Sono circa dodicimila ogni anno i militari che disertano a causa delle condizioni inumane del servizio militare. Mosca risponde con amnistie e repressione. Un'inchiesta del quotidiano IzvestijaDMITRIJ FILIMONOV, IZVESTIJA, RUSSIA. FOT0GRAFIE Dl V. VELENGURIN (Rpg/Grazia Neri)
CIAO MAMMA, PAPA, TANIA E JENIA. VI DO MIE NOTIZIE. Qui non va affatto bene. Ho male ai reni. La notte faccio la pipi' a letto. Fa freddo e non ho ne' un cappotto ne' un giaccone. Non ho nemmeno le calze. E' per questo che non ce la faccio piu'. Ho in mente di scappare da questo esercito. Tre reclute del mio battaglione lo hanno gia' fatto. Da mangiare mi danno due fette di pane nero cosi' sottili che ci si vede attraverso, due o tre mestolate di zuppa d'avena, quando c'e', e succo di frutta bollito senza zucchero. Non so cosa penserete di me, ma io in queste condizioni non posso fare il servizio militare.
Per scappare ho pensato a tutto. Conto su di voi. Spero che dopo aver letto questa lettera mi aiuterete. Mi raccomando, non raccontate a nessuno cio' che vi ho scritto. P.S.: mentre stavo chiudendo la busta gli anziani sono venuti di nuovo a picchiarmi. Poi mi hanno bruciato i capelli con un accendino. Ti aspetto mamma. Se per dicembre non vieni scappo oppure mi impicco". La mamma di questo ragazzo ha dovuto attraversare mezza Russia per raggiungerlo. Lo ha ritrovato all'ospedale militare, vivo, ma in condizioni pietose. Difficile mantenersi in salute alla base della flotta russa di Sebastopoli: poca acqua dolce, cibo scarso, niente scarpe. Quando un soldato scompare, il comandante della sua unita' dopo tre giorni deve avviare una procedura giudiziaria. Ma un incidente del genere comporta sanzioni disciplinari anche per l'ufficiale: cosi' la notizia viene raramente diffusa fuori dall'unita' dove si verifica la diserzione. Talvolta i genitori, rimasti a lungo senza una lettera del figlio, si recano alla caser
ma ed e' li' che vengono a sapere della sua diserzione. Le stime del Comitato russo delle madri dei soldati aiutano a farsi un'idea della portata del fenomeno: ogni anno il comitato di Mosca accoglie duemila reclute in fuga, mentre altre diecimila si rivolgono ai comitati regionali. Ma ci sono anche disertori non registrati, entrati nella completa clandestinita'.
Un reato parziale
Mi chiamo Aleksej B. e ho fatto il servizio militare a Mirnyi, sull'Artico. Fin dai primi giorni ho capito che l'esercito obbediva a leggi tutte sue, ma il nonnismo l'ho sopportato. Talvolta non davano nulla da mangiare. Sono sceso a 50 chili. Dopo il periodo di addestramento ho avuto una malattia della pelle, le gambe erano coperte di ulcere. Nel frattempo ho preso la scabbia e mi sono ritrovato in infermeria, da dove mi hanno fatto uscire dopo aver curato la scabbia ma non le piaghe alle gambe. Si infettavano, mi facevano male, non potevo dormire, stavo diventando matto. Un giorno ho lasciato il reggimento. Quando mi sono ripreso, ho avuto paura di rientrare, sapevo che mi avrebbero riempito di botte. Non mi rifiuto di fare il servizio militare, ma non voglio tornare in quell'unita'. So che non ne uscirei vivo". Per la legge disertare e' reato. Per il buon senso e' solo istinto di conservazione. I ragazzi fuggono per salvaguardare la salute, l'onore, la vita. Nikolaj Sushkov di Naro- Fominsk tiene nascosto
suo figlio. Il 27 dicembre scorso il ragazzo, non sopportando piu' le vessazioni a cui era sottoposto, e' fuggito dalla sua unita'. Suo padre non ha alcuna intenzione di farlo ritornare nell'esercito. regionali. Aleksandr K. e' stato violentato dai suoi compagni di reggimento nei bagni della sezione studi, a Volgograd. E' stato trasferito in un'altra unita' dove in poco tempo si e' sparsa la voce del suo "disonore". Ha disertato. Aleksandr Rodionov in servizio nel corpo scelto Vitiaz, presso Reutovo, ha lasciato l'esercito dopo quattro giorni: gli esercizi fisici gli avevano riaperto una sutura operatoria. Il comandante gli aveva impedito di andare in infermeria perche' "non si viene a Vitiaz per farsi curare". Alla fine del 1997 il solo reggimento di truppe ferroviarie della regione di Mosca contava 40 disertori. Vladimir G. e un suo amico sono fuggiti dal reggimento della polizia di Mosca nel giugno 1997. In dicembre Vladimir e' stato arrestato. Si e' impiccato in cella. "Gentili Signora e Signore, abbiam
