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Orofino Veronica - 20 aprile 1998
IL DOVERE DEL BUROCRATE SENZ'ANIMA
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PER MEZZO SECOLO NON HA CAPITO I PROPRI CRIMINI

di Barbara Spinelli / la stampa / 3 aprile

La giuria ha sancito che anche il "lasciar fare" è un reato imprescrittibil

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L'ex segretario della prefettura si limitò a eseguire ordini impartiti dalle gerarchie naziste e di Vichy. Si limitò a spostare 1690 uomini, donne, bambini, da una città francese all'altra. Si limitò a controllare le liste, a includere questo o quell'ebreo, a salvare questo o quell'"ebreo interessante", come lui soleva dire. Si occupò "solo" del treno, "solo" del tratto francese del viaggio : non dell'intera spedizione Bordeaux-Auschwitz. Per sei mesi la difesa ha insistito su questo compito limitato, su questa distanza incolmabile tra lui e la destinazione finale di Auschwitz , tra l'amministrazione di Vichy e la Germania di Hitler, ma inutilmente. La giuria ha ragionato in maniera affatto diversa, e inattesa. Ha seguito la linea dell'avvocato Arno Klarsfeld e del padre Serge, rappresentanti dei deportati. Ha ragionato con nuova finezza di giudizio, nuova profondità: ha giudicato che esiste anche una colpevolezza intermedia, che consiste appunto nel lasciar fare, nel permettere che Auschwitz esista, nel

chiudere volontariamente gli occhi, gli orecchi, per poter poi dire, alla maniera di Papon : "Io non sapevo". Ha ritenuto che anche questo "lasciar fare", questo non voler sapere, questa imperturbabile apatia burocratica sono crimini contro l'umanità:

crimini eccezionali, e per questo imprescrittibili, indagabili senza limiti di tempo. Non esiste solo la colpa diretta: il crimine al 100 per cento , come lo definisce Papon. Esiste anche la responsabilità indiretta, di chi esegue gli ordini senza porsi il problema di disobbedire, di chi lascia agire il tiranno per quieto vivere, o per inerzia etica, o per paura più o meno giustificata. Jaspers la chiamò colpa morale o metafisica. Lo scrittore Hermann Broch dopo il '45 parlò di "crimine bestiale dell'indifferenza". Anche questo crimine è impescrittibile, hanno decretato i giurati di Bordeaux, e nel caso di Papon merita 10 anni di pena. Anche questa indifferenza che nel condannato perdura immutata, ignara di rimorsi. Anche questa Banalità del Male, che Papon incarna in maniera assai più evidente, pertinente, di quanto l'incarnasse Eichmann nel processo descritto da Hannan Arendt nel '63.

Per questo è preziosa, la lezione che viene dalla Francia. E' la lezione di un Paese stregato dalla propria storia, ma che abitualmente si estasiava di fronte alle sole ore gloriose, fondendosi con esso sino a mitizzarle, a nascondere le proprie notti. Ora invece guarda senza esitare dentro se stesso, si scopre responsabile dell'orrore non meno della Germania, perde la finta superiorità, la finta immunità, che De Gaulle le aveva regalato dopo la guerra e di cui i francesi hanno sin qui goduto in Europa. Non a caso Papon parla di "umiliazione della Francia, messa sullo stesso piano della Germania". Non a caso c'è stata tanta ostilità - di Mitterand, di buona parte della classe politica- contro un processo che solo l'umiltà storica di Chirac ha reso possibile. Perfino i miti più solidi si disfano: come la sacrosanta Administration. Papon è un emblema di questo Paese: è un folle dell'Administration, come in Svizzera esistono i Folli delle Banche, e nell'Islam politico i folli di Dio. E' il grand commis, l'al

to funzionario pronto a collaborare con qualsiasi regime senza mai porsi questioni di coscienza, senza mai rinunciare a quella che Eichmann chiamò durante il processo a Gerusalemme : Kadavergehorsam, obbedienza cadaverica. Le parole che descrivono Eichmann sono perfette, nel suo caso: " Non era uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che fare il cattivo- come Riccardo III- per fredda determinazione. Eccezion fatta per la sua eccezionale diligenza nel pensare alla propria carriera, egli non aveva motivi per essere crudele. Per dirla in parole povere, egli non capì mai che cosa stava facendo. Non era uno stupido. Era semplicemente senza immaginazione, senza idee" (Hannah Arendt, La Banalità del Male, Feltrinelli '92). Papon continuò a essere un fondamentalista dell'Amministrazione anche nel '61, quando nelle vesti di prefetto di Parigi avallò il massacro di manifestanti algerini: eccidio mai ammesso, che causò 200 morti gettati nella Senna. Una sua circolare scagionava in

anticipo i poliziotti "Quando si tratta di eseguire l'ordine di un governo, il servitore dello Stato non si deve porre problemi di coscienza".

Invece la giuria di Bordeaux dice il contrario : un servitore dello Stato ha un'anima, ed è bene che faccia lavorare la coscienza. Può disobbedire, può avere dubbi, può dire forse di no. Può divenire un criminale infine, pur essendo stato chiuso nel suo ufficio consultando carte, firmando circolari, rifiutando di sapere quel che accade nel mondo. Di queste colpe intermedie si comincia finalmente a discutere in Occidente, ed è una importante novità. Non sono più solo processati di Machbeth. Sono chiamati in causa corpi immacolati della società: le banche in Svizzera, lo Stato in Francia, le Chiese, gli ordini dei medici, i poliziotti. Si parla finalmente del più insidioso, del più pernicioso fra i crimini: il crimine pilatesco di indifferenza al male, che permette a esseri malefici come Hitler di vincere, di installarsi, di durare: Nessuno è rotella: ognuno è persona, col suo grande destino di responsabilità.

Queste nuove discussioni sono preziose perchè terribilmente attuali. Esistono anche oggi i Folli del servizio pubblico, le obbedienze cadaveriche. Esistono anche oggi i diplomatici, i servitori dello Stato, i tecnocrati, gli esperti, che non si domandano quali siano le destinazioni finali di una impresa. Sono chiusi anc'essi nei propri uffici, con coscienze blindate. Di fronte ai crimini contro l'umanità in Algeria o Afganistan, in Ruanda o Bosnia, sono restati e restano indifferenti.E' facile il delitto di differenza, di omissione. Basta non accendere radio e televisione, esecrabili diffusori di "cattive notizie". Basta non voler sapere conoscere.

Qui è il beneficio che può nascere dal processo Papon, nonostante i molti delusi che avrebbero voluto l'ergastolo. Gli odierni responsabili rifletteranno forse un poco, seduti alle scrivanie. Nella loro mente ci sarà forse il ricordo di questo difficile processo, e nei momenti del cedimento qualcuno si dirà forse: "Anch'io posso divenire un Papon". Non avranno la sfacciataggine di paragonarsi a Josef K, che al termine delProcesso prova vergogna,pur essendo - lui davvero - infinitamente innocente.

 
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