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Partito Radicale Roma - 17 aprile 1998
D'ALEMA: IN CINA NON BASTA FARE AFFARI
Il segretario dei DS difende i diritti umani. "Con Pechino rimane aperto il dissenso"

Sosta ad Hong Kong per l'ultima tappa della visita ufficiale. "La sinistra deve incalzare i cinesi sulle libertà".

Dall'Unità(pag. 11)

Venerdì 17 Aprile 1998

HONG KONG. "Compito della sinistra democratica è di incalzare i cinesi perché se ci si accontenta di fare solo affari non si aiuta la Cina". Massimo D'Alema, a Hong Kong, ultima tappa della sua visita ufficiale in Cina, parla di un paese che non è solo una nuova frontiera per le imprese, ma un luogo dove uomini e donne troppo spesso vedono negati loro diritti. Nella ricca ex colonia, che da nove mesi è tornata sotto sovranità cinese dopo 156 anni di dominio britannico, D'Alema ha incontrato ieri il maggiore oppositore del regime di Pechino, il presidente del Partito democratico Martin Lee, il presidente del Partito liberale Ronald Arculli, considerato una sorta di portavoce del governo centrale. Il segretario dei Democratici di sinistra, che a Pechino ha avuto un colloquio con il capo dello stato Jiang Zemin, ha ricordato che la visita, la prima di un segretario dei Ds, ha "registrato e confermato un dissenso" sui diritti umani. Il "grande cambiamento antropologico" dei comunisti cinesi, che hanno dimentica

to l'ideologia e parlano solo di affari, ha detto D'Alema, non porterà tuttavia a immediate riforme democratiche. E neanche a "crolli di muri", come nell'Europa orientale; mentre l'ipotesi più probabile è un'evoluzione graduale del sistema. Alla domanda se non creda che il monopolio politico del Pcc sia ormai minato dall'accesso all'informazione esterna, D'Alema ha detto che in prospettiva la coesistenza con strumenti come Internet, di cui ha parlato con Jiang Zemin, è impossibile, ma ha anche invitato a

non sottovalutare le capacità di questa leadership figlia spirituale di Deng Xiaoping, da cui ha ereditato duttilità e pragmatismo. Certo, ha aggiunto, non sono democratici, ma "in Asia anche altri non lo sono, non solo i comunisti". Nella ex colonia, che a fine maggio affronterà le sue prime elezioni sotto regime cinese, l'atteggiamento verso il futuro è diametralmente opposto fra i democratici e i filocinesi. A un Martin Lee che nell'incontro con la delegazione del Ds ha presentato una situazione carica di pessimismo per le minacce sulle libertà della Regione amministrativa speciale (Sar), risponde l'ottimismo di quelli come Arculli secondo i quali Pechino non danneggerà mai la "gallina d'oro". Solo alcune centinaia di migliaia di persone, sui 6,5 milioni di abitanti di Hong Kong, voteranno il 24 maggio, in base alla complicata legge elettorale in vigore prima dell'introduzione delle riforme dell'ultimo governatore Chris Patten. Gli emendamenti sono stati respinti dalla Cina perché considerati in violazion

e dell'accordo congiunto sino-britannico del 1984 con cui il governo di Londra consegnò Hong Kong a quello cinese. Le riforme di Patten portarono a una schiacciante vittoria dei democratici nel l'85 per cento dei voti, 17 dei 20 seggi eletti direttamente - impossibile con la vecchia legge più restrittiva. La Cina si è impegnata a mantenere immutato il sistema socio-economico di Hong Kong per i prossimi 50 anni, in base alla formula "un paese e due sistemi" inventata da Deng.

 
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