o il dolore di annunciarvi il decesso di vostro figlio, che si e' suicidato (impiccato). Firmato: il commissario militare". Per lasciare la caserma, il suicidio e' la soluzione radicale. Secondo la fondazione "Il diritto della madre" si tratta della piu' diffusa causa di mortalita' nell'esercito russo di oggi. Alcuni studi indipendenti hanno accertato che il 26,4 per cento delle comunicazioni di decesso ricevute dai genitori dei soldati parlavano di suicidio. Il tribunale generale dell'esercito ci comunica che ogni anno le forze armate registrano 2.500 morti. Ma alcuni esperti indipendenti parlano di almeno quattromila vittime. Tuttavia la formula "si e' suicidato" spesso serve ai comandanti per coprire un crimine. Infatti, se un soldato si impicca o si spara un colpo alla tempia e' un problema suo; al contrario in caso di omicidio ne e' responsabile il comandante. Ecco perche' gli ufficiali che accompagnano le bare sconsigliano o addirittura vietano ai genitori di sollevare il coperchio, dicendo loro che ne
rimarrebbero troppo impressionati. Solo i genitori che si sentono abbastanza forti insistono per accertare le vere cause del decesso.
Il rebus delle amnistie
E' stata concessa un'amnistia ai "militari che hanno abbandonato il loro reggimento per salvarsi la vita" - strana formula in tempo di pace. Chi non e' stato informato dell'amnistia ha perso la sua occasione. Il tribunale generale dell'esercito ha affermato che all'annuncio dell' "amnistia per la Cecenia" i tribunali locali avevano ricevuto una direttiva che ordinava di non arrestare i fuggitivi e di interrompere tutte le ricerche nei loro confronti. Ma o la direttiva non e' stata abbastanza esplicita o non e' pervenuta ai destinatari: fatto sta che i tribunali locali continuano a ricercare i disertori della guerra in Cecenia. Sui 96 uomini in favore dei quali e' intervenuto il Comitato delle madri dei soldati, solo undici sono stati amnistiati. Irina Vorobiova di Nojabrsk cerca di dimostrare che suo figlio e' un disertore. Dopo aver combattuto cinque mesi in Cecenia e' rientrato a casa per una licenza. Sua madre non lo ha piu' lasciato ripartire. Passato un anno e mezzo e' uscito dalla clandestinita' e la m
adre sta cercando di fargli ritrovare uno status di cittadino - cioe' dei documenti di identita', per trovare un lavoro e una casa. Per questo, suo figlio deve almeno farsi riconoscere come disertore e ottenere poi di essere amnistiato; ma gli e' stato risposto che e' troppo tardi, che il periodo per presentare la domanda di amnistia e' scaduto. Nel 1997 solo 530 ragazzi che avevano disertato in Cecenia hanno ottenuto l'amnistia. Il Comitato delle madri dei soldati in una lettera al presidente russo ha definito un "sabotaggio" il risultato dell'amnistia cecena. Sergej Tjoplij e' ufficialmente uno scomparso. E' in fuga da sei anni. Faceva il servizio militare in Polonia quando, nell'agosto 1991, arrivarono le notizie sul colpo di Stato e sulle truppe che erano entrate a Mosca. Sergej decise che non aveva piu' nulla da spartire con quell'esercito. Riusci' a entrare in Germania, vagabondo per tutto il paese, poi si fermo' nel Baden- Wurttemberg. Era clandestino perche' i servizi tedeschi di immigrazione resping
evano le richieste di asilo degli ex soldati sovietici. In Germania ci sono piu' di 600 disertori russi - la maggior parte proviene dalle truppe che erano di stanza nella Rdt e nel settore sovietico di Berlino. Fino al marzo 1997 i tedeschi li riconsegnavano alle autorita' russe. Da allora non lo fanno piu', nonostante le seccate dichiarazioni del ministero degli Esteri russo. Cosi' Sergej ha ottenuto un permesso di soggiorno. Molti soldati dichiarati dispersi sono ancora vivi: per loro e' piu' semplice cambiare nome e ottenere nuovi documenti, che aspettare la clemenza di uno Stato che li ha mandati a morire.
(A.D.R.)