Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
lun 14 lug. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Partito radicale
Partito Radicale Roma - 9 maggio 1998
NE' GRAZIA NE' GIUSTIZIA

1939, morire per Danzica

1938, digiunare per il Tibet

Il governo in esilio chiede l'apertura di un ufficio di rappresentanza a Roma

Il Foglio (pag. 2), Sabato 9 Maggio 1998

Di Luigi Manconi

Da quasi cinquant'anni, il popolo del Tibet combatte una dura battaglia per mantenere in vita la propria identità culturale e le proprie tradizioni religiose; e lo fa con le sole armi della nonviolenza. Esuli nella loro terra, i tibetani stanno resistendo, con tenacia, all'occupazione militare e al dispotismo politico e culturale, imposti dalla Repubblica popolare cinese.

Qualcuno ha detto che il Tibet rischia l'"ecocidio". Un immenso altopiano la cui altezza media è di circa tremila metri, grande quanto i due terzi dell'India e in grado di fornire l'85 per cento delle acque dolci al continente asiatico, potrebbe veder disperdere - oltre al popolo che ospita da millenni - gran parte delle sue ricchezze naturali. Deforestazione, industrializzazione forzata, erosione del suolo, sfruttamento minerario incontrollato, inquinamento delle falde acquifere, rifiuti tossici e nucleari stanno cancellando una biodiversità che si è conservata, pressoché intatta, per secoli.

Quello tibetano è un popolo disperato e i fatti di questi giorni ne sono la prova. Dal 10 marzo scorso, 40 anniversario dell'insurrezione che portò alla definitiva occupazione del paese, sei attivisti del Tibetan Youth Congress hanno iniziato, in India, uno sciopero della fame. Nel corso della mobilitazione, Ngodup Thubten, un uomo di sessant'anni, ha deciso di darsi fuoco per protestare contro la polizia indiana che, applicando una legge contro il suicidio, ha rimosso, con la forza, i cinque uomini e la donna che, da 49 giorni, stavano digiunando. L'azione di lotta si è estesa, ora, a tutto il mondo e in molte capitali europee i rappresentanti della comunità tibetana hanno effettuato digiuni di solidarietà.

Anche a Roma, il 2 e il 3 maggio, dieci tibetani hanno digiunato davanti la rappresentanza delle Nazioni Unite. Le richieste sono quelle consuete. Da troppo tempo ormai, i tibetani attendono dalla comunità internazionale l'apertura di trattative tra il loro governo in esilio e quello della Repubblica cinese. Da Roma, capitale politica e religiosa, potrebbe arrivare un primo segnale: l'apertura di un ufficio di rappresentanza del governo in esilio. Una decisione che, qualora venisse adottata dall'amministrazione romana, potrebbe essere accolta da altre capitali.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail