L'APPELLODa IL CORRIERE DELLA SERA di lunedi' 4 maggio 1998
di LUIGI MANCONI, senatore, portavoce nazionale dei Verdi
Caro direttore,
Dawa Gyalpo, Dawa Tsering, Karma Sichoe, Palzom, Yngdung Tsering e Kunsang sono sei tibetani che, a New Delhi, il 10 marzo scorso, giorno del 39º anniversario della insurrezione tibetana contro i cinesi, hanno preso la decisione piu' difficile della loro vita: hanno smesso completamente di mangiare. Due di loro hanno meno di trent'anni e il Tibet non l'hanno mai conosciuto, eppure l'identita' tibetana e' cosi' forte (e cosi' intensamente vissuta) da indurli a lottare a nome dei sei milioni di connazionali costretti a vivere prigionieri in casa propria. Quotidianamente, le strade della capitale indiana sono teatro di manifestazioni di solidarieta' con i digiunatori, ma nessuna notizia della protesta e' stata riportata dalla stampa. Esiste, infatti, un Tibet che fa spettacolo: un Tibet cinematografico e hollywoodiano, fatto di stars e divi che, forti della propria celebrita', riescono a diffondere appelli su una causa giusta; ma esiste anche un Tibet sconosciuto, rappresentato dalla battaglia quotidiana di sin
gole persone anonime. Un Tibet che, tuttavia, non e' meno rilevante del primo.
Giunti al 49º giorno di sciopero della fame, quando le forze e la vita cominciavano a venir meno, e restava loro solo la determinazione ad andare avanti, la polizia indiana ha deciso di fermare i sei attivisti, appellandosi ad una legge che vieta il suicidio.
E' stato allora che Thupten Ngodup, l'anziano tibetano che li accudiva fin dal primo giorno, ha deciso di darsi fuoco, in segno di protesta.
L'ambasciata italiana a Delhi, invitata a interessarsi della questione da una lettera firmata da 34 senatori, ha inviato, pochi giorni or sono, il primo segretario Cavallari a visitare i digiunatori. Il diplomatico ha potuto constatare direttamente che le condizioni di salute dei manifestanti, almeno in un caso, sono assai gravi.
Il digiuno dei sei tibetani e il suicidio di Thupten Ngodup rappresentano un segnale di quanto la frustrazione e la disperazione dei tibetani stia raggiungendo un allarmante livello di guardia. In questo momento, forse il piu' drammatico da quando nel marzo 1959 l'esercito cinese stronco' nel sangue la resistenza dei tibetani, e' fondamentale che il popolo del Tibet riesca a esprimere pacificamente le ragioni della lotta per l'indipendenza. Affinche' cio' avvenga, tuttavia, e' essenziale che le donne e gli uomini del Tibet non siano lasciati soli.
Lo stesso Dalai Lama, pur perplesso sui metodi estremi adottati in questi ultimi giorni, ha espresso la sua ammirazione per il coraggio dimostrato da quanti sono disposti a digiunare sino alla morte per la liberta' della propria terra.
Dal momento che, almeno per ora, non vi sono governi o istituzioni pronte a farsi carico delle richieste dei tibetani, dovranno essere i democratici e l'intero movimento per i diritti civili a sostenerne la mobilitazione, dentro e fuori il Tibet.
I sei manifestanti rivolgono all'Onu tre richieste che la comunita' internazionale non puo' non accettare: a) ripresa della discussione sul Tibet sulla base delle risoluzioni del 1959, 1961 e 1965; b) nomina di un rapporteur speciale per investigare sulla situazione in Tibet e di un inviato che possa promuovere iniziative atte a trovare una pacifica risoluzione del problema tibetano; c) richiesta che la Cina promuova un referendum, sotto l'egida dell'Onu, per accertare la volonta' del popolo tibetano. In questi giorni, altri cinque tibetani hanno cominciato uno sciopero della fame a oltranza.
Con loro doveva esserci anche quel Thupten Ngodup, che non ha resistito all'umiliazione di vedere la protesta del proprio popolo mortificata dalla polizia indiana. A fianco dei sei attivisti di New Delhi ci saranno, tuttavia, gli esuli tibetani sparsi in tutto il mondo che, proprio in questi giorni, hanno iniziato a digiunare.
Anche a Roma, davanti alla rappresentanza delle Nazioni Unite in Italia, in Piazza S. Marco, una decina di tibetani hanno fatto lo sciopero della fame nei giorni 2 e 3 maggio. Non lasciamoli soli.