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Partito Radicale Roma - 24 aprile 1998
Wei: "Non mi avete ancora liberato, sarò libero solo in Cina"

Il Foglio (pag. 4), Venerdì 24 aprile 1998

Roma. E' nato nel 1950, anno della Tigre, a cinque mesi si riprese da una polmonite che i medici avevano dato per fatale, a 48 anni si è ripreso rapidamente dalla "rieducazione" del carcere cinese. Wei Jingsheng è il dissidente politico più conosciuto e importante, il viaggio intrapreso in Europa, da New York dove è andato a vivere, sta per terminare. Dodici paesi, l'Italia il più deludente, a Wei non è riuscito a piacere nemmeno il cibo di Roma. Come non gli è piaciuto il comportamento di governo e istituzioni, che non lo hanno voluto ricevere al livello alto riservatogli dagli altri paesi europei. "Non ho conosciuto un altro governo così disinteressato ai problemi dei diritti umani e soprattutto così lontano dalla sensibilità delle persone che governa. Non mi pare che l'Italia abbia titoli per criticare gli Stati Uniti in questo campo, come pure ha l'abitudine di fare. Qui la politica reale è diventata assenza di ruolo internazionale. Con partners così il regime di Pechino ha vita lunga e nessun bisogno d

i fare concessioni". La conciliazione impossibile e inevitabile fra politiche economiche e aperture strappate ai regimi illiberali ha una storia lunga e spesso di successo ma Wei non la pensa allo stesso modo di Clinton, per tacere di Dini o di Prodi.

"Non è solo l'Occidente- dice - che ha bisogno del mercato cinese, è anche e soprattutto il contrario, se agli accordi economici le nazioni accompagnassero richieste ferme di liberalizzazione politica, i governanti di Pechino non potrebbero rifiutare, pena l'impoverimento e l'isolamento. Perché allora essere tanto vili?" E' una polemica permanente nel Congresso degli Usa dove la maggioranza degli eletti ha sempre rumoreggiato contro la Cina, e vinto, da piazza Tienanmen in avanti. Poi Clinton ha detto basta e ha spiegato, prima di invitare a Washington il presidente Jang Zemin, che intende scegliere la strada del dialogo e dei piccoli avanzamenti. Tra questi ci sono frasi significative come quella pronunciata proprio dal presidente cinese alla Casa Bianca: "Senza democrazia non può esserci modernizzazione". Tra questi piccoli passi c'è anche la liberazione di Wei e di altri dissidenti, ultimo Wang Dan, il ragazzo di Tienanmen, espulso sabato scorso e imbarcato per gli Stati Uniti, sempre con lo stesso prete

sto ufficiale, quello delle cattive condizioni di salute. Wei è sicuramente più in salute oggi di quanto non fosse nel '93, quando lo liberarono sperando nelle Olimpiadi del 2000, poi, visto che erano toccate a Sidney, lo riacciuffarono e ricondannarono. Non gli piace che si usi il termine liberazione perché "uno è libero nel proprio paese, altrimenti è solo un esiliato". La sua immagine più nota è quella del primo processo, quando trasformò l'autodifesa inutile in un'accusa politica a Deng, e spiegò che l'uomo nuovo sarebbe diventato in breve tempo peggio di Mao. Nel 1996 aveva bruciato la scuola che frequentava e raggiunto le Guardie Rosse; si capisce anche oggi che fanatismo e fierezza gli sono congeniali. Ma poi, da Guardia Rossa, viaggiò per il paese e vide saccheggi e fame, si sentì "risvegliato da un lungo sogno mentre gli altri erano ancora immersi nell'oscurità". Divenne leader dei dazebao, la democrazia dei muri che durò poco, fondò la rivista indipendente Exploration, il movimento aiutò Deng nella

ascesa, ma fu subito stroncato.

Dal 1978 al 1997 Wei è stato in carcere, oggi la posizione privilegiata di esule, con tanto di ufficio alla Columbia University e incontro ufficiale con Bill Clinton, gli deve sembrare fastidiosa. Perciò ha scelto di "scrivere un libro e di andare in giro per il mondo a parlare della situazione reale".

Pensa che la situazione potrebbe cambiare rapidamente e che la comunità dei dissidenti ha bisogno di un leader ma sostiene di non aspirare ad essere lui quel leader. Nel 1978 le sue parole contro Deng e il comunismo raggiunsero poche migliaia di cinesi, oggi anche dall'esilio non sarà così ma la società dei dazebao era ben più semplice di quella pragmatica e in corsa verso l'arricchimento che è la Cina di oggi. In Europa hanno invitato e accompagnato Wei il partito radicale e i suoi parlamentari a Strasburgo; gli sono sembrati la parte migliore della visita, l'Europa gli è parsa "decadente e senza energia, ben peggio, nonostante il senso di superiorità circolante, della vitalissima America".

 
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