Domenica scorsa, durante il dibattito pubblico con Wei Jingsheng, il "dissidente cinese" presente per la prima volta in Italia grazie al Partito radicale, ho posto una domanda. Ho chiesto se secondo lui il numero dei morti che gli autori del Libro nero del comunismo attribuiscono al regime comunista in Cina (65 milioni) sia verosimile.
Wei Jingsheng ha risposto che la stima di 65 milioni di morti è certamente una sottovalutazione. Ha detto di non potere fare un calcolo preciso, ma solo approssimativo: le vittime del regime comunista cinese sono, secondo una sua ricostruzione (statistica), più di cento milioni.
Più di 100 milioni di morti!.
Quelle sue parole, quei numeri, sono usciti dalla sua bocca, dai suoi "calcoli", dai suoi pensieri, hanno attraversato come fendenti la sala del partito, perforato le coscienze dei presenti, ammutolito gli animi.
E' stato il silenzio. L'orrore.
E via via Wei raccoglieva i suoi ricordi, raccontava di quel villaggio di cui aveva saputo, dove tutti erano stati uccisi, e ragionava sulla proporzione statistica di un villaggio rispetto alla Cina intera, cento, centoventi milioni di morti, probabilmente di più, sicuramente di più.
Io mi sentivo disperato.
E' stata ed è una disperazione profonda, mai provata in quei termini. Angoscia, sgomento, terrore, abisso, vertigini.
Non ci sono parole per descrivere quel sentimento, perché non ci sono parole per comprendere fino in fondo cosa significhino quelle parole: "più di cento milioni di morti".
Non bastano le pagine angoscianti del »libro più triste del secolo , Vita e destino di Vassili Grossman, per afferrare questo significato; non è sufficiente il vortice di dolore descritto nell'arcipelago Gulag da Solzenicyn; non basta ancora l'abisso del male raccontato nel Libro nero del comunismo.
Sono Libri questi, Capolavori, che dovrebbero essere adottati in ogni scuola alla stregua di manuali di storia. E pur non bastano.
Il significato di quelle parole, "più di cento milioni di morti", sfugge, è impalpabile, evapora. Almeno la mia mente non riesce a contenerlo. Non vuole. Non può. Quando ci prova sono preso da un senso di vertigine, di angoscia, di sgomento, di buio. Di disperazione.
Ma perché, c'è forse qualche differenza tra 65 milioni di morti e "più di cento milioni di morti" ? Possiamo concepire, noi "occidentali", una qualche differenza ? A me è difficile. Per "noi" si tratta di un numero, 65 o "più di cento" è sempre tragedia, tragedia non definibile, non graduabile, tragedia immane. Ma "noi" non la comprendiamo. "Noi" non vogliamo comprenderla. "Noi" non la possiamo comprendere. "Noi" europei, "noi" democratici, la rimuoviamo.
Per "noi" è più facile guardare il film Dead man wolking., l'uomo - un uomo - morto che cammina. Un uomo condannato alla pena di morte negli Stati Uniti riesce a farci riflettere meglio. Cogliamo la tragedia, la barbarie della pena di morte, vogliamo fare qualcosa per lui, ci è impossibile rimanere inerti. Facciamo, facciamo, manifestiamo, combattiamo una battaglia di civiltà! Su questo siamo pronti ad andare alle armi! Perché ci è impossibile rimuovere quelle immagini del condannato a morte, e se non le rimuoviamo dobbiamo fare qualcosa perché altrimenti quell'immagine pesa troppo sulla nostra coscienza. E' un peso insopportabile, che ci opprime , ci fa star male, ci fa odiare l'America, l'America così civile, così democratica. Com'è possibile? Questi pensieri ci gettano nella disperazione.
Ma questa disperazione è una disperazione "possibile", perché vicina a noi, è palpabile, perché materializzata in un film, in un uomo condannato a morte, è la disperazione dell'uomo singolo condannato a morte. Disperazione tanto più possibile in quanto si lega, si confonde con l'odio per la democrazia borghese, capitalistica che impregna da sempre la cultura europea. L'America tanto civile in fondo non è se manda a morte un uomo, dieci uomini, cento uomini.
Ma la disperazione che l'immagine di "più di cento milioni" di morti ammazzati evoca, essa è diversa, troppo profonda, troppo pesante, insopportabile.
Se per la disperazione di un uomo condannato a morte si fa, si manifesta, si odia colui che lo condanna, cosa si dovrebbe fare per "più di cento milioni di morti" ? Con quale forza si dovrebbe combattere contro un regime che ha fatto e che fa tante vittime?
Si dovrebbe avere una forza che non si è mai avuta. La forza di dire: »il comunismo, l'idea comunista, l'idea per la quale ho combattuto il liberalismo e il capitalismo in ogni sua forma, l'idea per la quale ho mandato giù ogni cosa, quell'idea è un'idea folle, un'idea di terrore, l'idea stessa di morte, è la morte, come il nazismo, peggio del nazismo .
