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Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Giorgio - 29 aprile 1998
Giordano Falzoni se n'è andato.
E' strano che non abbia MAI sentito il bisogno di ricordare a me stesso (ma anche agli altri) il fatto che l'associazione radicale "Esperanto" fosse nata il 25 aprile di undici anni fa ad opera di alcuni compagni radicali: Giordano Falzoni in testa. In effetti perché all'undicesimo anno? Di solito questi "anniversari" si ricordano in cadenze "tonde": cinque, dieci, quindici...

Il giorno dopo aver esplicitato questo mio "intempestivo" bisogno interiore attraverso poche righe proprio in questa Conferenza Giordano se ne andava, alle 10.30 a Milano, all'età di 73 anni.

Singolare no?!

Falzoni era un personaggio di grande spessore e sensibilità culturale: il primo a far conoscere Breton e i suoi scritti surrealisti in Italia, fu egli stesso pittore surrealista, scultore, scrittore. Anche se molti lo ricordano più per alcune parti recitate (come attore) in alcuni film di Fellini.

Era però anche un grande militante radicale: io che lo avevo conosciuto in una mostra di video d'artista in una galleria d'arte contemporanea importantissima di allora (anni '70) ricordo ancora la sorpresa nel vedermelo davanti all'Alemagna in Via del Corso a raccogliere firme per non ricordo più quale iniziativa radicale. (Che differenza tra gli "intellettuali radicali" e quelli "organici"!

L'ultima, grande opera di Giordano, opera politica (che grande eclettismo! certamente per lui si può parlare di un saviniano "Grande Dilettante") fu appunto la costituzione della "Esperanto" Radikala Asocio. Fu lui a dargli questo nome non molto corretto in esperanto. Lui, nell'89 (quando già i primi segni del male cominciavano ad affacciarsi) a pregarmi di raccogliere la sfida della conduzione di quella associazione alla quale lui teneva così tanto come "levatrice" di una grande, storica battaglia radicale.

L'occasione triste di oggi, in un momento dove la storia radicale rischia - essa stessa- l'annientamento, credo debba servire a farci comprendere come, sempre più, quella a cui dobbiamo puntare sia ad una rivoluzione culturale complessiva della quale lo strumento "esperanto" certamente è motore principe. Gli anni "persi" nella costruzione del "transnazionale" per non averci creduto abbastanza sono lì a testimonianza e monito.

 
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