quella dell'intervento mancato- dice Joseph Wilson - Siamo liberi di formare una vera partnership con l'Africa. E' la nascita di una nuova era, a definirei l'alba del rinascimento africano. Non è più il continente della disperazione ma della speranza. Il colonialismo fu una tragedia, ma la latitanza sarebbe un grosso sbaglio. Adesso i problemi africani richiedono soluzioni africane , e noi vogliamo contribuirvi: Con questa visita i rapporti afroamericani volteranno pagina. L'Africa non può restare ai margini del processo di globalizzazione e noi non possiamo restare ai margini dell'Africa"". Un disegno lodevole, diretto a zittire le accuse a Bill Clinton di tacere sui drammi del Congo, del Burundi,o la Nigeria.

Joseph Wilson è l'"africanista" della casa Bianca, l'uomo che ha preparato la visita di Clinton in ghana, Uganda, Ruanda, Sud Africa, BotsWana e in Senegal, la terza visita di Stato di un presidente Usa nel continente nero dopo quello di Carter in Liberia e Nigeria nel '78 e quello lampo di Bush alle truppe in Somalia nel '92. Spiega agli scettici media americani perchè Clinton, all'apice dello scandalo Sexgate, dedichi 12 giorni all'Africa. Il supplemento economico di Jeune Afrique, la rivista francese, ha messo Clinton in copertina vestito da zio Sam, l'indice puntato sull'Africa, e la didascalia dice: Ti vogliamo per il nostro business". Wilson si rabbuia : "E'un interpretazione riduttiva, il presidente persegue 4 fini: la diffusione della democrazia e del libero mercato, la difesa di diritti umani e ambiente".

Per "il viaggio africano del secolo", come lo ha chiamato la rivista la Casa Bianca ha mobilitato un'intera flotta. Sulla pista della base militare di Andrews ci sono l'Air Force One, il palazzo volante del presidente, l'aereo gemello, un colossale aereotrasporto militare con l'elicottero e con le auto blindate; il jumbo del Congress; quello riservato ai media. In tutto mille persone, una spedizione che riduce quella del presidente francese Jacque Chirac in Africa in programma a giugno "alla visita di un sottoprefetto", ha scritto Jeune Afrique . Uno spiegamento di forze da conquista dell'impero, un circo di agenti segreti, tecnici, personale di supporto cui l'Africa pare impreparata.

"Scipione l'africano", come i giornalisti hanno ribattezzato Wilson, dice soltanto una parte della verità. I dollari e la democrazia non sono gli unici motivi del ritorno d'interesse Usa nell'Africa. Tantomeno lo sono la necessità di fare ammenda della strumentalizzazione di Paesi come il Kenia durante la guerra fredda, e della politica pilatesca nei confronti dei genocidi e altre violazioni dei diritti umani. "L'obiettivo di Clinton- ha scritto l'ex capo della Cia ed ex ministro della Difesa James Schlesinger - è di attrarre l'Africa subsahariana nella sfera d'influenza americana". Il presidente vorrebbe sostituire il modello culturale ed economico Usa a quello francese nell'Africa centrale.

L'"Odissea africana" di Clinton- l'etichetta è del New York Times - è in realtà una partita a scacchi con Chirac. La Casa Bianca ha scelto con cura le sue pedine. Il Ghana è il paese al mondo in cui Kennedy mandò i "Corpi di Pace". L'Uganda, "lo stato senza partiti" di Yoweri Musuveni, il prototipo del libero mercato, è il pupillo di Wall Street e del Pentagono, che vi ha aperto basi militari da cui controlla tutta la regione dei grandi laghi a cominciare dal Ruanda. Il Sud Africa e il Botswana, dove la Superpotenza ha altre basi, vantano da sempre una "relazione speciale" con gli Stati Uniti. E il senegal, così francese, ospita già un aeroporto della Nasa e la Forza d'intervento africana voluta da Clinton. Un monito a Chirac.

Settecento milioni di persone in 54 Paesi, 40 dei quali collegati a Internet, e una ventina con regimi pluralisti: è un mercato che non può non fare gola, ha scritto Schlesinger. Formerà il terreno dell'ultima sfida americana all'Europa, basata sugli investimenti privati anzichè gli aiuti statali e sul profitto delle imprese.

E' una sfida, però, che la Superpotenza potrebbe perdere. L'Africa risorgente è afflitta da mali che il libero mercato non riuscirà a risolvere da solo: 200 miliardi di dollari di debiti, epidemie, mancanza d'infrastrutture. Dal '92, gli Usa hanno dimezzato gli aiuti all'Africa (ora versano circa 1200 miliardi di lire all'anno).

ennio caretto

 
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