"Non vi fidate di Pechino"Il dissidente Wei Jingsheng: "L'Occidente pensa al business e trascura la democrazia"
di RAFFAELLA MENICHINI
ROMA - Deve aver paura, Wei Jingsheng. Paura che i suoi diciotto anni di carcere duro trascorsi in Cina fino al '96, le due condanne per aver guidato a Pechino il movimento del "Muro della democrazia", l'esilio negli Stati Uniti, che insomma tutto il rischio e le sofferenze sopportati da lui e dagli altri dissidenti cinesi possano non servire più a nulla. "Molti leader occidentali, quando incontrano i capi del Partito comunista cinese si preoccupano solo di firmare contratti. Hanno anunciato a parlare di diritti umani. No, così la lotta per la democrazia in Cina non farà mai passi avanti". L'allarme del più famoso dissidente politico cinese, premio Sacharov del Parlamento europeo e più volte candidato al Nobel per la Pace, ieri è arrivato a Roma, nuova tappa di un giro che dagli Usa, dove è esule dal novembre scorso, lo ha portato in undici capitali europee. Ieri il primo appuntamento organizzato dal Partito radicale, oggi un incontro pubblico (sempre presso i radicali, alle 16) e poi un
a serie di incontri istituzionali, fra cui quello con il presidente della Commissione Esteri della Camera Achille Occhetto, protagonista nei giorni scorsi di una polemica con il leader dei Ds, Massimo D'Alema, reduce da un viaggio in Cina. Le insistenze della stampa italiana sulle beghe nostrane non interessano Wei, che sul punto delle visite di delegazioni politiche occidentali in Cina dice: "Gli incontri possono essere utili, ma devono essere trasparenti. Dobbiamo poter controllare cosa i dirigenti cinesi dicono agli occidentali. E essere sicuri che dall' Occidente giungono pressioni adeguate sulla Cina affinché rispetti i diritti umani. Molti politici europei hanno deciso di non condannare più la Cina per queste violazioni, fanno attenzione ai rapporti commerciali e si preoccupano di stabilizzare l'attuale governo". L'Occidente si illude, avverte Wei, che la Cina possa stabilizzarsi nel progetto denghista: "sviluppo capitalista all'occidentale sotto il giogo di un regime dittatoriale". "Su questo c'
è la differenza profonda tra Deng e Mao, e anche il maggior motivo di opposizione popolare. Solo un piccolo gruppo si è arricchito, mentre sono centinaia di milioni i poveri che vivono al di sotto della soglia minima di sussistenza. E' una situazione pericolosa". E un ultimo monito, a chi si compiace delle opportunità offerte dalla globalizzazione: "Un sistema che utilizza manodopera in modo semi- schiavistico, come avviene in Cina, minaccia le economie occidentali perché la sua sarà sempre una cncorrenza sleale".