Un'affermazione del genere, lo sappiamo tutti, è impossibile. Vorrebbe dire rinnegare se stessi, la propria vita. E allora la parola d'ordine è: »il comunismo in fondo è una generosa idea che è stata tradita . E quindi la disperazione per "più di cento milioni di morti" non può esistere, non deve esistere. La si cela, la si ignora, non esiste. "Più di cento milioni di morti" non esistono.
Per me intuire e finalmente comprendere questa realtà è la disperazione. Una disperazione più a portata di mano per me "occidentale", non comunista ma radicale, perché mi sono accorto di esserne immerso. E' la disperazione , la tragedia della "mia" realtà, della "mia" epoca, del "mio" mondo, della "mia" società, del "mio" paese, della "mia" polis.
Se i Libri, i Capolavori, di Grossman, o di Solzenicyn, o il Libro nero del comunismo possono, devono, essere letti, studiati, diffusi, pur anche non bastano, non sono sufficienti a farmi comprendere il significato tragico delle parole di Wei: "più di cento milioni di morti".
Ho bisogno di ripensare alle pagine di un altro genio del nostro secolo, George Orwell, di uno di "noi occidentali". Ad un aspetto ben preciso del suo più grande capolavoro, 1984. Non tanto all'aspetto del "contesto" in cui vive il personaggio del racconto, perché, se si vuole, la realtà dei regimi comunisti è stata anche peggiore, quanto all'aspetto della "Memoria" di una società, della "Storia" di una società.
Con 1984 Orwell ci descrive una società dove a seconda delle posizioni del "Partito", del Grande Fratello, la Storia doveva essere cambiata, inventata. Vi sono i funzionari del Ministero della Verità chiamati a riscrivere tutti i libri di storia e le pagine dei giornali ogni qualvolta il Partito, il Regime cambia la propria linea politica. Un giorno bisogna essere in guerra con L'Eurasia, l'altro giorno con l'Estasia. Un giorno l'amico è l'Eurasia, l'altro giorno l'Estasia. La Storia non si scrive, si inventa. Chi legge un giorno i giornali, tutti i giornali, anche quelli passati, o i libri di storia, sa che si è in guerra con l'Estasia e che si è sempre stati in guerra con l'Estasia, mai con l'Eurasia. Non è possibile non crederci, perché non c'è la possibilità di legge altro. Quella è la Storia, non altra. Ma dopo un mese il nemico diventa l'Eurasia, e non può non essere così, non può essere letto il contrario. Quella è la Storia, la Verità.
Il giorno in cui Wei ha pronunciato quelle parole, »più di cento milioni di morti , la mia disperazione è nata dalla sensazioni di vivere come il personaggio di Orwell, è scaturita dall'impressione di essere stato immerso fino ad oggi in una società dove quei "più di cento milioni di morti" non sono mai morti, non sono mai esistiti, non potevano esistere, non dovevano esistere.
Un ragazzo di venticinque anni, occidentale, radicale, e lo sottolineo radicale, non comunista, ma anticomunista, dove avrebbe mai potuto leggere che in Cina ci sono stati "più di cento milioni di morti"? Sui libri di Storia? Sui giornali? No. Perché non è mai stato scritto, quei morti non esistono, la Storia è un'altra. La Storia è solo quella dei 6 milioni di ebrei morti, questo lo sanno tutti, tutti sanno che il cattivo è il Nazismo o il Fascismo, mentre il Comunismo è diverso. Il nemico è l'Eurasia, non l'Estasia. Tutti i libri di storia riportano l'immane tragedia che è stata il Nazismo, tutti i giornali ne parlano, tutti i documentari ci dicono che sono morti 6 milioni di ebrei, tutti lo sanno, tutti hanno la forza di disperarsi, tutti si disperano, tutti odiano il Nazismo. Nessuno ci ha mai detto che in Cina ci sono stati "più di cento milioni morti", io non l'ho potuto leggere in nessun libro di storia, in nessun giornale, nessun documentario c'è mai stato.
In occidente Stalin era un eroe, era l'anti-Hitler, ha salvato la Democrazia. Durante i 25 anni di regno di Stalin i suoi 20 milioni di morti non esistevano. Chi lo scriveva? Stalin era buono. Il D'Alema di turno e tutti i postcomunisti di oggi lo adoravano, era il Grande Fratello, il Salvatore. L'Eurasia era buona, l'Estasia cattiva.
Dopo le prime denunce e la parola d'ordine del nuovo Grande Fratello Cruchev, Stalin diventa cattivo, egli ha ucciso molte persone, i morti serve che vengano conosciuti e allora tutti conoscono i morti di Stalin, D'Alema può dire di aver condannato Stalin, Stalin per lui è sempre stato cattivo. l'Eurasia ora è cattiva, l'Estasia è buona.
D'Alema in visita in Cina ha detto: »Il marxismo-leninismo? Cos'è? Non mi risulta sia mai esistito . Certo, cos'è l'Eurasia? E' mai esistita? No, non è mai esistita, esiste solo l'Eurasia. La Storia è quella del nuovo Grande Fratello, del socialismo dal »volto umano , dei novelli liberali di sinistra. Non è possibile leggere un'altra storia, perché essa non viene scritta.
Ernesto Rossi? Chi è? Non è mai esistito. I fratelli Rosselli? Dove sta scritto? Nei libri di storia? No, quindi non esistono. Il referendum sul divorzio? E' una battaglia vinta dai radicali? No, l'ha vinta il PCI. Ma scusa, il PCI non era contro fino all'ultimo momento? No, dove l'hai letto? Il PCI ha vinto il referendum. Pannella, esiste? No, non è mai esistito. I libri di storia non ne accennano, i giornali nemmeno. Forse è esistito, ma in fondo era uno dei nostri. L'Eurasia esiste? No, esiste solo l'Estasia.
"Più di cento milioni di morti" ? Non possono esistere, non esistono. Per me fino a qualche giorno fa non esistevano. Sono ignorante? Può essere. Ma anche se avessi voluto non avrei trovato alcun scritto. Per me il peggior mostro della storia è sempre stato il Nazismo, non il Comunismo. Poi mi è capitato di leggere dei libri appena usciti (Il passato di un'illusione, di François Furet, o il Libro nero del Comunismo, per esempio), ed ho saputo che in Cina ci sono stati 65 milioni di morti a causa del Comunismo. Poi ho saputo da Wei che molto probabilmente sono "più di cento milioni". Questa è la disperazione. Questa è la mia epoca, questo il mio paese, un paese dove la Storia non esiste, dove non esiste la Memoria. E' la disperazione di parlare con le persone, con i miei coetanei e sentirsi dire: il comunismo in Cina più di 150 milioni di morti? Non è vero. Non lo sapevo.
Ma la disperazione non può rimanere tale, bisogna convertirla in qualcosa di diverso, di più utile. E credo che questo qualcosa sia la consapevolezza di portare il felice fardello di una responsabilità importante, la responsabilità di chi ha avuto la fortuna di conoscere il Partito Radicale, Pannella, Ernesto Rossi, Wei Jingsheng.
Essere radicali è terribilmente difficile, vuol dire essere immersi nella società dei libri di storia "comunisti", dei libri di storia di regime, dei giornali e delle televisioni di regime, dell'Eurasia e dell'Estasia, e pur essendo in questa situazione non mollare, continuare a lottare, trasmettere un'informazione radicale, fare controstoria, fare contropolitica.
E a proposito di questo mi viene un'ideuzza, una piccola proposta, una delle tante che si potrebbero avanzare. Si tratta di una piccola proposta per Radio radicale.
Ho l'impressione, ma forse è solo un'impressione in quanto non sono un ascoltatore assiduissimo, che le cose interessanti da ascoltare su Radio radicale vadano da qualche tempo diminuendo. Io sono stimolato a seguire (aldilà di Radio parlamento e Radio congressi, che non sono produzione propria della Radio) solamente la rassegna stampa, lo spazio giustizia e lo spazio militante (quello di Rita per capirci). Per il resto mi sembra che la Radio non produca un gran ché di suo, soprattutto in rapporto al numero di redattore che vi lavorano.
Si potrebbe, ad esempio, aprire un altro spazio. Così come esiste lo spazio giustizia, si potrebbe inaugurare lo "spazio di controstoria". Uno spazio nel quale fare vere e proprie lezioni di storia. Dove illustrare la storia vera del comunismo, con i suoi morti e le sue tragedie, invitando ad esempio illustri storici controcorrente, o facendo interviste agli autori del Libro nero del comunismo, o aprendo dei forum sul libro di François Furet, Il passato di un'illusione. Invitando professori universitari di storia, etc. Dove si ripercorra tappa dopo tappa la storia di Ernesto Rossi, di Giustizia e Libertà , degli Amici del mondo, dei fratelli Rosselli, del Partito radicale, dei referendum vari. In maniera sistematica, un appuntamento che può essere quotidiano o settimanale, che come la rassegna stampa o lo spazio giustizia venga conosciuto come appuntamento fisso. Sono sicuro che sarebbe seguito, sicuramente sarebbe utile.
Certo, mi si potrà dire che Radio radicale fa sempre "controstoria", in ogni intervista, in ogni servizio, in ogni minuto di trasmissione. Questo è vero. Ma una cosa non esclude l'altra, anzi la integra e l'esalta.
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